Il tasso d’inflazione Cpi americano è cresciuto un po’ di più del previsto a dicembre, con un tasso annuo del 7% (massimo dal 1982) e una variazione mensile dello 0,5%. La reazione di mercato è stata benevola, probabilmente perché focalizzata sulla riduzione del ritmo di crescita mensile, che nei due mesi precedenti era stato dello 0,9 e 0,8%
A dicembre si è osservata la prima riduzione, dopo svariati mesi, della componente legata all’energia – in calo dello 0,4% rispetto a novembre. A questo fattore, però, si è affiancata la decisa accelerazione di altre componenti del paniere
Un’ulteriore aumento dei prezzi a dicembre era in buona parte messo in conto dalla Federal Reserve, che nell’ultima riunione ha deciso di passare al contrattacco anticipando la fine del piano di acquisti e aprendo la porta al primo rialzo dei tassi eventualmente già a marzo. Lo stesso presidente della Fed, Jerome Powell, in un’audizione tenuta martedì al Senato, ha confermato i toni risoluti dell’ultimo incontro con la stampa: “Se vediamo che l’inflazione persiste ad alti livelli più a lungo del previsto, se dobbiamo aumentare i tassi di interesse nel corso del tempo, lo faremo”.
“I dati sull’inflazione di dicembre hanno confermato le attese della vigilia. La risposta del mercato a nuovi numeri record sull’andamento dei prezzi al consumo è stata contrariamente alle aspettative di sollievo”, ha dichiarato a We Wealth Filippo Diodovich, senior market strategist di IG, “gli investitori hanno, a nostro avviso, valutato positivamente il rallentamento mese su mese della crescita dei prezzi”. A dicembre il Cpi index ha mostrato un aumento dello 0,5% rispetto a novembre, inferiore rispetto al +0,8% registrato a novembre e al +0,9% di dicembre.
A un’ora dall’apertura di Wall Street, l’S&P 500 guadagna lo 0,6%.
“Sul mercato abbiamo assistito a vendite sul dollaro e a un calo dei rendimenti del Treasury a 10 anni. Tuttavia pensiamo che sia solamente una situazione temporanea”, ha aggiunto Diodovich, “le pressioni inflazionistiche sono su livelli troppo elevati e obbligheranno la Fed a iniziare una politica monetaria restrittiva con incrementi dei tassi di interesse per controllare la stabilità dei prezzi. Nel nostro scenario base riteniamo che il Fomc possa rialzare il costo del denaro negli Stati Uniti nel corso del 2022 per ben quattro volte”.
Si mantengono sostenuti anche gli aumenti dei costi per l’alloggio, che sono aumentati di un altro 0,4% (sempre su base mensile) a dicembre. Anche il vestiario ha segnato, poi, un’accelerazione all’1,7% congiunturale. Il rallentamento della componente energetica probabilmente continuerà a influenzare l’andamento dell’inflazione nei prossimi mesi, in particolare dopo l’inverno, quando diminuirà la domanda per il riscaldamento. Tuttavia, i banchieri centrali sono consapevoli che le altre voci di spesa per le famiglie potrebbero mantenere i rincari accumulati sinora e sostenere le aspettative di un’inflazione più elevata. Una parte dell’inflazione attualmente osservata, dunque, rischia di non essere transitoria e richiede una rapida uscita dalle politiche di allentamento monetario e di tassi ai minimi storici.
Oltre alla sfida per la politica monetaria, la fiammata dell’inflazione è un crescente problema anche per l’amministrazione Biden, in costante calo di popolarità. Gli avversari politici della Casa Bianca, in vista delle elezioni di medio termine di novembre si sono già posizionati per capitalizzare il malcontento sul crescente costo della vita, che sarebbe stato alimentato anche dalla decisione di estendere gli stimoli fiscali per le famiglie (gli Economic Impact Payments) con il terzo round del marzo 2021. L’incremento della disponibilità economica degli americani avrebbe alimentato la domanda in una fase in cui l’offerta di molti prodotti era stata ridotta dal covid.