La nuova investment bank americana di Credit Suisse, CS First Boston, potrebbe contare sul supporto del principe ereditario e primo ministro saudita, Mohammed Bin Salman. Secondo fonti citate dal Wall Street Journal, il principe dell’Arabia Saudita starebbe “considerando un investimento” da 500 milioni di dollari. La stessa Credit Suisse aveva citato nei giorni scorsi un impegno finanziario assunto da un investitore internazionale il cui nome, però, era rimasto riservato.
Nel complesso, lo scorporo di CS First Boston dalla banca svizzera avrebbe attirato potenziali investimenti per 1 miliardo di dollari, riconducibili anche a una società di private equity guidata da Barclays e da altri investitori statunitensi, fra cui la Atlas Merchant Capital del banchiere Bob Diamond – già presidente e ceo della CS First Boston Pacific negli anni Novanta, prima di passare alla stessa Barclays, nell’esperienza che poi lo vide coinvolto nello scandalo sulla manipolazione del tasso Libor.
La nuova entità di investment banking, che sarà guidata dal manager Michael Klein, potrebbe però impiegare circa due anni prima di poter completare lo spin-off da Credit Suisse, ha suggerito il presidente del gruppo Axel Lehmann. L’obiettivo è quello di separare CS First Boston dalla capogruppo, colpita da forti perdite proprio nel ramo dell’investment banking (i cui ricavi sono scesi del 58% nel terzo trimestre) potendo contare su un bilancio pulito e riesumando lo stesso brand con il quale Credit Suisse avviò una proficua partnership nel 1978.
Sarebbe stata proprio la presenza di Klein come ceo designato ad aver avvicinato il principe ereditario Mohammed Bin Salman all’operazione, hanno suggerito le fonti del Wsj, dal momento che il manager era gia stato consigliere del Paese in occasio della grossa quotazione della compagnia petrolifera statale Saudi Aramco.
La vicenda di mercato di Credit Suisse
Il titolo Credit Suisse è avanzato con decisione nella prima parte della seduta del 5 dicembre, arrivando a guadagnare oltre il 6% e proseguendo il recupero avviato venerdì scorso. A innescare il recupero erano state le dichiarazioni del presidente Axel Lehmann, per il quale i deflussi che avevano colpito la banca svizzera si sarebbero interrotti avviando un’inversione di tendenza. Dall’inizio di ottobre Credit Suisse aveva riportato prelievi da 67,4 miliardi dal suo ramo di wealth management, innescati dal timore sulla sua stabilità finanziaria. Il mese scorso lo stesso istituto aveva previsto per il quarto trimestre un nuovo rosso da 1,6 miliardi di dollari. Da inizio anno al 5 dicembre (a seduta non ancora conclusa) il titolo Credit Suisse ha perso oltre il 64% del suo valore, contro un calo del 7,4% registrato dall’indice di riferimento settoriale Euro Stoxx Banks.
Proprio per far fronte alle sue necessità finanziarie, Credit Suisse ha avviato un aumento di capitale da 4 miliardi di franchi (4,2 miliardi di dollari) la cui componente riservata agli investitori istituzionali si è conclusa con un emissione da 1,76 miliardi di franchi. Fra le banche che sono entrate nell’azionariato di Credit Suisse al termine dell’operazione c’è proprio la Saudi National Bank, che ora detiene una quota dell’istituto svizzero pari al 9,9%. Non è ancora chiaro se l’investimento di Mohammed Bin Salman in CS First Boston sarà effettuato tramite la banca nazionale, controllata in gran parte dal governo saudita.
Un eventuale coinvolgimento delle finanze del governo saudita nel rilancio di Credit Suisse negli Usa sarebbe in qualche modo coerente con la politica di diversificazione degli investimenti promossa da tempo dal principe ereditario, promotore dell’allontanamento del modello saudita basato esclusivamente sul petrolio. Esempi di questa linea sono stati, ad esempio, l’acquisto del club calcistico di Newcastle e partecipazioni in Uber, Citigroup e Twitter.