Vuoi fare l'influencer? Occhio ai redditi

18.12.2019
Tempo di lettura: 3'
Chi è l'influencer e qual è l'inquadramento tributario dell'attività svolta? Ecco cosa c'è da sapere sulla contrattualistica di questa nuova professione
La digitalizzazione influenza non solo gli indirizzi di politica fiscale nazionale (come per esempio, l'imposta sui servizi digitali, art. 84 del disegno di legge di bilancio 2020) e sovranazionale (Beps Action 1 dell'Ocse, Com (2017) 547 della Commissione Ue), ma anche – e forse soprattutto – le imprese specie per ciò che riguarda le strategie aziendali più adeguate per commercializzare con successo un prodotto in un determinato mercato.
Moderne tecniche di marketing si affiancano a modelli di business digitalizzati e facendo leva su inedite “professioni” generano, tanto innovative quanto efficaci, opportunità di raggiungere obiettivi promozionali e un incremento dei ricavi di vendita.
È in tale contesto che si innesta il nuovo modello comunicativo di marketing influencer, in base al quale società legate a brand consolidati o emergenti, scelgono di veicolare i propri prodotti attraverso i post (testo, immagini, video, audio o combinazioni di questi) – e con un sistema comunicativo che il più delle volte tende ad associare al brand un determinato stile di vita - divulgati in rete da personaggi con una certa notorietà (influencer) in grado di raggiungere in tempo reale anche milioni di seguaci/potenziali consumatori (follower) dai quali sono percepiti come esperti di un determinato settore e/o icone da emulare.
Il sistema è poi declinabile ulteriormente se si esamina il fenomeno dalla prospettiva del sistema utilizzato per veicolare il prodotto (blog, Instagram, Youtube etc.) e del settore di riferimento (fashion blogger, travel instagrammer, design youtuber).
Per avere anche un'idea della dimensione del fenomeno basti pensare che un post (generalmente immagini/video che associano l'influencer al brand/prodotto) da parte di un influencer di fama mondiale (come Ariana Grande - @arianagrande, Selena Gomez - @selenagomez, Dwayne Johnson - @therock, Kim Kardashian West @kimkardashian) può essere remunerato con cifre a sei zeri; ammontare dato in genere dal cosiddetto “engagment rate” risultante dal rapporto medio tra post, like, commenti e numero di follower e dalle interazioni complessive dei follower nelle varie piattaforme su cui è presente l'influencer come Facebook, Instagram, Twitter e Youtube.
Un contesto, in continua evoluzione ed espansione, che involve certamente questioni legate alla tutela dei marchi (è recente il caso del post su Instagram dello stilista Philipp Plein che in occasione del lancio di un nuovo prodotto ha utilizzato come sfondo la sua Ferrari, come illustrato da Sigrid Lily Hulisz sul sito https://www.bugnion.eu/it/ferrari-vs-lo-stilista-philipp-plein-sui-social-media/), non di meno suggerisce qualche riflessione in merito al possibile inquadramento tributario dell'attività svolta in via prevalente dall'influencer, apparentemente avulsa dalle tradizionali fonti reddituali, e la conseguente tassazione dei redditi da essa ritraibili. La contemporaneità del fenomeno, e, per quanto consta, l'assenza di chiarimenti ufficiali (1), impongono cautela sul tema e di ciò si è tenuto conto nelle brevi notazioni che qui si propongono, senza alcuna pretesa di esaustività, prendendo in esame la fattispecie dell'influencer che svolge tale attività in via prevalente e/o principale.
In questo 1° articolo si propongono alcuni spunti di riflessione in ambito contrattuale mentre nei successivi due verranno esaminati gli aspetti più propriamente tributari.
