Gli italiani hanno un livello di preparazione sui temi finanziari molto bassa
Il gap di conoscenza si potrebbe colmare sui banchi di scuola ma anche e più facilmente sul campo della consulenza
Conoscenze, comportamenti più o meno virtuosi, attitudini. Analizzando questi fattori si calcola l’alfabetizzazione finanziaria di un soggetto, spiega Marilisa Guida del comitato Edufin e membro supplente per Banca d’Italia. E di conseguenza di un Paese: e in questo l’Italia non brilla, né in confronto con gli altri paesi europei né rispetto agli altri paesi Ocse. Spiega Guida: “L’alfabetizzazione varia a seconda del livello di istruzione, del genere e dell’età. Nel nostro paese si registrano punteggi più elevati tra i più istruiti, negli uomini e nei più adulti”. Poche sorprese, insomma, se non per un fattore: “Gli italiani sono però consapevoli delle loro conoscenze, sanno di non sapere, e tengono quindi comportamenti per lo più prudenti, almeno in potenza”. Sono anche resilienti: è proprio durante questo difficile anno che questa caratteristica dal nome tanto abusato è emersa sul fronte dell’attitudine finanziaria degli italiani. “Il comitato Edufin, in collaborazione con Doxa, a maggio 2020 ha condotto un’indagine volta a sondare gli effetti della pandemia sulla capacità di far fronte allo shock finanziario imprevisto”, prosegue Marilisa Guida. Proprio in quel periodo di forte volatilità “è emerso che c’è una relazione tra cultura finanziaria e resilienza”. I più preparati si sono fatti prendere meno dal panico e hanno tenuto saldo il polso dei propri portafogli.
Colmare il gap
“Il sistema oggi è focalizzato sulle generazioni più mature, ma sono (soprattutto) i giovani a ignorare i concetti basilari della finanza”, prosegue sul tema dell’età anagrafica degli investitori Luca Carlomagno, co-presidente della Bocconi Students Fintech Society. “Molti non conoscono neanche la differenza tra azioni e obbligazioni… E’ necessario comunicare concetti di personal financial management e di educazione al rischio”, nelle aule universitarie ma anche nelle scuole di secondo livello. Prosegue Carlomagno: “A scuola prepariamo i giovani sulla matematica o l’inglese – ma perché non sulla finanza?”. Perché i giovani – e molti adulti – ragionano innanzitutto sul breve termine. La crisi, sanitaria prima ed economica poi, contribuisce ad accorciare l’orizzonte temporale delle famiglie? Fabrizio Fornezza, partner di Eumetra, crede di sì. “Assistiamo a comportamenti antalgici: i risparmiatori, probabilmente spaventati dall’incertezza di questo periodo, si concentrano sullo short term – negli investimenti e nei consumi. La protezione sul breve medio periodo però, non basta”. Che ruolo deve giocare allora la consulenza? “Possiamo dissuadere i comportamenti che guardano solo al breve termine oppure fare leva su questo atteggiamento per far nascere ragionamenti di più ampio respiro, che durino anche sul lungo”, prosegue Fornezza. Senza escludere i banchi di scuola, poco graditi al pubblico più adulto, la prima aula che deve funzionare è quella della consulenza.