La
Cop27 si
è conclusa proprio negli scorsi giorni ma ancora una volta è stata
un’occasione persa. Le promesse degli anni passati non sono state
mantenute e anche stavolta i provvedimenti presi e decisi dagli Stati
e dai rappresentanti partecipanti non sembrano essere
sufficientemente consistenti da poter farci sperare di cambiare rotta
e limitare il riscaldamento climatico.
Il
Climate action tracker (Cat),
gruppo indipendente di ricerca scientifica che verifica l’azione
dei governi per la riduzione delle emissioni dei gas serra, ha
pubblicato e presentato le più recenti proiezioni sul riscaldamento
globale, secondo cui le politiche appena decise sul clima non saranno
sufficienti a contrastare i cambiamenti climatici. Il
mondo si sta già dirigendo verso 2,4°C di riscaldamento,
un valore che tradisce gli attuali obiettivi, che mirano a limitare
il riscaldamento globale ad appena 1,5°C.
Quello
che stanno facendo gli Stati per la riduzione delle emissioni di gas
“non è abbastanza per spostare il termometro”, spiega il report
del Climate action tracker. Solo 24 Paesi su 193 hanno rivisto gli
obiettivi sulle emissioni. E i sussidi fossili sono raddoppiati.
Con
queste premesse, è chiaro che non abbiamo ancora capito il rischio
a cui andiamo incontro.
Eppure
gli scienziati hanno alzato più volte la voce e hanno fatto parlare
i numeri. Superare i 2°C di riscaldamento climatico significa
superare un punto di non ritorno. Fine dei giochi. Game
over.
La
domanda che sorge spontanea è: perché chiudiamo gli occhi di fronte
a un problema così grande?
Perché
non ci accorgiamo che stiamo distruggendo l’ecosistema del nostro
pianeta e, molto probabilmente, mettendo a rischio di sopravvivenza
l’umanità e ogni forma di vita terrestre?
Perché
aspettiamo che la catastrofe si manifesti senza fare nulla per
evitarla?
Il pericoloso meccanismo mentale di sottostimare i rischi
Lasciando
da parte le ragioni puramente politiche e di profitto, in questo
articolo vorrei porre l’accento sulle cause
che riguardano i processi mentali
che compiamo inconsciamente quando dobbiamo valutare una situazione
di rischio.
La
partita infatti si gioca su due fronti: il rischio
“reale” e il rischio
“percepito”.
Il
rischio percepito
è la consapevolezza che abbiamo di un determinato rischio, che
spesso è inferiore a quella del rischio
reale.
Per
spiegare il meccanismo, prendo in prestito una famosa storiella
che parla di una rana messa in
una pentola d’acqua a temperatura ambiente.
La rana ci sta bene là dentro e ci rimane volentieri. Peccato che la
pentola sia sul fuoco e che a poco a poco l’acqua si stia
riscaldando. Poiché l’aumento di temperatura è minimo, la rana
non se ne accorge. La sua percezione non è tale da comprendere il
fatto che sta per essere “cotta” a poco a poco. Finché l’acqua
non inizia a bollire e la sottilissima pelle viscida della rana si
ustiona improvvisamente. A quel punto, però, per la rana è troppo
tardi per saltare fuori dalla pentola: ormai è priva di forze.
Questo
meccanismo di sottostimare i
rischi e di capirne la gravità
solo quando sono ormai reali e palesi è qualcosa per cui siamo
programmati. Da una parte, questo meccanismo mentale ha anche lo
scopo
di evitarci di vivere in una
perenne situazione di paura;
dall’altra, ci aiuta a espandere
la nostra zona di comfort e a
coltivare la nostra resilienza. Se saltassimo fuori dall’acqua non
appena ne percepissimo il minimo aumento di temperatura, non
riusciremmo a sopportare nessun minimo cambiamento e, anzi, vivremmo
ogni piccolo imprevisto con disagio. Al contrario, l’uomo è dotato
di grande capacità di adattamento e, se si esercita a uscire poco
per volta dalla sua zona di comfort, può anche espanderla e sentirsi
via via a suo agio in condizioni che prima lo mettevano a disagio.
Da zona di comfort a panic zone
Questo
meccanismo, però, non funziona sempre. Non affrontare un problema
che è destinato a peggiorare, non ci porta a espandere la nostra
zona di comfort (o forse può farlo solo in un primo momento), ma ci
guida verso scenari che potrebbero sfociare in conseguenze dannose
irreversibili o in un rovesciamento
del nostro status quo.
Pensiamo,
ad esempio, a quei matrimoni che vivono perenni incomprensioni o
momenti di crisi. Marito e moglie sopportano (più o meno in
silenzio) i loro malesseri pensando che il problema possa rientrare.
