Attribuire un prezzo ‘corretto’ alle azioni Tesla: difficile trovare un terreno sul quale gli analisti si siano divisi in modo più eclatante. Nella fase di straordinaria ascesa del titolo, fra il 2020 e il 2021, gli osservatori (inclusi quelli ribassisti) sono stati costantemente obbligati a rivedere al rialzo i target price, rincorrendo l’entusiasmo degli investitori.
Tesla, il primo grande brand ad aver puntato tutto sull’auto elettrica ha anticipato di molto la concorrenza; secondo la logica dei rialzisti, la società avrebbe sfruttato questo vantaggio con grande profitto via via che la tecnologia dell’elettrico sarebbe diventata “di massa”. Con la caotica discesa del titolo dal record del novembre 2021, coinciso con l’annunciata vendita di una parte delle quote del fondatore Elon Musk, si sono susseguite diverse ipotesi sulle cause profonde di questo ribasso.
Una parte delle delle risposte possono essere attribuite agli sviluppi della politica monetaria americana, la cui stretta ha penalizzato tutto il comparto tecnologico e “growth”. Nelle ultime settimane, invece, l’aspettativa che entro l’anno la Fed tornerà a tagliare i tassi ha dato grande forza anche alla stessa Tesla, che da inizio 2023 al 9 febbraio ha guadagnato oltre il 58% a Wall Street. Ciononostante, rispetto al suo massimo storico, l’azione Tesla vale meno della metà: 201 dollari.
Alcuni ritengono che questo ribasso abbia a che fare con un ridimensionamento delle aspettative sugli utili che l’azienda sarà in grado di generare a lungo termine – una diagnosi che va al di là delle semplici evoluzioni della congiuntura economica e che guarda più da vicino il mercato delle auto elettriche.
Tesla e Musk, binomio visionario
La “fama” di “genio” del fondatore Elon Musk “ha spinto molti investitori ad attribuire a Tesla un premio superiore a quanto meritasse sulla base dei fondamentali” e “l’aura che circonda l’azienda ha prodotto fattori di successo che ora si stanno dimostrando dannosi per le prospettive a breve termine”, ha affermato in una nota di approfondimento Mark Hawtin, investment director di GAM Investments.
Secondo Hawtin, i tempi di attesa lunghi per la consegna di una Tesla nuova hanno creato una forte speculazione sui prezzi dell’usato che, a sua volta, “ha generato falsi segnali sull’effettiva domanda di un veicolo elettrico”, la Model 3, “tutt’altro che economico”.
Di fatto, in concomitanza con il rialzo dei tassi e l’aumento della rata del leasing, la domanda di Tesla si è ridotta proprio quando la produzione era stata incrementata in vari stabilimenti. Secondo Bloomberg, negli ultimi tre trimestri Tesla ha prodotto più auto di quante non ne abbia consegnate e il prezzo medio sull’usato si è ridotto del 17% nel secondo semestre del 2022, molto più della media. Così, la società è stata costretta a rivedere al ribasso anche i listini del nuovo in America e in Cina.
La partita vera: arriva la concorrenza
Al di là di questa analisi di breve termine, sono soprattutto le aspettative sulla quota di mercato che Tesla riuscirà a conquistare ad essere in una fase di riformulazione. L’idea che Tesla possa diventare la “Apple delle auto elettriche”, perché si è mossa in largo anticipo, fatica a convincere come un tempo. Negli ultimi anni, infatti, la concorrenza su questo mercato è aumentata e, in particolare, le case cinesi riescono ad offrire vetture a costi vantaggiosi anche su segmenti più accessibili e popolari; quelli che difficilmente costruttori americani ed europei riescono a produrre con profitto, per via dei costi di produzione più elevati.
