Gaming e scommesse sportive: vincono tutti tranne i giocatori

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Il gaming fa sempre discutere. La filiera del gioco lecito è diventata un’irrinunciabile fonte di approvvigionamento per il Fisco. Perché il business delle scommesse interessa tanti soggetti e qual è il giro d’affari che c’è dietro?

Tutti, almeno una volta nella vita, hanno tentato la fortuna scommettendo denaro sul verificarsi di un evento futuro. La scommessa può riguardare partite di calcio, gare automobilistiche, corse di cavalli, l’esito di elezioni politiche o, addirittura, la data di caduta di un governo. Si può puntare sull’esito finale o parziale di un evento, sul risultato esatto, sul numero di punti realizzati e, altresì, sul verificarsi di uno o più avvenimenti durante lo svolgimento dell’evento (come, ad esempio, la concessione di un calcio di rigore, la mancata finalizzazione dello stesso, l’infortunio di uno o più giocatori etc.).

Con la legalizzazione del gioco si è assistito, da un lato, alla proliferazione incontrollata di agenzie, corner e punti di commercializzazione deputati alla raccolta fisica delle scommesse. Dall’altro, alla dilagante diffusione del gioco online, che ha esteso l’offerta dei giochi e consentito ai giocatori di scommettere in qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi luogo.

Perché il business delle scommesse interessa tanti soggetti?

La ragione, banalmente, ha natura economica. Basti pensare che nel 2019, il solo settore delle sole scommesse ha generato un  volume di gioco pari a oltre 13 miliardi di euro. Il trend, che anche nei mesi di gennaio e febbraio del 2020 ha registrato una crescita rispetto all’anno precedente, è stato arrestato dall’emergenza epidemiologica che, con il primo e il secondo lockdown, ha determinato la chiusura dell’attività per un periodo di tempo prolungato. Nonostante la flessione del primo semestre del 2020, imputabile alla sospensione degli eventi sportivi piuttosto che al periodo di chiusura imposto alle sale, già dal secondo semestre del 2020 si è registrata una netta ripresa che ha riportato la spesa ai normali standard. La sospensione della raccolta fisica, infatti, ha semplicemente veicolato i giocatori verso la raccolta a distanza e determinato vertiginosi aumenti delle giocate effettuate online. La spesa totale per le scommesse sportive online, nel 2020, ha così raggiunto la cifra record di 1 miliardo di euro, con un incremento di oltre il 37,5% rispetto all’annualità precedente.

Quali sono i rischi per i bookmaker?

Le scommesse a libro su eventi sportivi prevedono una quota di vincita predeterminata al momento della giocata. La vincita potenziale può essere determinata in anticipo, in quanto derivante dalla moltiplicazione dell’importo giocato per la somma delle quote degli eventi correttamente pronosticati.
L’attività delle scommesse a quota fissa si basa principalmente su modelli matematico-probabilistici attraverso i quali si determinano le quote dei risultati dei vari eventi.
A ben vedere, dunque, i bookmaker non corrono alcun rischio. La quota, infatti, viene determinata sulla base degli importi scommessi dai giocatori. Prendendo, ad esempio, una scommessa relativa a una partita di calcio tra Inter e Roma, poniamo che il bookmaker abbia incassato scommesse per un totale di 2000 euro: 1000 euro sulla vittoria dell’Inter, 500 euro sulla vittoria della Juventus e 500 euro sul pareggio. Assegnando quota 2 alla vittoria dell’Inter, 4 al pareggio e 4 alla vittoria della Roma, il bookmaker si troverebbe in una situazione di perfetta parità. Nel caso in cui, invece, lo stesso assegnasse quota 1,8 alla vittoria dell’Inter e 3,6 alle altre due opzioni, otterrebbe dall’evento un profitto certo di 200 euro. A prescindere, cioè, dall’esito della partita. Tuttavia, atteso che prima dell’inizio dell’evento il bookmaker non può sapere con esattezza l’importo che sarà puntato sulle varie opzioni di risultato, dovrà procedere a una stima iniziale sulla base dei dati rilevati in relazione ad eventi analoghi e monitorare attentamente le giocate in modo da poter modificare le quote. Le quote, dunque, oltre a rappresentare una proiezione delle stime dei bookmakers sulle puntate degli scommettitori, costituiscono anche una modalità di indirizzo delle puntate: è evidente, infatti, che, sebbene un determinato evento sia altamente improbabile, lo scommettitore potrà essere invogliato alla sua puntata laddove dallo stesso derivi una vincita molto consistente. Prendendo ad esempio un’altra partita di calcio, questa volta tra Inter e Foggia, nel caso in cui tutti gli scommettitori puntassero sulla vittoria dell’Inter, il bookmaker abbasserebbe al massimo la quota attribuita a tale evento fissandola intorno all’1,02, rendendo ben più appetibile per i giocatori scommettere sul pareggio o addirittura sulla vittoria del Foggia le cui quote potrebbero essere fissate addirittura in misura pari a 6 e 8.
Un po’ quello che accade in autostrada con il famoso gioco delle tre carte!

Perché lo Stato ha legalizzato il gioco d’azzardo nonostante i potenziali rischi sociali?

Tralasciando, per ovvi motivi, le annualità 2020 e 2021, come evidenziato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nel “Libro blu per il 2019”, il volume di denaro giocato in Italia nel 2019 si è attestato sui 110,54 miliardi di euro e ha generato, al netto del pay-out restituito ai giocatori, un utile netto di 19,45 miliardi di euro dei quali, 11,4 miliardi di euro rappresentano incassi erariali. Il gaming, si sa, fa sempre discutere. Le possibili degenerazioni criminali e le derive patologiche cui sono costantemente esposti i giocatori hanno da anni consentito al legislatore di attingervi ininterrottamente, senza il benché minimo sdegno da parte dell’opinione pubblica. La filiera del gioco lecito, così, è diventata un’irrinunciabile fonte di approvvigionamento per il Fisco.

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