L’alleanza tra private e investment banker? Funziona così

Pieremilio Gadda
Pieremilio Gadda
17.5.2022
Tempo di lettura: 5'
Gabriele D’Agosta, da un anno alla guida di Credit Suisse, spiega i meccanismi che portano i professionisti delle due divisioni a lavorare in sinergia, senza conflitti

Gli imprenditori sono il segmento di mercato che ha più senso sviluppare dal punto di vista strategico

Il private banking di Credit Suisse può contare su una squadra di 70 banker divisi più o meno a metà tra dipendenti e agenti. L’obiettivo è di raggiungere quota 100 banker entro tre anni

Non conosco in Italia un altro private banking che abbia insieme queste caratteristiche: marchio globale, risorse cioè, analisti ed economisti globali, investment banking in house e doppia opzione per i banker: essere inquadrati come dipendenti o come agenti”. 

Gabriele D’Agosta è da un anno alla guida di Credit Suisse (oltre 25 miliardi di masse in gestione), con il ruolo di ceo e head of private banking. Ha oltre 20 anni di esperienza nel wealth management e nella corporate advisory, maturati, da ultimo in Ubs e prima in Rothschild e Morgan Stanley. Dal 1998 al 2016 ha lavorato come banker. “I am a better investor because I am a businessman, and a better businessman because I am an investor (sono un investiture migliore perché sono anche un imprenditore e viceversa ndr). Parafrasando Warren Buffett, direi che per essere un migliore manager in questa industria devi essere anche un private banker.

Non è un caso se anche i miei team leader, che mi aiutano a coordinare le tre divisioni, Nord, Sud, e Ultra-Hnwi, hanno dei clienti, fanno ancora i banker”.

Il giro di boa di Credit Suisse 


D’Agosta è al timone da maggio del 2021, in una fase delicata, sia sul fronte esterno in piena pandemia che interno, a causa di una serie di “incidenti” che, negli ultimi anni, a più riprese, hanno messo la banca svizzera sotto i riflettori: dallo scandalo di spionaggio del 2019, che ha portato al rovesciamento della leadership della banca, al caso dei “bond del tonno” in Mozambico, fino alla recente inchiesta internazionale sui conti collegati ad attività criminali. “Sono stati fatti degli errori: ma oggi abbiamo una nuova leadership, Axel P. Lehmann, alla presidenza del gruppo, un nuovo cto, un nuovo responsabile della comunicazione di gruppo e poi è tornato Francesco de Ferrari, oggi alla guida del Wealth Management globale della banca. C’è stato un rinnovamento. E guardi, lo scandalo dei conti è una cosa vecchissima: il 90% di quelli finiti nel mirino era già chiuso prima che iniziasse l’inchiesta. La cosa più importante è che i clienti l’hanno capito. Non abbiamo avuto ripercussioni”.

Il private banking per gli imprenditori


Il focus rimane sui clienti imprenditori: “Questo è il segmento di mercato che ha più senso sviluppare dal punto di vista strategico. Noi lo possiamo fare meglio di altri, grazie alla presenza sinergica di private banking e investment banking, entrambi con una lunga e consolidata tradizione”, osserva D'Agosta. 

Su questo sentiero, si stanno muovendo da tempo anche altri operatori. Ma non è facile far funzionale la relazione tra private banker e investment banker. “Perché lavorino bene insieme e in modo efficace, senza conflitti, serve almeno una di queste due condizioni imprescindibili: da una parte, una relazione di stima e fiducia, personale e reciproca, tra i banker delle due divisioni. Che può funzionare, però, solo se le dimensioni del business sono quelle della boutique. Per le aziende che hanno come core business il wealth management, con centinaia di banker, serve un meccanismo istituzionale, trasparente, di riconoscimento reciproco dei risultati. 

La trasparenza e la chiarezza delle regole di ingaggio sono essenziali. E io posso dire che non esiste un'altra realtà strutturata che riesca a far funzionare bene la sinergia tra private banking e investment banking come da noi”.

La squadra di Credit Suisse


D’Agosta può contare su una squadra di 70 banker divisi più o meno a metà tra dipendenti e agenti. L’obiettivo è di raggiungere quota 100 banker entro tre anni, suddivisi più o meno a metà tra le due tipologie di contratto. “Io sono agnostico”, dice l’ad.

“Se guardiamo alle performance e alle metriche di rischio dei portafogli dei banker, alle competenze e ai percorsi di formazione, ai risultati dei controlli interni: non ci sono differenze tra dipendenti e agenti”.

 

I programmi di reclutamento di Credit Suisse


Intanto, la banca svizzera sta cercando nuove reclute, attraverso due programmi dedicati. Con WM Intern, gli studenti universitari fanno un primo ingresso nella banca, per tre o sei mesi. WM Analyst è rivolto, invece, a neolaureati alla prima o seconda esperienza lavorativa e dura due anni. 

Negli ultimi sei mesi possono lavorare come junior banker, affiancando un profilo senior e iniziando a imparare il mestiere. “Entro fine anno – conclude D’Agosta lanceremo un programma per agevolare la cessione dei portafogli dei nostri banker senior a fine carriera a favore di altri agenti della banca, con un perfetto allineamento di interessi”.

Direttore del magazine We wealth direttore editoriale della redazione di We Wealth. Nato a Brescia, giornalista professionista, è laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. Nel passato ha coordinato la redazione di Forbes Italia e Collabora anche con l’Economia del Corriere della Sera e Milano Finanza.

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