Credit Suisse giù dopo lo sgambetto dei Sauditi. Cosa succede ora

Rita Annunziata
15.3.2023
Tempo di lettura: 3'
Le azioni di Credit Suisse cedono il 24% a 1,70 franchi nella seduta di mercoledì, dopo che la Saudi National Bank ha escluso un’ulteriore iniezione di liquidità nell’istituto svizzero

Il presidente della Saudi National Bank, Ammar Al Khudairy, ha citato ragioni “regolatorie e statutarie” dietro la decisione di non ricapitalizzare la partecipata con ulteriori risorse

La Snb è diventata la maggiore azionista di Credit Suisse alla fine dello scorso anno, dopo aver acquistato una partecipazione del 9,9%

Credit Suisse crolla in Borsa per l’ottava seduta consecutiva, dopo che l’azionista Saudi National Bank (Snb) ha escluso un’ulteriore iniezione di liquidità nella banca. Il titolo dell’istituto elvetico, dopo aver toccato un nuovo minimo storico arrivando a perdere anche il -30% del proprio valore, ha lasciato sul terreno 24,24 punti percentuali. Solo 24 ore prima aveva annunciato che il suo revisore dei conti, PwC, aveva identificato “debolezze sostanziali” nei controlli sulle sue relazioni finanziarie degli ultimi due anni a causa di controlli inefficaci.


In un’intervista rilasciata a Bloomberg TV, il presidente della Snb Ammar Al Khudairy ha citato ragioni “regolatorie e statutarie” dietro la decisione di non ricapitalizzare la partecipata con ulteriori risorse. A margine di una conferenza a Riyad ha inoltre dichiarato a Reuters che la banca nazionale saudita è soddisfatta del piano di ristrutturazione lanciato dall’istituto svizzero, definendolo “molto forte” e spiegando come non abbia bisogno di “soldi extra”. L’obiettivo di investimento della Snb, ha aggiunto, non “dipende dal tempo”. La banca saudita “uscirà quando le azioni avranno raggiunto il giusto valore”.


La Snb è diventata la maggiore azionista di Credit Suisse alla fine dello scorso anno, dopo aver acquistato una partecipazione del 9,9% a seguito dell’aumento di capitale da quattro miliardi di franchi lanciato dall’istituto elvetico, impegnandosi a investire fino a 1,5 miliardi di franchi svizzeri. Al suo fianco la Qatar Holding, che in quella stessa occasione aveva portato la sua quota sopra il 5%. Senza dimenticare infine, sempre sul fronte mediorientale, l’asset manager Olayan Group (che aveva aderito per il 4,9%).


Le fibrillazioni in Borsa proseguono dal 6 marzo. La seduta di martedì, come anticipato in apertura, era stata condizionata dall’ammissione della banca in merito all’esistenza di “debolezze sostanziali” nelle sue comunicazioni finanziarie degli ultimi due anni. Nel suo rapporto annuale - pubblicato in ritardo dopo il rinvio causato da una segnalazione dell’ultimo minuto della Securities and exchange commission (Sec) circa la valutazione tecnica delle revisioni precedentemente comunicate dei flussi di cassa consolidati negli esercizi 2020 e 2021 - Credit Suisse ha dichiarato che il management non ha “progettato un efficace processo di valutazione del rischio per identificare e analizzare inesattezze materiali nei suoi bilanci”; precisando tuttavia come i risultati del 2022 non fossero stati influenzati. Sempre nella stessa giornata, come riportato dal Financial Times, l’amministratore delegato Ulrich Körner ha precisato che il feedback della Sec faceva parte di un “dialogo più ampio” tra le due parti sulla questione. “Come ci si aspetterebbe da noi, stiamo affrontando la questione con forza e con azioni appropriate”, aveva aggiunto. 


Intanto, i credit default swap (certificati di assicurazione sull’insolvenza) della banca svizzera stanno per toccare la soglia critica dei 1.000 punti, mettendo in discussione la continuità aziendale del gruppo. Credit Suisse è da anni nell’occhio del ciclone, tra scandali e giri di poltrona. Dopo aver archiviato i primi nove mesi dello scorso anno con un rosso da 5,9 miliardi di franchi svizzeri, ha alzato il velo su un piano di rilancio che punta a un taglio dei costi del 15% entro il 2025 e una riduzione dell’organico di 9mila unità, oltre a una profonda ristrutturazione dell’investment bank e una contrazione del 40% degli asset ponderati per il rischio (o Rwa). Ad ogni modo, la “bufera” saudita ha travolto anche le altre banche europee. Le azioni di Bnp Paribas scivolano del -10,24% nella seduta di mercoledì, quelle di Société Générale del 12,08%; per Ing si parla del 9,79%, mentre per Deutsche Bank del 9,62%. Seguono UniCredit con il 9,06%, Banco Bpm (7,13%) e Intesa Sanpaolo (6,85%). Stando a quanto risulta al FT, Credit Suisse, dal canto proprio, ha chiesto alla Banca nazionale svizzera e alla Finma (l’autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari) una pubblica dimostrazione di sostegno a favore del gruppo.

Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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