È utile premettere che, a livello contrattuale, la fattispecie in esame è generalmente sorretta da uno o più accordi tra l'influencer e società/brand di cui promuove il prodotto o da questi intermediati da agenzie di marketing specializzate. In forza di tali accordi, l'influencer si obbliga, dietro corrispettivo (in denaro e/o in natura), con lavoro prevalentemente proprio e senza vincoli di subordinazione, a prestare un servizio, anche in esclusiva, che può ad esempio sostanziarsi nell'ostentare il prodotto della società/brand, nel diffonderne un post con un messaggio di scelta, di preferenza, di esaltazione. Non è infrequente, specie quando l'influencer è molto popolare e/o quando svolge in via prevalente altra professione d'intrattenimento, il ricorso a forme contrattuali più complesse che prevendono anche clausole di sponsorizzazione (pura e/o tecnica) e di pubblicità. Non mancano poi ipotesi in cui, tra l'influencer e la società/brand promossi, si frappongono veicoli o entità giuridiche di varia natura cui l'influencer concede l'esercizio del diritto (2) di sfruttamento ai fini commerciali della sua immagine (“star company”). Ulteriori accordi, non esaminati in queste brevi notazioni, possono prevedere accordi pubblicitari, tramite incorporazione di banner (per esempio, Google Adsense) e/o di affiliazione commerciale (si pensi al link che reindirizza alla pagina di un prodotto in vendita su eBay o Amazon).
Al di là della veste contrattuale, comunque, vi sono due elementi che qui interessa valorizzare e che accomunano tali accordi:
La notorietà dell'influencer, in particolare, rappresenta il motivo, la ragione essenziale, su cui si fondano gli accordi anzidetti; essa è dunque rilevante nella causa negoziale (come avviene nel caso della realizzazione di un ritratto affidata ad un determinato pittore). È in re ipsa, nella specifica natura degli accordi cui si obbliga l'influencer, il fondamento del carattere personale delle sue prestazioni e dell'apporto prevalentemente proprio.
Non pare quindi fuori luogo affermare che l'intuitus personae si manifesta qui non tanto sottoforma di fiducia quanto di fama, reputazione, capacità di influenzare i follower. Si tratta, ad avviso di chi scrive, di elementi che esprimono, benché diversamente dalle tipiche professioni (avvocati, ingegneri, medici, commercialisti), i tratti essenziali dell'attività lavorativa autonoma che in questo caso entra in gioco in una dimensione coerente con la contemporaneità.
In tale prospettiva, salvo casi particolari, l'attività generalmente svolta dall'influencer dovrebbe potersi ricondurre alla categoria dei contratti d'opera (artt. 2222 e ss cod. civ.), ancorché racchiusa nella veste contrattuale (atipica) di sponsorizzazione (Cass. 18193/2004) o di altro schema contrattuale.
A cura di Alessandro Foti, avvocato tributarista in Milano presso lo studio legale De Berti - Jacchia
(1) Nella risoluzione n. 239/E/2009, l'agenzia era stata chiamata a chiarire se, per beneficiare del regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo - disciplinato dall'art. 13 della legge n. 388 del 2000 (imposta sostitutiva Irpef pari al 10% del reddito di lavoro autonomo o d'impresa) -, l'attività di blogger potesse qualificarsi quale (nuova) attività di lavoro autonomo (che avrebbe dato luogo a redditi di lavoro autonomo) ovvero se fosse una mera prosecuzione di quella di “autore intermediale” (che dava luogo a redditi diversi). Trattandosi, tuttavia, di chiarimenti da assumersi sulla base di una valutazione fattuale, sull'attività effettivamente svolta dal contribuente neo blogger, non ammessa in sede di interpello, l'agenzia non si è espressa sul punto. D'altro canto si rileva che analogo tentativo di categorizzazione che qui si propone è stato espresso dall'IRS americana laddove afferma che sono rilevanti ai fini fiscali in US, al ricorrere del requisito della abitualità, i compensi in denaro e/o in natura superiori a certe soglie di irrilevanza, percepiti dall'influencer (https://www.iras.gov.sg/irashome/uploadedFiles/
IRASHome/Businesses/Social%20Media%20Influencer.pdf).
