Gender tax: a che punto siamo?

Tra i primi a proporre tale strumento ci furono gli economisti Alberto Alesina e Andrea Ichino secondo i quali, vista la maggiore elasticità dell'offerta di lavoro femminile rispetto a quella maschile, l'aliquota sul lavoro femminile doveva essere inferiore
Per alcuni autori un sistema esplicitamente basato sul genere potrebbe essere interpretato di dubbia costituzionalità rispetto alla parità di trattamento prevista dall'art. 3 della Costituzione
Secondo l'Osservatorio Cpi, esistono delle alternative in grado di stimolare l'occupazione femminile. Innanzitutto, un alleggerimento fiscale per il secondo percettore di reddito. Ma anche sussidi vincolati all'occupazione
Una tassazione di genere
Come spiega un'analisi dell'Osservatorio conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli, la “gender tax” consiste in una tassazione agevolata dei redditi da lavoro per le donne. Tra i primi a proporre tale strumento ci furono nel 2007 gli economisti Alberto Alesina e Andrea Ichino che, in un lavoro poi rivisto nel 2011, “sostennero che, vista la maggiore elasticità dell'offerta di lavoro femminile rispetto a quella maschile (dovuta nel loro lavoro a un'allocazione dei lavori domestici all'interno della famiglia che favorisce il marito), l'aliquota sul lavoro femminile dovrebbe essere inferiore, coerentemente con il principio di tassazione ottimale per cui le basi fiscali che sono più elastiche alla tassazione dovrebbero essere tassate meno”. Tra l'altro, secondo i due autori, la gender tax potrebbe contribuire a ridurre il gap di genere in termini di offerta di lavoro, salario e formazione anche attraverso altre misure, dai congedi parentali alle quote rosa, e “senza alcun effetto sul deficit, compensando una minore tassazione per le donne con una maggiore tassazione per gli uomini”.
Le alternative sul piatto
Secondo l'Osservatorio Cpi, esistono tuttavia delle possibili alternative (indipendenti dal genere) in grado di stimolare l'occupazione femminile. Innanzitutto, il sopracitato ostacolo dell'incostituzionalità potrebbe essere aggirato con un alleggerimento fiscale per il secondo percettore di reddito (dato che solitamente si tratta di donne, questa misura “faciliterebbe comunque di fatto il lavoro femminile”, si legge nell'analisi). Una proposta che è emersa nel 2016 in un working paper degli economisti del Fondo monetario internazionale, ma similmente anche in un lavoro di Jaumotte del 2003 e di Saint Paul nel 2007. Quest'ultimo, in particolare, sosteneva che “la diversa capacità di guadagno tra i membri di una coppia genera una differenza nelle elasticità delle ore di lavoro marginali e inframarginali”. Motivo per cui risulterebbe ottimale “tassare di più le ore di lavoro inframarginali, cioè quelle del primo percettore di reddito con maggiore capacità di guadagno e applicare, invece, un'aliquota più bassa alle ulteriori ore di lavoro”, incentivando in questo modo il secondo percettore a iniziare a lavorare o a lavorare di più.