Mediolanum, Gaudio: “Italia in ripresa, Pnrr una grande scommessa”

Rita Annunziata
1.10.2021
Tempo di lettura: 5'
Vittorio Gaudio di Banca Mediolanum spiega a We Wealth qual è lo stato di salute del sistema imprenditoriale italiano. E perché il Pnrr rappresenta oggi una “grande scommessa”. Al di là dei timori sull'inflazione

Stando all’ultima revisione Ocse, il prodotto interno lordo nazionale dovrebbe crescere al 5,9% nel 2021 e al 4,1% nel 2022. La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza parla di un rimbalzo del 6% quest’anno e del 4,7% il prossimo

Gaudio: “Con il Pnrr siamo confidenti che il gap tra aziende con una forte vocazione all’export e aziende maggiormente dipendenti dalla domanda interna possa non allargarsi ulteriormente. E, magari, anche restringersi”

Dopo aver assistito, nella fase più acuta della pandemia, a una divaricazione tra le imprese con una forte vocazione all'export e quelle maggiormente dipendenti dalla domanda interna (come i servizi), l'Italia sembra star vivendo una fase di ripresa. Stando all'ultima revisione Ocse, il prodotto interno lordo nazionale dovrebbe crescere al 5,9% nel 2021 e al 4,1% nel 2022. La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza approvata dal governo stima un rimbalzo del 6% quest'anno e del 4,7% il prossimo. Senza dimenticare la “grande scommessa” del Piano nazionale di ripresa e resilienza. We Wealth ne ha parlato con Vittorio Gaudio, direttore asset management development di Banca Mediolanum.
Qual è lo stato di salute del sistema imprenditoriale italiano?

“Lo stato di salute dell'imprenditoria italiana non può che correlarsi allo stato di salute dell'economia italiana nel suo complesso che, a mio parere, sta vivendo un momento molto positivo. Dopo una caduta del pil di circa il 9% nel 2020, con punte molto forti nella fase più cruenta della pandemia, quest'anno stiamo assistendo a una continua revisione delle previsioni di crescita. Banca d'Italia stimava a luglio un 5% di pil nel 2021. L'Ocse a settembre parlava di un 5,9% nel 2021 e un 4,1% nel 2022. Se andiamo a vedere la Nota di aggiornamento al Def uscita pochi giorni fa, si parla rispettivamente del 6% e del 4,7%. Questa progressione di ottimismo sullo stato dell'economia italiana la dice lunga sul momento molto favorevole che stiamo attraversando, che è figlio di diversi fattori: piani fiscali straordinari europei e italiani, il famoso Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), tassi d'interesse che rimarranno bassi ancora per qualche tempo. Senza dimenticare che parliamo di un contesto globale, non solo italiano, favorevole. E l'Italia vive di congiunture internazionali”.

Soffermiamoci sul Pnrr: da quale contesto partiamo e quali sono le attese?

“Quella che abbiamo visto nella prima fase della pandemia è stata una divaricazione molto forte a livello di sistema industriale tra le imprese che esportavano e quelle meno esposte al ciclo internazionale. Nella seconda parte del 2020, poi, le aziende con una forte vocazione all'export sono ripartite molto bene mentre quelle collegate alla domanda interna, come i servizi, hanno fatto un po' più fatica. Con il Pnrr, che dovrebbe stimolare la domanda interna, le infrastrutture e in generale voci di bilancio anche sull'economia domestica, siamo confidenti che questo gap – che rimarrà, chiariamo, perché da tempo le imprese legate all'export vantano una dinamica diversa – possa non allargarsi ulteriormente e, magari, anche restringersi. È una grande scommessa. Credo che si aprono dinanzi a noi uno o due anni, si spera anche di più, di opportunità molto favorevoli. Possiamo contare a livello di politica fiscale sul Pnrr, appunto, ma anche sulla sospensione del patto di stabilità, la Bce che tiene i tassi bassi, i risparmi degli italiani accumulati durante la pandemia, e una gran voglia di consumare, spendere e tornare a una vita normale. Per chiudere con una finestra politica positiva, dovuta al governo Draghi e alla reputazione che il premier sta portando con sé. È bene che sfruttiamo in termini di crescita e innovazione questo momento”.

In che modo gli istituti di credito hanno sostenuto finora e possono ancora sostenere l'economia reale?

“Le banche hanno evidentemente un ruolo cruciale. Il fatto che ci sia una politica monetaria espansiva con tassi bassi è implicitamente un incentivo a prestare. Oggi uno dei pochi modi per avere una redditività importante non è solo investire il proprio attivo in titoli di Stato (che rendono poco), ma piuttosto fare impieghi e ricavi da commissioni, quindi da strumenti finanziari. Quindi non c'è solo l'attività normale di supporto del sistema creditizio all'economia reale ma anche un interesse del sistema stesso in termini di marginalità. Le banche, soprattutto banche come la nostra che non siamo una tradizionale banca corporate, stanno facendo un grande lavoro di sostegno all'economia reale anche attraverso lo strumento dei piani individuali di risparmio (pir). Si parla tanto di altre riforme strutturali importantissime contenute nel Pnrr (burocrazia, fisco, giustizia), ma anche la struttura del sistema finanziario italiano può essere un gran punto da riformare e i pir vanno in questa direzione perché possono rendere il rapporto tra risparmio e impresa molto più diretto, fluido e profittevole per entrambe le parti. Il che può anche essere uno stimolo per le imprese affinché ricorrano ai mercati dei capitali, aprendosi a nuovi talenti, managerialità e investitori, e creando un sistema finanziario più moderno ed efficiente. Che sia un win-win per tutti: per le banche, per il sistema economico, per gli investitori e per il settore privato”.

Un ingente mole di risparmi resta congelata sui conti correnti degli italiani. Abbiamo assistito già a qualche movimento in tal senso?

“No. Anche negli ultimi mesi, con segnali di ripresa economica, i risparmi hanno continuato a restare sui conti correnti, addirittura sono leggermente aumentati. La pandemia e la crisi hanno indotto cautela e preoccupazione. È necessario fare tanta attività di formazione e consapevolezza per far capire che i conti correnti oggi sono a tassi zero se non negativi e resteranno a zero ancora per un po' di tempo. Oltretutto abbiamo anche a livello internazionale qualche segnale di ripresa dell'inflazione, per cui oggettivamente è davvero un investimento perdente. È chiaro che qui gioca la propria parte anche l'elemento psicologico di un falso senso di sicurezza che il conto corrente evidentemente consegna ai detentori, ma bisogna far capire loro che ci sono investimenti più profittevoli, soprattutto se si vuole costruire una pianificazione finanziaria a lungo termine”.

Secondo gli ultimi dati diffusi dall'Istat, l'inflazione ha segnato a settembre un rialzo su base annuale del 2,6%, toccando i massimi da ottobre 2012. Cosa ne pensa?

“C'è un aspetto buono e uno meno buono. L'aspetto buono è che c'è inflazione quando c'è domanda e crescita, quindi implicitamente è un segnale che l'economia sta rimbalzando e ripartendo con grande spinta. Sotto questo profilo, bisogna leggere questo fenomeno come un fenomeno positivo. Naturalmente, è positivo fino a che non raggiunge dei livelli patologici, ma non siamo ancora a questi livelli. Anche perché quasi tutti gli osservatori concordano sul fatto che si tratti di un fenomeno di breve durata o transitorio. Sicuramente va monitorato, ma non ci sono campanelli di allarme”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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