(2) La giurisprudenza (da ultimo, Cass. 10957/2010) ritiene che il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisca negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine, ma soltanto il suo esercizio (Manuale di diritto privato, ed. XXI, di A. Torrente e P. Schlesinger, pag. 141).
È in tale contesto che si innesta il nuovo modello comunicativo di marketing influencer, in base al quale società legate a brand consolidati o emergenti, scelgono di veicolare i propri prodotti attraverso i post (testo, immagini, video, audio o combinazioni di questi) – e con un sistema comunicativo che il più delle volte tende ad associare al brand un determinato stile di vita - divulgati in rete da personaggi con una certa notorietà (influencer) in grado di raggiungere in tempo reale anche milioni di seguaci/potenziali consumatori (follower) dai quali sono percepiti come esperti di un determinato settore e/o icone da emulare.
Il sistema è poi declinabile ulteriormente se si esamina il fenomeno dalla prospettiva del sistema utilizzato per veicolare il prodotto (blog, Instagram, Youtube etc.) e del settore di riferimento (fashion blogger, travel instagrammer, design youtuber).
Per avere anche un'idea della dimensione del fenomeno basti pensare che un post (generalmente immagini/video che associano l'influencer al brand/prodotto) da parte di un influencer di fama mondiale (come Ariana Grande - @arianagrande, Selena Gomez - @selenagomez, Dwayne Johnson - @therock, Kim Kardashian West @kimkardashian) può essere remunerato con cifre a sei zeri; ammontare dato in genere dal cosiddetto “engagment rate” risultante dal rapporto medio tra post, like, commenti e numero di follower e dalle interazioni complessive dei follower nelle varie piattaforme su cui è presente l'influencer come Facebook, Instagram, Twitter e Youtube.
Un contesto, in continua evoluzione ed espansione, che involve certamente questioni legate alla tutela dei marchi (è recente il caso del post su Instagram dello stilista Philipp Plein che in occasione del lancio di un nuovo prodotto ha utilizzato come sfondo la sua Ferrari, come illustrato da Sigrid Lily Hulisz sul sito https://www.bugnion.eu/it/ferrari-vs-lo-stilista-philipp-plein-sui-social-media/), non di meno suggerisce qualche riflessione in merito al possibile inquadramento tributario dell'attività svolta in via prevalente dall'influencer, apparentemente avulsa dalle tradizionali fonti reddituali, e la conseguente tassazione dei redditi da essa ritraibili. La contemporaneità del fenomeno, e, per quanto consta, l'assenza di chiarimenti ufficiali (1), impongono cautela sul tema e di ciò si è tenuto conto nelle brevi notazioni che qui si propongono, senza alcuna pretesa di esaustività, prendendo in esame la fattispecie dell'influencer che svolge tale attività in via prevalente e/o principale.
In questo 1° articolo si propongono alcuni spunti di riflessione in ambito contrattuale mentre nei successivi due verranno esaminati gli aspetti più propriamente tributari.
Spunti sulla prospettiva contrattualistica
È utile premettere che, a livello contrattuale, la fattispecie in esame è generalmente sorretta da uno o più accordi tra l'influencer e società/brand di cui promuove il prodotto o da questi intermediati da agenzie di marketing specializzate. In forza di tali accordi, l'influencer si obbliga, dietro corrispettivo (in denaro e/o in natura), con lavoro prevalentemente proprio e senza vincoli di subordinazione, a prestare un servizio, anche in esclusiva, che può ad esempio sostanziarsi nell'ostentare il prodotto della società/brand, nel diffonderne un post con un messaggio di scelta, di preferenza, di esaltazione. Non è infrequente, specie quando l'influencer è molto popolare e/o quando svolge in via prevalente altra professione d'intrattenimento, il ricorso a forme contrattuali più complesse che prevendono anche clausole di sponsorizzazione (pura e/o tecnica) e di pubblicità. Non mancano poi ipotesi in cui, tra l'influencer e la società/brand promossi, si frappongono veicoli o entità giuridiche di varia natura cui l'influencer concede l'esercizio del diritto (2) di sfruttamento ai fini commerciali della sua immagine (“star company”). Ulteriori accordi, non esaminati in queste brevi notazioni, possono prevedere accordi pubblicitari, tramite incorporazione di banner (per esempio, Google Adsense) e/o di affiliazione commerciale (si pensi al link che reindirizza alla pagina di un prodotto in vendita su eBay o Amazon).