D’altronde, finché si tratta di qualche litigata o scaramuccia,
non è poi così grave. Ma se il litigio o il qui-pro-quo non vengono
risolti e si reiterano, allora ecco che si esce così tanto dalla
zona di comfort che si entra
nella zona di stress, quella che
la neuro scienza definisce “panic
zone”. Il litigio non è più
una breve parentesi nella felicità della vita di coppia, ma la
costante di ogni scambio comunicativo tra i due partner. E così si
finisce col divorziare.
Lo
stesso accade a chi mangia male
e ha uno stile di vita sregolato, per cui continua a ingrassare.
Probabilmente la persona rimanderà il problema ed eviterà di
impegnarsi nel cambiare dieta o fare sport fintanto che quei chili di
troppo sono sopportabili. In inverno, basterà indossare un maglione
un po’ più abbondante e nessuno se ne accorgerà. Ma quando arriva
l’estate e si è chiamati alla prova costume, ecco che gli etti di
troppo di novembre sono diventati chili in eccesso a giugno; il
bikini è troppo piccolo e la pancetta si manifesta in tutta la sua
crudeltà. Ci siamo trascurati. Ecco che allora si ricorre a diete
composte da foglie di insalata e tisane diuretiche. Peccato che ormai
è già estate, alle vacanze in spiaggia manchi poco e nemmeno la
persona con la più ferrea volontà potrebbe sperare di tornare in
forma per tempo.
E
cosa dire di chi si ostenta a
fumare, consapevole della
dannosità del gesto per la propria salute? Il piacere di una
sigaretta avrà sempre la meglio fino a quando non subentrerà un
evento che ci paleserà con tutta la sua forza quello a cui siamo
andati incontro: l’incapacità di fare due piani di scale senza
trovarsi a boccheggiare per il fiatone o un dolore ai polmoni che ci
fa allarmare e andare dal dottore… ci sono decenni di studi
scientifici che evidenziano la correlazione tra fumo e determinate
malattie, eppure il fumatore ignora il rischio reale finché questo
non viene consapevolmente percepito. E spesso serve proprio un evento
shock affinché ciò avvenga.
Allargare la consapevolezza
Come
fare, allora, di fronte a tutte le situazioni in cui non riusciamo a
riconoscere un problema reale e affondiamo la testa sotto la sabbia
come gli struzzi?
La
soluzione è allenare la nostra consapevolezza.
L’uomo
è un essere razionale ed è l’unico animale dotato del senso del
tempo. Comprendere un problema significa inquadrarlo anche in una
prospettiva che va oltre l’oggi. Che conseguenze porterà nel
futuro il permanere di una determinata situazione?
Come e quanto
il problema può ingigantirsi se non interveniamo e non cambiamo il
nostro operato?
“Percepire”
un rischio significa inquadrarlo
nel suo evolvere. Più ragioniamo in termini razionali, con dati
oggettivi e più la nostra percezione sarà reale. Nel caso del
cambiamento climatico, ad esempio, possiamo informarci e ascoltare i
moniti degli scienziati. E poi raffrontarli con la nostra esperienza
reale. Dieci anni fa gli inverni erano indubbiamente più freddi e le
nevicate erano più frequenti. Se paragoniamo l’inverno di 10 anni
fa all’ultimo che abbiamo vissuto e poi proviamo a immaginarci
l’inverno del 2033 in relazione a quello attuale, ecco che sappiamo
in che direzione stiamo andando.
Se
negli ultimi due anni di vita sedentari siamo ingrassati di 8 chili,
probabilmente tra altri due anni saremo obesi.
Se
negli ultimi mesi i problemi al lavoro ci hanno procurato uno stress
crescente e poche soddisfazioni, probabilmente tra qualche settimana
entreremo in uno stato di completo burn-out.
Percezione del rischio e tempo
La
percezione del rischio passa attraverso il
senso del tempo. Quello che
facciamo oggi ha un impatto sul nostro futuro.
Cambiare
oggi può significare uscire dalla nostra zona di comfort ma
garantirci un futuro migliore. Non fare nulla oggi e aspettare che
sia il problema a farci uscire dalla zona di comfort, invece, ci
porta inevitabilmente ad aggravare una situazione.
“Prevenire
è meglio che curare”,
recitava un famoso spot televisivo sulla salute dei denti. Ed è vero
per tutti i nostri problemi. Sviluppare la consapevolezza della
nostra percezione del rischio è la scelta più saggia che possiamo
fare per il nostro futuro. Prima che sia troppo tardi.