Un governo che fa un utilizzo propagandistico delle previsioni e che non si pone regole e limiti su quanto può indebitarsi incoraggerà gli investitori a chiedere interessi più elevati
Un’analisi del Fondo monetario internazionale ha dato una dimensione a questi costi extra, incoraggiando i governi alla prudenza nel dopo-Covid
La conclusione è che il costo dei titoli di stato decennali, in seguito a previsioni e impegni credibili, può scendere temporaneamente fino a 40 punti base, rispetto allo scenario “non credibile”. Il confronto, visibile nel grafico in basso, mostra la differenza nei rendimenti dei titoli decennali osservata fra il 25% dei pPaesi le cui previsioni sono le più allineate a quelle indipendenti (linea blu) con il 25% dei Paesi “meno credibili”. Il valore di questo premio assegnato alla credibilità è particolarmente sostanzioso in termini assoluti per i Paesi più indebitati, come l’Italia. Infatti, avere sulle spalle un debito accumulato molto grande rende la spesa pubblica molto sensibile all’andamento dei tassi d’interesse. Tenerli bassi, dunque, permette di risparmiare importanti risorse.“Quando i prestatori hanno fiducia sul fatto che i governi sono fiscalmente responsabili, rendono più facile e meno costoso per i paesi finanziare i deficit e questo permette di guadagnare tempo”, ha scritto il Fondo monetario in un post sul blog ufficiale.
La credibilità, però, si può conquistare non solo attraverso previsioni economiche accurate. Anche le regole fiscali su debito o deficit, come quelle in vigore nell’Unione Europea, hanno fra i propri obiettivi quello di ridurre i rischi di default e quindi i tassi d’interesse dei Paesi.
Il Fmi ha mostrato come, valutando 55 paesi fra il 1970 e il 2018, gli Stati che hanno fissato una regola fiscale (rappresentati dalla linea arancione nel grafico in basso) abbiano ridotto più in fretta un nuovo aumento del debito, rispetto ai Paesi che, al contrario, hanno agito senza questo tipo di vincolo (linea tratteggiata in alto). “I Paesi che seguono le debt rules generalmente riescono a invertire salti di debito del 15% del Pil in circa 10 anni, in assenza di nuovi shock”, ha affermato il Fmi, “in modo significativamente più rapido dei Paesi che non seguono le debt rules”.
Il Fmi non la nomina esplicitamente, ma la riforma del Patto di stabilità e delle sue regole fiscali aleggia sullo sfondo di questa analisi. Soprattutto, perché tutti gli Stati e gli osservatori concordano almeno su un punto: quelle europee sono regole troppo complicate. Solo alcuni sostengono, poi, che siano anche troppo rigide o comunque procicliche (semplificando molto: tendono a penalizzare in modo crescente i Paesi la cui economia è andata male e viceversa).
“Anche se semplici regole numeriche possono a volte essere rigide”, come il famoso limite del 3% scritto nel Trattato di Maastricht, “noi dimostriamo che promuovono la prudenza fiscale”, ha affermato il Fmi. Ma “le regole numeriche non devono necessariamente basarsi solo sul debito: altri indicatori, come il conto degli interessi o il patrimonio netto del governo, possono integrare i tradizionali indicatori di debito e deficit”. Che la credibilità ci sia, rafforzata da regole, è dunque un vantaggio per gli Stati, secondo il Fondo. Ma, come spesso accade, i dettagli sul come questa credibilità si conquista possono fare una grande differenza.