Al di là della veste contrattuale, comunque, vi sono due elementi che qui interessa valorizzare e che accomunano tali accordi:
- il presupposto, rinvenibile nell'impiego innovativo delle abilità personali dell'influencer - tra cui spicca la capacità di indurre nei follower il bisogno di un determinato prodotto
- l'oggetto, ossia l'obbligo di fare in capo all'influencer, servente al conseguimento, in favore di un soggetto diverso (società/brand), di un risultato.
La notorietà dell'influencer, in particolare, rappresenta il motivo, la ragione essenziale, su cui si fondano gli accordi anzidetti; essa è dunque rilevante nella causa negoziale (come avviene nel caso della realizzazione di un ritratto affidata ad un determinato pittore). È in re ipsa, nella specifica natura degli accordi cui si obbliga l'influencer, il fondamento del carattere personale delle sue prestazioni e dell'apporto prevalentemente proprio.
Non pare quindi fuori luogo affermare che l'intuitus personae si manifesta qui non tanto sottoforma di fiducia quanto di fama, reputazione, capacità di influenzare i follower. Si tratta, ad avviso di chi scrive, di elementi che esprimono, benché diversamente dalle tipiche professioni (avvocati, ingegneri, medici, commercialisti), i tratti essenziali dell'attività lavorativa autonoma che in questo caso entra in gioco in una dimensione coerente con la contemporaneità.
In tale prospettiva, salvo casi particolari, l'attività generalmente svolta dall'influencer dovrebbe potersi ricondurre alla categoria dei contratti d'opera (artt. 2222 e ss cod. civ.), ancorché racchiusa nella veste contrattuale (atipica) di sponsorizzazione (Cass. 18193/2004) o di altro schema contrattuale.
A cura di Alessandro Foti, avvocato tributarista in Milano presso lo studio legale De Berti - Jacchia
(1) Nella risoluzione n. 239/E/2009, l'agenzia era stata chiamata a chiarire se, per beneficiare del regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo - disciplinato dall'art. 13 della legge n. 388 del 2000 (imposta sostitutiva Irpef pari al 10% del reddito di lavoro autonomo o d'impresa) -, l'attività di blogger potesse qualificarsi quale (nuova) attività di lavoro autonomo (che avrebbe dato luogo a redditi di lavoro autonomo) ovvero se fosse una mera prosecuzione di quella di “autore intermediale” (che dava luogo a redditi diversi). Trattandosi, tuttavia, di chiarimenti da assumersi sulla base di una valutazione fattuale, sull'attività effettivamente svolta dal contribuente neo blogger, non ammessa in sede di interpello, l'agenzia non si è espressa sul punto. D'altro canto si rileva che analogo tentativo di categorizzazione che qui si propone è stato espresso dall'IRS americana laddove afferma che sono rilevanti ai fini fiscali in US, al ricorrere del requisito della abitualità, i compensi in denaro e/o in natura superiori a certe soglie di irrilevanza, percepiti dall'influencer (https://www.iras.gov.sg/irashome/uploadedFiles/
IRASHome/Businesses/Social%20Media%20Influencer.pdf).
(2) La giurisprudenza (da ultimo, Cass. 10957/2010) ritiene che il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisca negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine, ma soltanto il suo esercizio (Manuale di diritto privato, ed. XXI, di A. Torrente e P. Schlesinger, pag. 141).