“La concorrenza è finalmente arrivata: dopo alcuni anni durante i quali Tesla, sui segmenti premium, è riuscita a vendere il suo prodotto e i costruttori europei hanno provato a colmare il gap. Dall’Asia, infatti, si sono affermati marchi come BYD che, in pochi lo sottolineano, vende già più di Tesla”, ha affermato a We Wealth Gianluca Di Loreto, partner della società di consulenza strategica Bain & Co.
Nell’ambito dell’auto elettrica questa concorrenza è “benvenuta per il vantaggio che potrà dare al consumatore finale”, che per lungo tempo non ha potuto accedere in larga parte all’elettrico per via di un’offerta focalizzata su auto medie o di lusso, che non rappresentano il grosso della produzione automobilistica. L’aspetto paradossale di questa prima fase è che “l’elettrico è associato alla mobilità nelle grandi città, ma i numeri riflettono una realtà opposta: chi ha elettrificato la gamma è partito dalle auto più grandi, di lusso, iperaccessoriate”.
Questo è avvenuto perché, ha confermato Di Loreto, le possibilità di ricavare margini da vetture di questa categoria è nettamente più elevata. Quando il gioco si espande sulle auto più economiche, però, i costruttori cinesi hanno vantaggi strategici oggettivi: la vicinanza alle materie prime necessarie per la costruzione del ‘pezzo’ cruciale nella catena del valore dell’auto elettrica, ossia la batteria. Anche se “la gamma è stata ampliata anche su vetture più piccole da parte marchi come Volkswagen e altri, il punto è se si riuscirà a ricavarne un utile oppure no”, ha affermato l’esperto di Bain & Co.
Un compito che viene ostacolato dal fatto che “la produzione che avviene in Europa o in America è quella dell’assemblaggio, che ha minore valore aggiunto, mentre si importa dall’Asia una tecnologia prodotta da altri soggetti” (nello specifico la cella). Va ricordato che la batteria, “su un’utilitaria, vale una buona parte del costo”: per una vettura di piccole dimensioni dipendere dall’estero per questo componente significa perdere per strada una parte consistente del valore aggiunto complessivo. Nemmeno Tesla, che pure ha costruito attorno a sé un’immagine vincente e quasi una sovrapposizione con il concetto stesso di auto elettrica, sarebbe immune alla concorrenza agguerrita che si sta espandendo dall’Asia. Del resto, la creatura di Elon Musk non detiene la tecnologia sulle batterie, ma le compra proprio da Oriente.
Esaudire le attese sulle quote di mercato sarà difficile
Secondo S&P Global Mobility, ha ricordato Hawtin, “la quota di mercato di Tesla nei veicoli elettrici in Nord America è scesa dall’80% nel 2020 al 64% nel 2022, e la stima per il 2025 è del 20%”. Considerazioni che hanno spinto il gestore ad avvicinare Tesla non tanto a Apple, quanto a “Nokia e Ericsson” – società protagoniste agli inizi della telefonia mobile, poi ridimensionate.
Acquisire nel mondo automobilistico una posizione dominante come quella che Apple detiene negli smartphone è, di per sé, una missione possibile? Secondo Di Loreto, raggiungere un predomino di questo tipo nel complesso del mercato dell’auto comporterebbe la produzione di milioni di vetture, in regola con i requisiti delle varie legislazioni. “E’ una sfida globale, non regionale, difficile mantenere una posizione dominante quando si parla di volumi così grandi”, ha affermato Di Loreto, “in particolar modo in un contesto nel quale i problemi dal lato dell’offerta si stanno risolvendo, obbligando le case a abbassare nuovamente i prezzi”.
Aver tirato il “primo fendente” ha rappresentato un vantaggio iniziale, ma rispondere, adesso “sono in tanti”. Ad esempio, anche il marchio premium Nio, che produce vetture elettriche comparabili alle controparti tedesche, sta creando una sua struttura distributiva ed è pronta a bussare alla porta dei mercati occidentali. “Qualche volta arrivare per secondi è un vantaggio: perché si impara dagli errori del primo”.
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