Stipendi: ecco la mappa 2023 degli aumenti in busta paga in Italia

Rita Annunziata
30.11.2022
Tempo di lettura: 3'
WTW analizza gli aumenti in busta paga attesi per il 2023. Con un focus su banche e assicurazioni. Gli effetti sul gender pay gap

Monni: “Negli ultimi anni il settore bancario nel suo complesso, in Italia, ha vissuto trend generali di aumento delle retribuzioni piuttosto contenuti. Le previsioni elaborate da WTW per il 2023 restituiscono un incremento del +3,7%”

Tra il 2021 e il 2022 si registra una lieve contrazione del gender pay gap complessivo, che passa dal 14,6% al 14,4% per la retribuzione fissa e dal 16,3% al 15,7% per la retribuzione complessiva per il totale delle aziende analizzate

A un mese dallo scoccare del nuovo anno oltre la metà delle imprese italiane rivede al rialzo le risorse destinate agli aumenti di stipendio. Una quota che si confronta con un 27% che non si attende nessun cambiamento, un 14% che sta ancora valutando eventuali modifiche di budget e un 5% che stima una contrazione. Una nuova analisi condotta da WTW su un campione di 640 aziende appartenenti a diversi settori analizza gli aumenti in busta paga attesi per il 2023. Con un focus anche sulla finanza.


“Negli ultimi anni il settore bancario nel suo complesso, in Italia, ha vissuto trend generali di aumento delle retribuzioni piuttosto contenuti”, spiega a We Wealth Rodolfo Monni, responsabile indagini retributive di WTW. “Tra il 2017 e il 2022 si è sempre mosso nell’ordine +2/+2,5% di incremento del budget programmato per quello che riguarda la componente fissa della retribuzione, differentemente dal mondo assicurativo che ha vissuto anche anni lievemente migliori”. Le previsioni elaborate per il 2023 restituiscono inoltre un incremento generale per le aziende analizzate nell’ordine del +3,9% che si confronta con un +3,7% per il settore bancario. “Nel confronto con i cugini del mondo assicurativo la differenza è più sostanziale, perché il mondo insurance riporterà un aumento medio del +4,4%, vale a dire cinque punti percentuali in più rispetto al mercato generale italiano e sette punti percentuali in più rispetto al bancario”, evidenzia Monni.


A motivare in ogni caso il maggiore incremento atteso per il mondo bancario rispetto agli scorsi anni, precisa l’esperto, concorrerà l’incremento del tasso d’inflazione. “Gli ultimi dati diffusi dall’Istat restituiscono un aumento su base annua dell’11,8%. Nella Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, ndr) il governo ha previsto un’inflazione per il 2022 del 7%. Questo vuol dire che il settore bancario ha vissuto una perdita del potere d’acquisto significativa, nell’ordine del 4,5%”, osserva Monni. “Per il prossimo anno, se le nostre stime saranno ragionevolmente confermate, l’aumento atteso dei livelli di retribuzione fissa del +3,7% per il settore bancario si scontrerà con un 5,5% di tasso d’inflazione. Il che vorrà dire due anni consecutivi di salario reale negativo”.


Stipendi: cos’è accaduto nel 2022 (non solo in finanza)

Ma la finanza rappresenta solo una fetta dell’analisi di WTW. La società di consulenza, come anticipato in apertura, ha coinvolto complessivamente 640 aziende appartenenti a oltre 23 settori (chimica-farmaceutica, elettronica, media, tra gli altri) con 310mila osservazioni individuali che hanno riguardato impiegati e operai nel 67% dei casi, quadri nel 24% e dirigenti nel 9%. Negli ultimi 12 mesi la componente fissa della retribuzione ha conosciuto un incremento medio del +4,3%, il dato più elevato degli ultimi 20 anni. Per gli impiegati si parla del +4,1%, mentre per quadri e dirigenti si registra rispettivamente un +4,4% e un +4,6%. La retribuzione totale annua, invece, è aumentata mediamente del +6,2% con punte del +7,7% per i dirigenti. A registrare gli incrementi più elevati in termini di retribuzione complessiva per distribuzione geografica spiccano Milano (6,9%) e Roma (4,9%). Quanto ai settori, invece, primeggia proprio il settore finanziario con il 9%; sul versante opposto energy & utilities con il 3%.


“Veniamo da anni di crescita retributiva contenuta e lineare, a fronte di un tasso di inflazione basso, dove assistiamo a un aumento fisiologico delle retribuzioni dovuto prevalentemente a scatti di anzianità e aumenti contrattuali, in particolare per le retribuzioni più basse mentre è stato lasciato poco spazio al riconoscimento economico del merito”, conferma Edoardo Cesarini, amministratore delegato di WTW. “Ora però questo modello lineare è messo in crisi dalla crescita molto alta del tasso di inflazione che ha impattato fortemente sulle retribuzioni e ci pone di fronte a un nuovo modello a più variabili e incognite”.


Gender pay gap: forbice sempre più ampia tra i dirigenti

In questo contesto, tra il 2021 e il 2022 WTW registra una lieve contrazione del gender pay gap complessivo, che passa dal 14,6% al 14,4% per la retribuzione fissa e dal 16,3% al 15,7% per la retribuzione totale. Nel dettaglio, 475 aziende hanno fornito informazioni retributive di genere. Nell’87% dei casi la retribuzione fissa media delle donne è inferiore a quella degli uomini. Inoltre, meno di un quarto dei dirigenti e circa un terzo dei quadri è donna. Isolando il 25% delle aziende con una maggiore presenza femminile nella popolazione manageriale, la percentuale di donne dirigenti sale al 37%; sul versante opposto, nel 25% di aziende con una minore presenza femminile nella popolazione manageriale la percentuale di donne dirigenti scivola all’8%. Un ultimo aspetto da considerare è che il divario retributivo di genere per qualifica aumenta al crescere del livello di inquadramento contrattuale, passando dal 4% per gli operai al 10% per i dirigenti. Solo 20 aziende su 100 vantano infine un gender pay gap per qualifica vicino allo zero.

Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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