Così scriveva il poeta Ovidio, nelle sue Metamorfosi. E la metafora con il mondo agreste è potentissima. I contadini lo sanno: i campi più produttivi sono quelli che seguono la rotazione triennale: si seminano per due anni e al terzo si lasciano riposare (o si coltivano con culture diverse). Questo permette alla terra di riappropriarsi di tutti i nutrienti (soprattutto minerali) utili per lo sviluppo delle successive piante.
E così è anche per le persone. D’altronde, anche l’uomo risponde alle leggi della natura.
Prendiamo l’ambito sportivo, ad esempio. Ogni preparatore atletico si assicura che il proprio atleta gestisca in modo equilibrato tre aspetti: si alleni bene, mangi bene e riposi bene. Un buon allenamento senza il necessario riposo è in gran parte vanificato, perché i muscoli non sono messi nella condizione di “ripararsi” e “rafforzarsi”. Tanto che la mancanza di riposo porta a prestazioni inferiori o addirittura a infortuni.
Sbaglia chi pensa che il riposo è l’opposto del lavoro e, per questo, non si concede alcun “break”; si sottopone a interminabili maratone al computer, magari consumando pure il pranzo davanti allo schermo, e crede che prendere un caffè o fare una breve passeggiata equivalga a “perdere tempo”.
Durante una pausa, la mente razionale si rigenera, mentre quella inconscia continua a elaborare le informazioni, senza che noi ce ne accorgiamo e senza che ci affatichiamo. Mentre il nostro fisico ricarica le batterie, infatti, il cervello continua nel processo di creatività o risoluzione dei problemi, cosa che non riuscirebbe a fare se lo bombardassimo continuamente di informazioni e non gli lasciamo momenti di “vuoto”.
È per questo motivo che alcune delle idee più brillanti arrivano mentre si sta facendo una passeggiata o mentre si sta cantando sotto la doccia o al termine di una partita di tennis con un collega a fine giornata.
Il riposo è parte fondamentale del lavoro e sarebbe più appropriato concepirlo come un’azione complementare e funzionale al lavoro stesso.
Ciò che conta ai fini della propria produttività (che sia mentale o manuale: le stesse regole valgono per il manager come per il panettiere, per l’ingegnere come per l’insegnante) non è quante ore si lavora, ma quante cose si riesce a fare nel periodo di lavoro. Spesso chi non riposa abbastanza non si rende conto che oltre a diminuire la sua qualità della vita, sta lavorando male, in maniera inefficace, e potrebbe fare di più se solo si fermasse di tanto in tanto a concedere a se stesso un po’ di sano riposo.
1) Programmare blocchi di lavoro e darsi un obiettivo per ogni blocco
C’è chi lavora meglio con blocchi corti e pause breve, e chi invece preferisce blocchi di lavoro più lunghi (mai più di 90 minuti, però!) e pause di conseguenza più generose. L’importante è trovare il proprio ritmo e questo lo si può capire percependo il momento in cui cala l’attenzione. I blocchi di lavoro aiutano a sfruttare al massimo il tempo della produttività, mantenendo costante il focus. Può essere molto utile destinare a ogni blocco di lavoro il raggiungimento di un preciso obiettivo. Ad esempio, se si sta lavorando a una presentazione in powerpoint, si può stabilire il numero di slide da preparare per ogni blocco.
2) Cronometrare le pause
Si fa presto a passare dal non fare pause al… farne troppe! Le pause non devono durare più del necessario, altrimenti sì che diventano perdita di tempo! Un buon metodo può essere quello di cronometrare le pause e mettere un avviso sonoro allo scadere del tempo a disposizione.
3) Scegliere attività distensive
Chi svolge un lavoro mentale, troverà giovamento nel fare un po’ di attività fisica durante la pausa. Basta una passeggiata, anche solo di dieci minuti. Se si lavora davanti al computer, può essere utile fare qualche esercizio di stretching, tipo lo “yoga da ufficio”.
Chi svolge un’attività fisica, potrebbe al contrario trovare giovamento in una pausa dedicata alla lettura.
In molti casi, le interazioni con colleghi sono le pause migliori per staccare la mente e rigenerarsi. Una pausa caffè non è “solo” il caffè ma la relazione con l’altro.
Anche mettere ordine alla propria postazione lavorativa aiuta: è un’attività per molti rilassante o in ogni caso appagante: l’ordine fatto aiuterà ad avere maggiore chiarezza quando si inizierà il successivo blocco di lavoro.
4) Stacco dopo i periodi di stress
Oltre alle pause nella singola giornata di lavoro, è importante anche concedersi qualche giorno di riposo al termine di quei (più o meno lunghi) periodi di intenso lavoro. Ad esempio, se si trascorre tutto il mese di settembre in fermento per presentare e inviare le nuove offerte ai propri clienti, può essere molto utile far seguire a questo periodo intenso almeno un weekend lungo. È il giusto modo per rifiatare e recuperare tutte le energie per ripartire con la giusta carica quando i progetti presentati ai clienti saranno poi analizzati e dovranno essere discussi. Andare in vacanza significa cambiare ambiente e smettere di rispondere alle mail sul cellulare. Più si crea distacco dal lavoro, più la pausa diventa efficace: ciò significa che un solo giorno di stacco (totale) vale come 5 giorni dove lavoriamo solo per mezza giornata.
Insomma l’ozio non è il “padre dei vizi”, ma l’anticamera di una maggiore produttività.