I più alti livelli di leadership aziendale continuano a essere dominati dagli uomini: il 64% dei dirigenti sono uomini bianchi contro il 23% delle donne bianche, lasciando solo il 9% delle posizioni dirigenziali agli uomini di colore e appena il 4% alle donne di colore
Il sotto-settore della gestione patrimoniale risulta maggiormente in ritardo nella rappresentanza al femminile su quasi tutti i livelli. Desta preoccupazione soprattutto la presenza di donne di colore, che dal 2018 è scivolata a livelli critici
Quanto alle banche, tornando a McKinsey, le donne rappresentano il 53% della forza lavoro all’entry-level ma meno di un terzo a livello di senior vice president e C-suite. In particolare, quasi un dipendente su quattro all’entry-level è una donna di colore, mentre si parla di uno su 20 nella C-suite. Il settore assicurativo spicca con il 66% di donne all’entry-level, sebbene prevalentemente bianche. Quelle di colore, invece, superano appena il 7%, anche se si tratta comunque della percentuale più elevata nel settore dei servizi finanziari. Chiude il cerchio il settore dei pagamenti, che soffre la quota più bassa di donne nell’entry-level, tra i manager e tra i senior manager, mentre è il più vicino alla parità di genere nella C-suite (il 39% sono donne). Inoltre, le donne di colore rappresentano il 9% dei dirigenti, il livello più alto nell’intero settore.
Questi dati, come anticipato in apertura, riflettono la presenza di un “gradino rotto” nel passaggio dall’entry-level e alle posizioni manageriali. Le donne, infatti, hanno significativamente meno probabilità degli uomini di essere promosse (appena 86 donne vengono promosse a manager ogni 100 uomini), il che si traduce in un impatto negativo a lungo termine sulla loro capacità di avanzare verso le posizioni di leadership. “Quando le donne non vengono promosse ai livelli junior, è difficile poi uniformare la diversità di genere ai livelli più alti”, spiegano gli esperti di McKinsey, in quanto “il divario diventa semplicemente troppo grande per essere recuperato”.
Intanto, c’è da dire che le società attive nel settore dei servizi finanziari sembrerebbero aver aiutato molto di più i propri dipendenti a superare la crisi pandemica rispetto alle aziende americane in generale. Mentre il 47% delle donne intervistate nello studio Women in the workplace ha riferito di aver ricevuto un maggiore sostegno nell’ultimo anno, per i servizi finanziari si parla del 59%. Inoltre, il 28% delle donne in generale dichiara di aver ottenuto ferie aggiuntive o permessi retribuiti, rispetto al 42% nei servizi finanziari. Una differenza, secondo gli esperti, in parte dovuta al fatto che il settore dei servizi finanziari “era già ben posizionato nel passare al lavoro a distanza ed è stato in grado di evitare il peggio delle ricadute economiche della pandemia”. Ciò spiegherebbe per di più i motivi per cui le donne della finanza sono anche leggermente meno propense a considerare di lasciare la propria azienda (il 28% contro il 33% del cluster generale). In questo contesto, sono due gli elementi di cui sembrerebbero aver bisogno: flessibilità e supporto manageriale. Il 45% delle donne afferma di voler continuare a lavorare da remoto, contro il 36% degli uomini. Gli uomini, però, hanno il 76% di probabilità in più di dichiarare una certa flessibilità da questo punto di vista e il 29% afferma che non è un grosso problema chiederne di più. Per le donne, in quest’ultimo caso, si parla del 19%. Anche perché temono di danneggiare la propria carriera.