Reti e ricavi, per Excellence il bicchiere è mezzo pieno

L'aumento dei tassi d'interesse è stato una manna dal cielo per gli affari delle banche, ma non tutte hanno potuto approfittare nella stessa misura dell'aumento dei margini su prestiti e mutui. Infatti, le banche commerciali, che vedono nell'attività di credito la propria vocazione principale, hanno potuto registrare utili record negli ultimi mesi. E le banche reti, che sono focalizzate, invece, sui servizi di consulenza e gestione degli investimenti? Con i mercati in forte rosso, il 2022 sarebbe potuto essere molto più negativo di quanto non sia stato nella pratica: lo ha messo in luce un'analisi di Excellence Consulting, che ha evidenziato come il business delle reti si sia diversificato, traendo vantaggio anche dal credito concesso ai propri clienti, tipicamente a basso rischio di insolvenza.
Per le cinque maggiori banche commerciali (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper, Mps) i ricavi core sono passati da 40,70 miliardi a 43,98 miliardi fra 2021 e 2022, con un incremento dell'8,06%. Nello stesso periodo le maggiori banche reti (Fideuram, Mediolanum, Fineco, Banca Generali e Allianz Bank) hanno visto un ben più modesto incremento dello 0,9% a 5,61 miliardi.
In questa prima metà di 2023 gli investitori hanno scommesso sul fatto che la sovraperformance delle banche tradizionali sarebbe proseguita nel nuovo ecosistema di tassi ed inflazione più elevati (dopo anni di magra dovuti ai tassi negativi). Da inizio anno al 19 luglio, il Ftse Italia Banche, l'indice di settore, ha guadagnato oltre il 31,27%, molto di più di quanto non abbiano realizzato le azioni delle banche reti quotate nel Paese: Mediolanum ha messo a segno una performance del 6,4%, mentre i titoli di Azimut e Fineco Bank sono andati in rosso, rispettivamente, del 4 e del 12,9%. Sono dati che stridono di fronte alle performance delle due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, che nello stesso periodo hanno visto le proprie azioni lievitare del 17 e del 62%.
Per le reti di consulenza finanziaria, ha affermato a We Wealth il ceo di Excellence Consulting, Maurizio Primanni, la diversificazione delle fonti di ricavo ha permesso di beneficiare almeno in parte dell'aumento del margine d'interesse e dello scambio nella raccolta dal risparmio gestito al risparmio amministrato, che potrebbe aver trainato le consulenze a pagamento.
Inoltre, anche se il 2022 è stato molto negativo per i mercati azionari e obbligazionari, non si è verificata per le reti una contrazione della base di clientela che, anzi, è aumentata del 2,4% nell'ultimo anno.
Reti, un assist dal credito
Per quanto riguarda il margine d'interesse, “il dato delle reti è stato determinato dalla capacità che hanno dimostrato di saper migliorare la componente di ricavi da margine di interesse, che dal 2021 e il 2022 si sono accresciuti di oltre il 60%, da 0,86 miliardi a 1,39", ha dichiarato Primanni in una nota, "tale crescita ha più che compensato la perdita di ricavi che le reti hanno registrato nella componente delle commissioni nette, che è stata influenzata dal cattivo andamento dei mercati finanziari e che già nel breve termine, nell’ipotesi di riavvio della fase di ripresa dei mercati, potrebbe registrare un’inversione di trend".
Per il momento, non sono ancora disponibili dati più aggiornati su tutte e cinque le reti prese in esame dallo studio di Excellence, però è verosimile attendersi che le strategie sul credito alla clientela proseguiranno anche per tutto il 2023. D'altro canto, i prestiti che le banche reti offrono ai propri clienti (in questo caso si tratta soprattutto di imprenditori) sono coperti dagli investimenti in essere e presentano un basso rischio.
Se il risparmio amministrato traina le consulenze a pagamento
Per quello che riguarda, invece, le consulenze a pagamento, Primanni ha dichiarato come questa possa rappresentare una voce di ricavo anticiclica, per la quale la società di consulenza si attende per fine anno una significativa avanzata. La crescente domanda di singoli titoli da parte della clientela al posto dei classici fondi (in particolare la domanda di Btp) ha alimentato il risparmio amministrato: questo è di per sé meno remunerativo per il consulente, che però può intervenire per 'mettere ordine' in chiave strategica in un portafoglio che rischia di essere meno diversificato.