Risiko di mezza estate: dopo Mps, occhi su Banco Bpm

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L’annuncio delle possibili nozze tra Unicredit e Mps infiamma la scena politica, accendendo il faro sull’ipotesi-spezzatino. Intanto, resta da sciogliere il nodo Bpm

Il segretario del Pd Enrico Letta ha espresso l’intenzione di non accettare “soluzioni punitive verso il territorio. Chiederemo di tutelare il lavoro di migliaia di persone e delle loro famiglie”

Diffusi i risultati degli stress test condotti da Bce e Eba, tutt’altro positivi per Monte dei Paschi. Nello scenario avverso, per l’istituto senese al 2023 il Cet1 sarebbe addirittura negativo (a -0,1%)

Caso Bpm: negli scorsi mesi i rumors su possibili aggregazioni hanno spinto le azioni del gruppo sui massimi dal 2018, un valore triplicato in confronto ai minimi raggiunti nei momenti più duri della crisi pandemica

Un weekend all’insegna del risiko bancario (e delle rimostranze). L’annuncio dell’avvio delle trattative per una possibile fusione tra Unicredit e Mps ha infiammato la scena politica, accendendo il faro sull’ipotesi-spezzatino. Senza dimenticare i circa 6mila esuberi attesi, che mettono in allerta anche i sindacati.
Il no allo “spezzatino” dell’istituto senese arriva dal leader della Lega, Matteo Salvini, che ricorda la necessità di difendere posti di lavoro e sportelli bancari (specie nei comuni e nei paesi più piccoli) e di difendere il “marchio storico della banca più antica del mondo”. L’obiettivo della Lega, aggiunge, è la “creazione del terzo polo bancario italiano, avvicinando a Mps (con la regia dello Stato) altri istituti emiliani, liguri o pugliesi per poter trasformare Mps nella Banca dei Territori, lasciando a Intesa e UniCredit il ruolo di grandi player”. Poi avverte: “Vendere, o meglio svendere adesso, in queste difficili condizioni di mercato, non ha senso”.
A intervenire sul tema anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che esclude ogni possibile trattativa “senza coinvolgere parti sociali e territorio”. Mps, ricorda, “è una banca che ha un forte valore sociale, oltre che economico, che sta nel rapporto secolare con il territorio” e che la “notizia di una proposta di Unicredit al Tesoro per la sua acquisizione e incorporazione non può essere solo oggetto di valutazioni di mercato economico-finanziario”. Restando sul Pd, in una nota congiunta le capogruppo in Parlamento Deborah Serracchiani e Simona Malpezzi hanno invece esortato il ministro dell’Economia Daniele Franco a riferire “alle commissioni competenti di Camera e Senato” ricordando come sia “indispensabile che il Parlamento venga coinvolto nelle sue sedi opportune”.

Il segretario Enrico Letta, nelle pagine di Repubblica, ha poi espresso l’intenzione del Pd di non accettare “soluzioni punitive verso il territorio”. Chiederemo, dichiara, “di tutelare il lavoro di migliaia di persone e delle loro famiglie, e di salvaguardare l’unità e il prestigio di un marchio storico”. Il Movimento 5 Stelle, ricorda Il Post, si è invece pronunciato sull’opportunità di rafforzare ancora un grande gruppo bancario come Unicredit. Mentre Fratelli d’Italia ha richiesto che l’Unione europea riconosca una proroga del termine entro cui lo Stato è tenuto a cedere le sue quote dell’istituto senese (una richiesta caldeggiata anche dalla Lega).

A far sentire la propria voce, infine, anche i sindacati. Il segretario generale di Unisin-Confsal, Emilio Contrasto, ha ricordato che nonostante l’interesse di Unicredit per un’eventuale acquisizione di Banca Mps sia “sicuramente una notizia importante” bisogna “capirne chiaramente i contenuti. È infatti assolutamente necessario che sia sostenibile oltre che sul piano economico e finanziario anche socialmente: non dovrà avvenire con uno spezzatino che, per i suoi effetti, risulterebbe inevitabilmente indigesto alla clientela, ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali”. Secondo Contrasto, qualsiasi “operazione su Mps dovrà salvaguardare l’integrità dell’azienda” e “non potrà realizzarsi a danno delle lavoratrici e dei lavoratori del gruppo”.

Intanto, nella serata di venerdì sono stati diffusi i risultati degli stress test condotti dalla Banca centrale europea e l’Autorità bancaria europea, tutt’altro positivi per Monte dei Paschi. Nello scenario avverso, per l’istituto al 2023 il Cet1 sarebbe addirittura negativo (a -0,1%). Per Unicredit, invece, si attesterebbe al 9,22%. Non fa meglio Banco Bpm, che vede il Cet1 scivolare dal 13,23% di fine 2020 al 7,01% di fine 2023.

Ed è proprio su Banco Bpm che sono puntati oggi gli interessi degli investitori. Come ricordato dall’Agi, negli scorsi mesi i rumors su possibili aggregazioni hanno spinto le azioni del gruppo sui massimi dal 2018 (sopra i tre euro per titolo), con un valore triplicato in confronto ai minimi raggiunti nei momenti più duri della crisi pandemica. Parallelamente, però, alcuni istituti che avevano manifestato interesse nei suoi confronti, hanno cambiato rotta. Unicredit, dopo l’ipotesi di una maxi-fusione trapelata a fine maggio, ha virato verso Mps, Crédit Agricole ha conquistato Credito Valtellinese, mentre Bper ha convogliato l’attenzione sulle filiali acquisite da Intesa Sanpaolo. Non manca chi crede che Unicredit, dopo aver messo le mani su Mps, torni sul tema, sfidando il colosso-Intesa. Resterà poi da sciogliere anche il nodo Carige, che dagli esiti degli stress test risulta compliant al requisito minimo regolamentare di Cet1 ratio1 fino al 2023.

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