Le favole sono un ottimo mezzo di comunicazione per insegnare valori e principi ai più piccoli, ma servono anche come fantastici spunti di riflessione quando li rileggiamo da grandi. E questo vale anche per noi consulenti finanziari. Vi è mai capitato di rileggere in periodi diversi della vita libri letti per la prima volta a 9 o 10 anni come “Il Piccolo Principe” o “La formica e la cicala”?
Giorni fa ho letto questa storia ai miei gemelli e mentre la raccontavo riflettevo su un fatto: noi consulenti finanziari predichiamo da formica nei confronti dei nostri clienti, ma razzoliamo da cicala. Per i clienti, il nostro mantra è: pianificazione patrimoniale, protezione, azzeramento dei rischi, etc… però poi noi, con la nostra “impresa” individuale (nel gergo “ditta”) nel 90% dei casi viviamo alla giornata. Ci concentriamo sul nostro conto economico di breve, e quindi sulle provvigioni di up front, sul management fee e al massimo diamo uno sguardo al sistema premiante annuo, rischiando di non pensare anche al nostro stato patrimoniale, al valore che deve creare nel tempo la nostra ditta individuale: per semplificare chiamiamolo pure avviamento, o liquidazione, è uguale.
Il famoso 10% di noi, più attento, pianifica accantonamenti, ma raramente effettua simulazioni e proiezioni tali da confrontare la pensione che otterremo come consulenti e il mantenimento dello stesso livello di stile di vita attuale, nonostante le criticità del nostro settore legate al tema del “cambio generazionale” e dell’età media dei professionisti di circa 55 anni.
Ne abbiamo prova nell’attività di reclutamento: ci si concentra sempre sul bonus relativo al trasferimento delle masse e sulle aliquote provvigionali con una visione di breve periodo, due/tre anni, senza considerare come invece si potrebbe sviluppare la nostra attività negli anni futuri sino alla pensione.
Colpa nostra? Direi al 50%, l’altra metà della colpa va al settore che è alla costante ricerca di “portafoglio” per raggiungere risultati di conto economico o al massimo di piano industriale, quindi di breve.
Lo sforzo che dovremo iniziare a fare è quello di valutare le mandanti (senza dover obbligatoriamente cambiare casacca), anche sulla base di come possono contribuire a far crescere il nostro stato patrimoniale, facendo proprio il concetto di “soci” non solo nel breve, ma anche nel lungo periodo.
Oggi le aziende più sane, che hanno conti economici rotondi, hanno creato enorme valore insieme al lavoro dei consulenti finanziari e se noi cominciassimo ad avere una visione di lungo periodo potremmo beneficiare di quel valore.
Per fortuna esistono aziende nel nostro settore, le più consolidate e lungimiranti, che sono ben organizzate da questo punto di vista con le compartecipazioni azionarie o con la creazione di polizze ad accantonamento o ancora con altri strumenti finanziari, ma orientate a distribuire nel tempo quel valore creato in maniera condivisa tra consulente e azienda.
Provando a fare delle simulazioni con la visione da formica sarà facile rendersi conto che il valore del nostro stato patrimoniale diventerà molto più importante del conto economico, senza doverci costringere a cambiare azienda ogni 7 anni, o continuare a lavorare sino a 80 anni, perché a tutti piace condurre una vita da cicala, ma prima o poi arriva il freddo e se non siamo stati un po’ formica patiremo il freddo e anche la fame.