Circa due terzi del budget della nuova Legge di Bilancio presentata martedì 22 novembre dal governo Meloni andranno a sostegno di imprese e famiglie colpite dal caro energia, con uno stanziamento da 21 miliardi di euro. In particolare, sarà “rifinanziato fino al 30 marzo 2023 il credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale che per bar, ristoranti ed esercizi commerciali salirà dal 30% al 35% mentre per le imprese energivore e gasivore dal 40% al 45%”.
Nonostante questo passaggio, quasi obbligato dalle circostanze, l’esecutivo ha voluto imprimere la sua immagine politica su diverse misure “di bandiera”, pur restando cauto sull’aspetto più importante, in particolare per gli investitori nei Btp e per Bruxelles: la “prudenza” di bilancio. Proprio su quest’ultimo aspetto si è soffermato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha predisposto un disegno di legge da 35 miliardi di euro che non prevede scostamenti di bilancio. Una manovra definita anche “giusta” dal ministro proponente, in quanto limita i potenziali benefici di alcune misure per le classi più agiate. In quest’ottica è stata giustificata la decisione di evitare l’azzeramento dell’Iva su pane e latte (perché ne avrebbero goduto tutti i cittadini a prescindere dalla loro condizione economica) e di limitare la rivalutazione delle pensioni al costo della vita rendendolo sempre più contenuto al salire dal valore dell’assegno. Anche la flat tax incrementale per le partite Iva, come vedremo più nel dettaglio, avrà dei paletti che concentreranno il beneficio ai piccoli lavoratori autonomi.
D’altro canto, però, viene avviata una fase di transizione che ridimensionerà il Reddito di cittadinanza e che l’abolirà del tutto per le persone “in grado di lavorare”. Queste ultime continueranno a percepire il sussidio ancora per un tempo massimo di “otto mesi complessivi” nel 2023, decorsi i quali il beneficio decadrà. In ogni caso, salve le categorie “che non possono lavorare come disabili, anziani, famiglie prive di reddito con minori a carico, donne in gravidanza”, ha dichiarato la premier, il Reddito sarà abolito alla fine del prossimo anno.
Al di là delle misure di contrasto al caro bollette, la misura più “costosa” della nuova manovra, che sarà sottoposta al vaglio del parlamento, è l’abbassamento del cuneo fiscale per un intervento del valore di 4 miliardi di euro: viene prorogato il taglio del 2%, interamente dal lato del lavoratore, per i redditi da lavoro dipendente fino a 35mila euro e di un ulteriore 1% per i redditi fino a 20mila euro.
Estensione flat tax partite Iva e flat tax incrementale
Come anticipato, le aliquote “piatte” verranno estese e introdotte in diverse aree di applicazione. La cosiddetta flat tax per le partite Iva al 15% viene ampliata dagli attuali 65mila euro di fatturato fino a un massimo di 85mila euro (un po’ meno del 100mila promessi in campagna elettorale).
Sempre per le partite Iva viene introdotta una flat tax incrementale al 15% “per l’incremento di fatturato rispetto al massimo picco del triennio precedente, fino a un massimo di 40mila euro”, ha dichiarato la premier in conferenza stampa, sottolineando come questo limite dimostri l’intenzione di aiutare i piccoli autonomi e non quella di favorire “i ricchi”.
Per i lavoratori dipendenti viene rimodellata un’altra “flat tax” relativa a premi di produttività fino ai 3mila euro, la cui aliquota viene abbassata dal 10 al 5%.
Capitolo a parte quello sulla “tregua fiscale”, che non condonerà i debiti a carico dei contribuenti, fatte salve le cartelle al di sotto dei mille euro e antecedenti al 2015 “perché la riscossione è più onerosa della cancellazione per lo Stato”, ha dichiarato Meloni, “per tutte le altre si dovrà pagare il dovuto”. Ma con la possibilità di accedere a uno sconto sulle sanzioni (la maggiorazione unica sarà del 3%) e sulla possibilità di rateizzare i pagamenti in un arco quinquennale.
Pensioni: Quota 103, Ape sociale e Opzione donna
Per limitare le asperità della legge Fornero, il governo ha deciso di introdurre una nuova finestra per il pensionamento anticipato che fisserà il requisito anagrafico a 62 anni e quello degli anni di contributi a 41 anni. La cosiddetta Quota 103 risulta dunque meno generosa della Quota 41 “classica” che avrebbe consentito il pensionamento anticipato a qualsiasi età ove fossero stati raggiunti gli anni di contributi necessari. La nuova misura annunciata da Meloni è anche più esigente dell’antesignana del primo governo Conte, Quota 100, il cui requisito anagrafico era il medesimo, ma gli anni di contributi minimo inferiore, così come della Quota 102 targata Draghi, che apriva una finestra di pensionamento anticipato solo a partire dai 64 anni di età.
Nella nuova Quota 103 la pensione percepita negli anni di anticipo rispetto alla maturazione dei requisiti ai sensi della legge Fornero, non potrà superare di cinque volte la pensione minima. L’eventuale riduzione dell’assegno, dunque, durerebbe fino ai 67 anni, stando all’attuale età pensionabile. “Per chi decide di restare al lavoro”, inoltre, ci sarà “una decontribuzione del 10%”, ha fatto sapere il governo.
Per quanto riguarda l’adeguamento (indicizzazione) delle pensioni al crescente costo della vita, Meloni ha fatto sapere che la manovra predispone un incremento più che proporzionale, pari al 120%, per le pensioni minime, e pari all’inflazione per le pensioni fino a 2000 euro d’assegno. “Man mano l’aumento diminuisce”, ha dichiarato la premier: per le pensioni che superano di 10 volte la minima (oltre i 5.000 euro) l’indicizzazione viene fermata al 35% – pertanto, solo un terzo circa dell’aumento del costo della vita verrà controbilanciato dalla rivalutazione dell’assegno per i pensionati più facoltosi.
Il capitolo previdenziale si aggiunge della proroga all’Ape sociale, il pensionamento anticipato accessibile per i lavoratori impiegati in professioni usuranti, dell’Opzione donna “con modifiche: in pensione a 58 con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi”.