Come spesso accade per altri lavori, le più tipiche misurazioni del successo basate sui risultati non dicono tutto
Per indagare sul tema l’American College Center for Women in Financial Services ha sondato oltre 800 advisor, chiedendo loro un’autovalutazione sul proprio successo basata non solo su criteri oggettivi, ma anche definizioni personali
Si parla molto, per ovvie ragioni, della soddisfazione degli investitori che si affiancano a un consulente. Un po’ meno della soddisfazione professionale di chi questo mestiere lo fa. E, come noto, quello del consulente è un lavoro che può essere affrontato con approcci differenti. Come spesso accade per altri lavori, le più tipiche misurazioni del successo basate sui risultati non dicono tutto. Così, maggiori asset in gestione non sempre fanno rima con migliore soddisfazione professionale per il consulente. Per indagare sul tema l‘American College Center for Women in Financial Services ha sondato oltre 800 advisor, chiedendo loro un’autovalutazione sul proprio successo basata non solo su criteri oggettivi, ma anche definizioni personali.
Fee-based: è il modello più associato alla percezione di successo
Una delle evidenze più interessanti del sondaggio è che il modello di business dell’organizzazione di appartenenza, e quindi le modalità di guadagno, incidono su questa auto-diagnosi sul successo personale. In generale, il modello che più si associa alla sensazione di successo è quello fee-based, cioè prevalentemente basato sul pagamento diretto da parte del cliente (si sente di successo l’84% dei consulenti che rientra in questo modello). A seguire, a poca distanza, il modello fee-only, quello della consulenza finanziaria totalmente autonoma e interamente pagata a parcella dal cliente (81%).
Seguono il modello salariato che prevede incentivi (77%), quello basato prevalentemente sulle commissioni generate dai prodotti proposti alla clientela (66%) e, infine quello esclusivamente basato sulle commissioni (58%). Per le consulenti donna l’ordine è simile, benché venga preferito al terzo posto il business basato prevalentemente sulle commissioni, davanti a quello salariato con incentivi.
In sintesi, sembra che ricevere direttamente un pagamento dal cliente sia motivo di maggior soddisfazione professionale per i consulenti americani. Un modello che in Italia resta una nicchia, nche perché la disponibilità a pagare di tasca propria la consulenza è sempre stata assai modesta per le famiglie italiane.
I fattori determinanti per il successo
Per il 60% degli intervistati “servire/aiutare gli altri” rappresenta la prima motivazione per la quale si è deciso di intraprendere la professione del consulente; “fiducia”, “sforzo individuale” e “conoscenze specialistiche” sono definite come le tre leve più importanti per raggiungere il successo.
“Nel complesso, i risultati del nostro sondaggio indicano che i team di consulenti di grandi dimensioni possono apprezzare un successo più diffuso rispetto a quelli più piccoli; tuttavia, se suddivisi per genere, emergono alcune differenze”, si legge nel rapporto, “in generale, le donne sembrano preferire gli studi indipendenti, dove possono lavorare con un team in un ambiente più piccolo e meno stressante rispetto a uno studio più grande; al contrario, gli uomini sembrano trarre un senso di successo proprio dalle sfide del lavoro in aziende più grandi e competitive”.
Inoltre, le donne ritengono più determinanti per il successo alcuni i fattori esterni come la “comunicazione”, il “sostegno della comunità” e il “marketing”. Gli uomini, invece, danno più peso allo “sforzo individuale” in misura sostanzialmente maggiore rispetto alle donne (33% contro 25%).