Esenzione fino a un milione di euro
Il trattamento fiscale per le donazioni e successioni prevede, “nel caso di un’azienda o di partecipazioni aventi valore eccedente (per ogni beneficiario) un milione di euro, il pagamento dell’imposta di successione e donazione con l’aliquota del 4% per l’eccedenza rispetto alla franchigia di un milione di euro”, dice Tambalo.
Quando il trasferimento d’azienda non è soggetto all’imposta di donazione e successione
Dunque, poter rientrare in uno dei casi di esenzione consentirebbe un significativo risparmio agli eredi. Quali sono allora questi casi? Nello specifico essi sono disciplinati dall’articolo 3 (comma 4-ter) del Decreto legislativo 346/90, secondo cui non sono soggetti ad imposta di donazione e di successione, anche se realizzati attraverso patti di famiglia, i trasferimenti di azienda o di rami d’azienda, di quote sociali, di azioni a due condizioni. Ovvero che il destinatario sia un discendente o il coniuge del disponente; e se il trasferimento consente al beneficiario di acquisire o integrare il “controllo” della società ed esso prosegua l’esercizio dell’impresa o detenga il controllo della società per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento. L’esenzione si estende anche alle imposte ipotecaria e catastale relative agli immobili contenuti nell’azienda ceduta.
L’obbligo di gestione quinquennale dell’azienda ereditata
Ma attenzione: “qualora venga meno l’ultima condizione richiesta (esercizio quinquennale dell’impresa trasferita o mantenimento quinquennale del controllo), si verifica la decadenza dal beneficio, con conseguente obbligo di corrispondere l’imposta in misura ordinaria, oltre ad una sanzione amministrativa del 30% su ogni importo non versato ed oltre agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere pagata”, spiega Tambalo. Ci sono altri elementi da evidenziare. Il primo è relativo alla partecipazione di maggioranza che deve essere tale solo per le società di capitali, come confermato anche dall’Agenzia delle Entrate. Mentre, nel caso di società di persone, si applica al trasferimento di partecipazioni di qualsiasi entità (quindi anche per partecipazioni di minoranza).
La disciplina per le società di capitali
Tornando alle società di capitali, l’esenzione è valida anche quando il trasferimento è di una partecipazione di minoranza che però, sommata alla quota già posseduta dal beneficiario, gli consente di acquisire il controllo. Se il trasferimento è invece in favore di più discendenti, frazionando fra essi una partecipazione che in via unitaria sarebbe stata di controllo, non configura l’integrazione o l’acquisizione del controllo sociale richiesto dalla norma; “in questo caso, l’unica soluzione per fruire dell’agevolazione sarebbe quella di trasferire tale partecipazione in comproprietà fra i diversi beneficiari, nominando un rappresentante comune per l’esercizio dei diritti sociali spettanti ai contitolari della quota di partecipazione”, dice Tambalo.
Le eccezioni dell’Agenzia delle Entrate
Ancora, i trasferimenti devono avvenire tra persone fisiche: pertanto è esclusa, ad esempio, “l’applicazione dell’agevolazione all’ipotesi di società unipersonale che “doni” l’unica azienda al coniuge/discendenti del suo socio unico – dice Tambalo – e stante il tenore letterale della norma, si ritiene che anche i soggetti beneficiari dei trasferimenti agevolati (“discendenti” o “coniuge”) debbano essere necessariamente persone fisiche”. La legge prevede l’esenzione anche in caso oggetto del trasferimento siano rami di aziende e non solo dell’intera azienda, purché il ramo, autonomamente considerato, possa effettivamente qualificarsi come un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
“L’Agenzia delle Entrate ha invece escluso di recente la possibilità di fruire del beneficio trasferendo la sola nuda proprietà dell’azienda. Così pare esclusa la possibilità di fruire del beneficio in caso di trasferimento di azienda che, al momento del trasferimento, risulti concessa in affitto o comodato, a meno che l’affittuario/comodatario non sia il discendente assegnatario dell’azienda stessa, ipotesi difficilmente riscontrabile nella pratica”, conclude Tambalo.