La pandemia ha cambiato il modo di vedere il presente e il futuro
Il mondo del private banking è riuscito a reggere l’ondata della pandemia nonostante i notevoli cambiamenti nel settore (cambio di relazione)
C’è però da dire che il 2020 è stato un anno particolare. La pandemia ci ha travolto e ha avuto delle conseguenze. È cambiato il modo di percepire il presente e il futuro. La salute è balzata al primo posto come interesse prioritario per tutti, anche per i clienti private. Al secondo, spiega Andrea Alemanno, Senior client officer di Ipsos, ci sono però tutti i temi legati alle fonti di reddito. Aspetto particolarmente caro soprattutto agli imprenditori. Tutte queste preoccupazioni non si sono però trasformate in una corsa alla tutela. Pochi hanno infatti pensato di lanciarsi sul mondo della previdenza. Il mondo del private banking è riuscito a reggere l’ondata della pandemia nonostante i notevoli cambiamenti nel settore (cambio di relazione). “Tutto sommato l’industria ha saputo adattarsi”, spiega Alemanno.
Rispetto al futuro l’attività di consulenza dovrà concentrarsi su due aspetti fondamentali:
- Sempre più competenza
- Maggiore empatia
E infatti il consulente avrà sempre più un ruolo fondamentale per il cliente private. Non si dovrà infatti limitare solo alle competenze finanziarie. Il rapporto digitale nel 2020 si è sviluppato molto. “E questa rappresenta una prima novità”, spiega Antonella Massari, Segretario generale di Aipb. Questo ha però portato a delle conseguenze. E infatti, la clientela ha iniziato a chiedere al proprio consulente non solo chiarimenti in merito alle competenze classiche ma anche su altri ambiti. “Qui nasce la difficoltà”. Un primo ostacolo è proprio la comunicazione tramite diverse piattaforme online. Riuscire a trasferire l’empatia tramite un video non è di certo facile; il linguaggio deve cambiare e anche l’approccio con il proprio cliente. Proprio per questo spiega Massari che alcune realtà private (40%) hanno pensato di fare della formazione dedita allo sviluppo delle soft skils.
Ma i consulenti non devono solo imparare nuove competenze. Ci sono infatti dei gap da colmare soprattutto sul tema degli Esg. E’ infatti emerso chiaramente, dai dati presentati durante il convegno, come gli investitori poco conoscono questo genere di investimenti, nonostante siano molto interessanti ad avere un ruolo sociale. Il problema è che la sigla “Esg” non rende chiaro il proprio impatto e le conseguenze positive, descrive un processo che al momento non risulta essere chiaro all’investitore finale. E infatti, secondo il report il 53% guarda agli Esg ma solo l’8% dichiara di investire.