“L’evoluzione del Wealth Management: tra Digital e Open Innovation” è l’analisi condotta dal Centro di Ricerca su Tecnologie, Innovazione e Servizi Finanziari dell’Università Cattolica di Milano per analizzare lo stato evolutivo del wealth management italiano nel confronto con le best practices internazionali
Gian Maria Mossa: “Gli esempi che ci arrivano da alcune esperienze internazionali dimostrano come ogni tentativo di disintermediare la figura del professionista di fronte a bisogni più complessi abbia avuto esiti poco confortanti, non riuscendo a compensare con il solo contributo della tecnologia le complessità che arrivano dalle dinamiche patrimoniali delle famiglie”
Attenzione però ai limiti del digitale applicato al wealth management. Riporta l’attenzione ai rischi dell’abuso del tech l’amministratore delegato di Banca Generali Gian Maria Mossa, in un commento rilasciato a margine della presentazione della ricerca Cetif : “Gli esempi che ci arrivano da alcune esperienze internazionali, in particolare nei paesi anglosassoni, dimostrano come ogni tentativo di disintermediare la figura del professionista di fronte a bisogni più complessi abbia avuto esiti poco confortanti, non riuscendo a compensare con il solo contributo della tecnologia le complessità che arrivano dalle dinamiche patrimoniali delle famiglie. Come Banca private – ha sottolineato l’ad – abbiamo puntato da tempo su un modello di open banking in grado di confrontarsi con le migliori best practices tecnologiche cercando di integrare nel nostro ecosistema digitale le piattaforme più funzionali al lavoro dei nostri banker. Nel futuro del private banking vediamo sempre la relazione di fiducia tra il professionista e la clientela con la tecnologia che gioca un ruolo sempre più rilevante nell’offrire opportunità e qualità al servizio”.
Lo conferma Federico Rajola, professore ordinario di Organizzazione Aziendale e di Project Management e direttore del Cetif: “Oggi l’innovazione non è più ricerca del singolo ente ma interazione tra mondi che possono dar luogo a nuovi prodotti, servizi. Anche nel mercato del wealth management non è più come un tempo – prosegue Rajola -. Ci siamo resi conto che il tech è importante come le relazioni sociali. Per non perdere la sfida che l’innovazione ci lancia servono ceo illuminati, disponibilità all’innovazione e a combattere barriere. Se parliamo di open innovation la collaborazione con le fintech è fondamentale perché portano innovazione nei prodotti, nei processi processi ma serve l’abilità nell’innestarle nella propria organizzazione”.
La relazione tra bisogni umani e finanziari ed evoluzione digitale non ha effetti sulla gerarchia di questi bisogni ma sulla loro immediatezza. Secondo l’analisi le istituzioni finanziarie si stanno muovendo per migliorare le proprie proposizioni, basandosi su modelli di servizio che tengano conto dei nuovi comportamenti ed esigenze dei clienti. “La strategia che si sta imponendo sul mercato è quella basata su modelli phygital (da physical “fisico” + digital, il punto di incontro tra mondo reale e mondo virtuale, ndr) all’interno del quale tutti i canali online e offline si alternano sinergicamente in un flusso di contatti armonizzati creando un’esperienza a 360° per il cliente”.