Coscienza di ruolo tra consulenti: il manager come coach

4.6.2019
Tempo di lettura: 5'
Grazie all'evoluzione della specie (da promotori a consulenti) anche i manager si sono trasformati in veri e propri coach. Il manager del consulente finanziario dovrebbe essere un esempio di successo sul campo, ma anche un professionista che aiuta a sviluppare le singole personalità e ad affermarsi nella vita
A volte facciamo le cose in automatico dimenticandoci il perché. Questo capita anche nel lavoro, nello svolgere la nostra professione: lavoriamo da anni a testa bassa, ma se qualcuno all'improvviso ci facesse la domanda “perché lo fai”? saremmo in crisi. Il lavoro del consulente finanziario è un'attività molto complessa, spesso più complessa di come l'avevamo immaginata. Per svolgere questa splendida professione in maniera adeguata bisogna avere competenze profonde nel mondo della finanza, dell'economia, una buona base di cultura generale e avere un'ottima capacità relazionale.
È una professione piuttosto giovane, potremmo dire che ha meno di 40 anni, e come tutte le professioni nuove si è creata da sola con l'esperienza di chi ha iniziato per primo e tramandato poi. Di conseguenza sono nati i primi manager del settore, professionisti di successo che avevano una leadership innata e una capacità relazionale superiore ad altri, riuscendo a diventare dei punti di riferimento per chi iniziava l'attività. In seguito questa nuova categoria di manager si è fusa con altre pensando che svolgere l'attività manageriale fosse uguale in tutti i settori; ma noi che lavoriamo in questo ambiente sappiamo bene che non è così.
Ed ecco che nel corso di questi anni si sono avvicendate varie forme di managerialità nel nostro mondo, si è iniziato con i manager campioni, per poi trasformarsi in manager gestionali iniziando però a dimenticare alcuni fondamentali in quanto lontani dal business vero e proprio. La fase più buia è stata la penultima, quella in cui i manager erano diventati dei burocrati o amministrativi, gestivano la leadership risolvendo problemi operativi in assenza di sogni o visioni per cui lavorare o motivare la squadra. Manager che ricevevano indicazioni dall'azienda e la trasmettevano, quando andava bene, in una riunione, o altrimenti con una mail o un messaggio.
Per fortuna, grazie all'evoluzione della specie (da promotore a consulente) e di conseguenza delle sue esigenze, anche i manager si sono dovuti trasformare diventando dei veri e propri coach ma con un pizzico di quel leader campione che mai andrebbe perso. Il manager del consulente finanziario dovrebbe quindi essere un esempio di successo sul campo ma anche un professionista che aiuta a sviluppare la propria personalità e a riuscire nella vita.
Ciò detto, il nuovo manager per impostare bene il percorso di crescita professionale dei consulenti che coordina, dovrebbe ripartire dalla coscienza di ruolo di ogni singolo collega, comprendere le sue motivazioni più profonde; dovrà essere in grado di domandare e soprattutto ascoltare (vero ascolto attivo) definendo poi un percorso da fare insieme. Ma se non si ha acquisito la giusta leadership e non si è creato un reciproco rapporto di fiducia, difficilmente il consulente si aprirà a lui permettendo l'azione di coaching.
Per svolgere un'attività di coaching non importa quanto sia ampio il portafoglio del collega coordinato, è molto più importante sapere che tipo è per impostare una corretta comunicazione (la famosa leadership situazionale) in cui ci sia un vero e reciproco ingaggio per creare una relazione solida e duratura.
Chi pensa che il consulente non abbia bisogno di un manager sbaglia di grosso. Si possono trovare molti consulenti “scottati” da errate gestioni manageriali che sono giustamente molto critici verso la categoria, ma se l'interpretazione del ruolo del manager passa attraverso l'azione di coaching difficilmente troveremo qualcuno restio nel ricevere tale servizio. Conoscete qualche campione dello sport, uomo politico o capo di multinazionale che non richiede il supporto di un coach?
Se siete un manager e volete mettervi in discussione provate, nel prossimo colloquio individuale con un vostro collega, a chiedergli qual è il sogno che lo ha portato a svolgere questa meravigliosa attività, quali sono i suoi obiettivi personali e professionali intermedi per raggiungere il sogno, se è ancora quello, e se tutto è coerente; sulla base di come reagirà comprenderete a che livello siete.
È una professione piuttosto giovane, potremmo dire che ha meno di 40 anni, e come tutte le professioni nuove si è creata da sola con l'esperienza di chi ha iniziato per primo e tramandato poi. Di conseguenza sono nati i primi manager del settore, professionisti di successo che avevano una leadership innata e una capacità relazionale superiore ad altri, riuscendo a diventare dei punti di riferimento per chi iniziava l'attività. In seguito questa nuova categoria di manager si è fusa con altre pensando che svolgere l'attività manageriale fosse uguale in tutti i settori; ma noi che lavoriamo in questo ambiente sappiamo bene che non è così.
Ed ecco che nel corso di questi anni si sono avvicendate varie forme di managerialità nel nostro mondo, si è iniziato con i manager campioni, per poi trasformarsi in manager gestionali iniziando però a dimenticare alcuni fondamentali in quanto lontani dal business vero e proprio. La fase più buia è stata la penultima, quella in cui i manager erano diventati dei burocrati o amministrativi, gestivano la leadership risolvendo problemi operativi in assenza di sogni o visioni per cui lavorare o motivare la squadra. Manager che ricevevano indicazioni dall'azienda e la trasmettevano, quando andava bene, in una riunione, o altrimenti con una mail o un messaggio.
Per fortuna, grazie all'evoluzione della specie (da promotore a consulente) e di conseguenza delle sue esigenze, anche i manager si sono dovuti trasformare diventando dei veri e propri coach ma con un pizzico di quel leader campione che mai andrebbe perso. Il manager del consulente finanziario dovrebbe quindi essere un esempio di successo sul campo ma anche un professionista che aiuta a sviluppare la propria personalità e a riuscire nella vita.
Ciò detto, il nuovo manager per impostare bene il percorso di crescita professionale dei consulenti che coordina, dovrebbe ripartire dalla coscienza di ruolo di ogni singolo collega, comprendere le sue motivazioni più profonde; dovrà essere in grado di domandare e soprattutto ascoltare (vero ascolto attivo) definendo poi un percorso da fare insieme. Ma se non si ha acquisito la giusta leadership e non si è creato un reciproco rapporto di fiducia, difficilmente il consulente si aprirà a lui permettendo l'azione di coaching.
Per svolgere un'attività di coaching non importa quanto sia ampio il portafoglio del collega coordinato, è molto più importante sapere che tipo è per impostare una corretta comunicazione (la famosa leadership situazionale) in cui ci sia un vero e reciproco ingaggio per creare una relazione solida e duratura.
Chi pensa che il consulente non abbia bisogno di un manager sbaglia di grosso. Si possono trovare molti consulenti “scottati” da errate gestioni manageriali che sono giustamente molto critici verso la categoria, ma se l'interpretazione del ruolo del manager passa attraverso l'azione di coaching difficilmente troveremo qualcuno restio nel ricevere tale servizio. Conoscete qualche campione dello sport, uomo politico o capo di multinazionale che non richiede il supporto di un coach?
Se siete un manager e volete mettervi in discussione provate, nel prossimo colloquio individuale con un vostro collega, a chiedergli qual è il sogno che lo ha portato a svolgere questa meravigliosa attività, quali sono i suoi obiettivi personali e professionali intermedi per raggiungere il sogno, se è ancora quello, e se tutto è coerente; sulla base di come reagirà comprenderete a che livello siete.