Bce: positiva la “lezione” della crisi per il 75% delle imprese

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Il 75% delle imprese leader nell’area euro ritiene che le lezioni apprese durante la pandemia le renderanno più efficienti nel lungo termine e ne incrementeranno la capacità di tenuta. Nella “nuova normalità” atteso un maggior ricorso al lavoro da casa e un’accelerazione delle tecnologie digitali. Lo rivela la Bce

Un quinto delle imprese europee si attende una contrazione più duratura dei viaggi di lavoro e un aumento parallelo delle riunioni virtuali e del commercio elettronico

Il 30% considera una minore domanda di prodotti e servizi come una delle principali conseguenze dello shock nel lungo termine

Circa il 60% si dichiara in disaccordo con l’affermazione secondo la quale il maggior ricorso al lavoro da remoto ne abbia compromesso negativamente la produttività

La crisi pandemica ha indotto, secondo gli esperti, il calo più acuto dell’attività economica nel breve termine mai registrato da secoli. Ma ha finito per suscitare anche dei cambiamenti nell’operatività delle imprese e nel comportamento dei consumatori, alcuni dei quali potrebbero protrarsi anche nel post-covid. Una situazione che, stando all’ultimo bollettino economico della Banca centrale europea, ha spinto oltre il 75% delle aziende ad affermare che le lezioni apprese durante l’ultimo anno le renderanno più efficienti e ne incrementeranno la capacità di tenuta.

Più digitalizzazione e lavoro a distanza

L’indagine ha coinvolto complessivamente 72 imprese non finanziarie leader dell’area euro (un paniere composto per il 60% da aziende attive nel settore industriale e per il 40% nei servizi), con l’obiettivo di definire in che modo percepiscano l’impatto a lungo termine della pandemia sulla loro attività, definendo “lungo termine” come una “nuova normalità in cui, grazie per esempio alla disponibilità di un vaccino e di cure più efficaci, l’economia non sarà più soggetta a perturbazioni negative”, si legge nello studio. Sul lato dell’offerta, più del 40% delle intervistate ritiene che la crisi determinerà un maggior ricorso al lavoro da casa e quasi altrettante citano un’accelerazione delle tecnologie digitali. Un quinto, invece, parla di una contrazione più duratura dei viaggi di lavoro e un aumento parallelo delle riunioni virtuali, del commercio elettronico e delle “vendite virtuali”.

Come anticipato, sebbene circa il 30% del campione si attenda anche una minore domanda di prodotti e servizi, accompagnata da cambiamenti duraturi nella struttura della domanda (20%), oltre il 75% ritiene che le lezioni apprese durante la pandemia renderanno le proprie aziende più efficienti e che i cambiamenti intervenuti ne incrementeranno la capacità di tenuta. Circa il 60%, inoltre, si dichiara in disaccordo con l’affermazione secondo la quale il maggior ricorso al lavoro da remoto ne abbia compromesso negativamente la produttività, contro il 20% dei sostenitori. Sul versante opposto, il 55% prevede un impatto negativo sull’occupazione (contro il 10% degli ottimisti). Se in generale l’effetto sulle vendite, i prezzi e i costi è stato dunque lievemente negativo, secondo la Bce “la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di non prevedere effetti a lungo termine, o di non averne certezza”.

Oltre il 50% punta sulla concentrazione del mercato

Oltre la metà, tra l’altro, ritiene che la concentrazione del mercato nel proprio settore crescerà e “che le fusioni avranno un impatto maggiore rispetto all’uscita delle imprese dal mercato”, spiegano i ricercatori. Quanto alle catene di approvvigionamento, la maggior parte delle imprese leader non crede che la pandemia ne indurrà una maggiore diversificazione o un maggior sviluppo a livello locale, ma “la schiacciante maggioranza degli intervistati non ritiene che la propria attività miri a internalizzare ulteriori parti” della supply chain.

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