Il piano nazionale di ripresa e resilienza deve essere presentato alla Commissione europea entro aprile 2021 a Bruxelles. Deve contenere finalità e indicazioni di massima in merito ai progetti
Gli impegni dettagliati di spesa andranno presentati entro il 2023. Ma soprattutto, l’Italia dovrà spendere i fondi entro il 2026
Assonime propone tre livelli di coordinamento (politico, gestionale, operativo) per il Next Generation fund
Le belle speranze per i “nostri” 209 miliardi del Next Generation Fund (recovery fund) sembrano essersi arenate nelle difficoltà di approntare in tempi congrui il progetto di spesa che la Commissione europea dovrà approvare. Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr, così si chiama), da presentare entro aprile 2021 a Bruxelles, deve contenere finalità e indicazioni di massima dei progetti. Non arrivare pronti alla scadenza, vuol dire mettere a repentaglio le risorse tanto faticosamente ottenute a luglio 2020. I criteri europei, esigenti, richiederebbero una piena cooperazione fra forze politiche e istituzionali. Per questo motivo Assonime (l’associazione della società per azioni) è scesa in campo con un disegno che vuole essere di supporto operativo al Pnrr.
Tre i livelli di coordinamento: politico, gestionale, operativo. Tralasciando in questa sede gli aspetti politici, è bene ricordare che gli impegni dettagliati di spesa andranno presentati entro il 2023. E soprattutto, l’Italia dovrà spendere i fondi entro il 2026. La complessità gestionale e operativa del fondo di ripresa europeo necessita secondo Assonime di un vero e proprio
ministero per il Recovery Plan. A coadiuvarlo, dovrebbe esserci una squadra tecnica trasversale rispetto a tutti gli altri ministeri, a seconda della materia trattata. Questo centro di coordinamento tecnico-operativo dovrebbe quindi selezionare i progetti meritevoli di stanziamento e fare da raccordo fra le amministrazioni pubbliche e la
Commissione europea.
L’associazione guidata da
Stefano Micossi propone, a livello operativo, la creazione di un’agenzia per la coesione territoriale e l’individuazione di responsabili per la Recovery and Resilience Facility (RRF). che si dovrebbe occupare specificatamente dell’accelerazione delle procedure decisionali e di spesa, dello scioglimento dei
fattori di blocco e della rendicontazione a Bruxelles.
Per quanto attiene alla selezione dei progetti, il rapporto Assonime ne individua tre tipologie. Quelli infrastrutturali di rilevanza nazionale (grandi reti stradali, ferroviarie, energetiche e di comunicazione, i grandi nodi logistici, gli interventi di rafforzamento del sistema sanitario), da definire e approvare con le procedure di gara europee. Poi, i progetti di investimento di rilevanza regionale (ad es. la sistemazione idrogeologica del territorio, i sistemi di gestione dei rifiuti, il risanamento delle reti idriche). Per questi ultimi, le regioni dovrebbero presentare i loro progetti per la valutazione secondo le linee guida europee al centro di coordinamento istituito presso la Presidenza del Consiglio. Infine, le misure di sostegno agli investimenti privati. Si tratta, in questo caso, di programmi nazionali di incentivazione e sostegno alla trasformazione energetica, tecnologica, dimensionale delle imprese e dell’intero sistema economico, che devono essere semplici.
Il progetto è atterrato sui tavoli di presidenza della Repubblica, governo, parlamento, conferenza Stato-regioni-autonomie. Ora, si spera che le istituzioni siano reattive a una parte così importante del tessuto imprenditoriale italiano. Questo il gruppo di lavoro che lo ha redatto: il direttore generale di Assonime Stefano Micossi (coordinamento), Franco Bassanini, Ginevra Bruzzone, Marcello Clarich, Claudio De Vincenti, Bernardo Giorgio Mattarella, Andrea Montanino, Marcella Panucci, Paola Parascandolo e Luisa Torchia.
Il piano nazionale di ripresa e resilienza deve essere presentato alla Commissione europea entro aprile 2021 a Bruxelles. Deve contenere finalità e indicazioni di massima in merito ai progettiGli impegni dettagliati di spesa andranno presentati entro il 2023. Ma soprattutto, l’Italia dovrà spendere …