La fiduciaria e la tutela degli eredi

20.3.2019
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Il ricorso all'amministratore esterno è servito a gestire il caso di un imprenditore che non aveva fatto testamento e, alla sua scomparsa, i parenti erano divenuti comproprietari di partecipazioni sociali
L'articolo 2468, ultimo comma, del Codice Civile statuisce che “nel caso di comproprietà di una partecipazione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le modalità previste dagli articoli 1105 e 1106”. L'articolo 1105, nel suo primo comma, del Codice Civile a sua volta afferma che “tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune”. L'articolo 1106, infine, prevede che “...l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore”. Il riferimento a questi tre articoli del codice civile è necessario per comprendere l'operazione fiduciaria che è stata effettuata al fine di risolvere la situazione creatasi a seguito della morte di un cliente della società fiduciaria.
Tutto ha avuto origine, infatti, con la scomparsa per causa di morte di un fiduciante, il quale aveva intestato alla fiduciaria delle quote di diverse società a responsabilità limitata. Successivamente all'apertura della successione, gli eredi hanno preso atto che il de cuius non aveva predisposto un testamento e, quindi, si è proceduto ad attribuire la massa ereditaria secondo le disposizioni previste dalla successione legittima.
Questo ha comportato che le quote di partecipazione nelle diverse società fossero attribuite in maniera indivisa a tutti gli eredi.
Pertanto, con la successione mortis causa del titolare delle quote societarie, si è formata una comunione ereditaria che comporta l'applicazione delle norme in materia di comproprietà. La comproprietà delle partecipazioni sociali determina una situazione di comunione ordinaria avente ad oggetto, appunto, le quote sociali ereditate, intese come oggetto unitario di diritti.
Ciò ha comportato un grosso problema di gestione delle stesse quote in quanto tutti gli eredi “hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune”.
Pertanto, gli eredi hanno richiesto di individuare una soluzione che consentisse loro di essere sempre informati sulle vicende societarie pur non volendosene occupare in modo diretto. La soluzione prospettata dalla fiduciaria consisteva nella sottoscrizione di un incarico di rappresentante comune come previsto dal sopra citato articolo 2468 del Codice Civile. Tale norma è volta ad assicurare il migliore proseguimento delle attività sociali colpite dal decesso di un socio, dettando l'obbligo per gli eredi del de cuius di individuare un solo interlocutore che li rappresenti in seno alla società.
Così facendo, pertanto, i diritti dei comproprietari sono esercitati da un solo soggetto (c.d. rappresentante comune). Con la sottoscrizione dell'incarico, gli eredi non hanno inteso trasferire la proprietà alla società fiduciaria, ma consentire alla stessa solo l'esercizio, in suo nome ma per loro conto, dei diritti insiti nella proprietà della quota.
Nell'incarico, conferito da tutti gli eredi, viene specificato che la fiduciaria non può gestire le quote in modo autonomo e discrezionale, ma deve eseguire le istruzioni che le vengono conferite dagli eredi.
Nel caso in cui gli eredi (i.e. i fiducianti) siano in disaccordo sulla gestione delle quote e, conseguentemente, conferiscano alla fiduciaria istruzioni divergenti, la stessa fiduciaria è autorizzata ad astenersi dalla gestione restando indenne da qualsiasi responsabilità che possa derivarne.
La validità dell'incarico viene subordinata alla permanenza della comunione. I contitolari si obbligano a informare la fiduciaria, per il tramite di una comunicazione congiunta, dell'avvenuto scioglimento della comunione.
Con quest'ultimo atto ogni singolo socio, potrà disporre autonomamente della propria quota societaria, alienandola oppure mantenendone il possesso.
Anche in particolari situazioni derivanti da una successione mortis causa, l'intervento della fiduciaria è risultato essere estremamente utile e ha consentito di risolvere una problematica difficilmente gestibile in altro modo.
Tutto ha avuto origine, infatti, con la scomparsa per causa di morte di un fiduciante, il quale aveva intestato alla fiduciaria delle quote di diverse società a responsabilità limitata. Successivamente all'apertura della successione, gli eredi hanno preso atto che il de cuius non aveva predisposto un testamento e, quindi, si è proceduto ad attribuire la massa ereditaria secondo le disposizioni previste dalla successione legittima.
Questo ha comportato che le quote di partecipazione nelle diverse società fossero attribuite in maniera indivisa a tutti gli eredi.
Pertanto, con la successione mortis causa del titolare delle quote societarie, si è formata una comunione ereditaria che comporta l'applicazione delle norme in materia di comproprietà. La comproprietà delle partecipazioni sociali determina una situazione di comunione ordinaria avente ad oggetto, appunto, le quote sociali ereditate, intese come oggetto unitario di diritti.
Ciò ha comportato un grosso problema di gestione delle stesse quote in quanto tutti gli eredi “hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune”.
Pertanto, gli eredi hanno richiesto di individuare una soluzione che consentisse loro di essere sempre informati sulle vicende societarie pur non volendosene occupare in modo diretto. La soluzione prospettata dalla fiduciaria consisteva nella sottoscrizione di un incarico di rappresentante comune come previsto dal sopra citato articolo 2468 del Codice Civile. Tale norma è volta ad assicurare il migliore proseguimento delle attività sociali colpite dal decesso di un socio, dettando l'obbligo per gli eredi del de cuius di individuare un solo interlocutore che li rappresenti in seno alla società.
Così facendo, pertanto, i diritti dei comproprietari sono esercitati da un solo soggetto (c.d. rappresentante comune). Con la sottoscrizione dell'incarico, gli eredi non hanno inteso trasferire la proprietà alla società fiduciaria, ma consentire alla stessa solo l'esercizio, in suo nome ma per loro conto, dei diritti insiti nella proprietà della quota.
Nell'incarico, conferito da tutti gli eredi, viene specificato che la fiduciaria non può gestire le quote in modo autonomo e discrezionale, ma deve eseguire le istruzioni che le vengono conferite dagli eredi.
Nel caso in cui gli eredi (i.e. i fiducianti) siano in disaccordo sulla gestione delle quote e, conseguentemente, conferiscano alla fiduciaria istruzioni divergenti, la stessa fiduciaria è autorizzata ad astenersi dalla gestione restando indenne da qualsiasi responsabilità che possa derivarne.
La validità dell'incarico viene subordinata alla permanenza della comunione. I contitolari si obbligano a informare la fiduciaria, per il tramite di una comunicazione congiunta, dell'avvenuto scioglimento della comunione.
Con quest'ultimo atto ogni singolo socio, potrà disporre autonomamente della propria quota societaria, alienandola oppure mantenendone il possesso.
Anche in particolari situazioni derivanti da una successione mortis causa, l'intervento della fiduciaria è risultato essere estremamente utile e ha consentito di risolvere una problematica difficilmente gestibile in altro modo.