A fine 2019 in Italia c’erano 33 fondi negoziali, 41 fondi aperti, 70 piani individuali pensionistici (Pip) e 235 fondi preesistenti
Gli uomini rappresentano il 61,9% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73,4% sono indirizzati ai fondi negoziali). Le donne rimangono dunque ancora indietro, rispettando la tradizione ormai consolidata da anni
Il report sottolinea anche come gli uomini rappresentano il 61,9% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73,4% sono indirizzati ai fondi negoziali). Le donne rimangono dunque ancora indietro, rispettando la tradizione ormai consolidata da anni. Oltre a una diversità di genere continua a esserci anche un gap generazionale. E infatti la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più vicine al pensionamento. Il 52,9% degli iscritti ha infatti tra i 35 e i 54 anni e il 29,5% almeno 55 anni. Le fasce più giovani non sono dunque minimamente presenti. Per quanto riguarda l’area geografica, il report, sottolinea come la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del nord (57%).
Se si sposta il focus sulle risorse accumulate dalle varie forme pensionistiche complementari, si nota come a fine 2019 queste siano state pari a 185 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2018). Somma da non sottovalutare dato che risulta essere pari al 10,4% del Pil e al 4,2% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. I contributi incassati nell’anno sono stati pari a 16,2 miliardi di euro: 5,3 miliardi provengono dai fondi negoziali (+5,3%), 2,2 dai fondi aperti (+8,2%), 4,5 dai nuovi Pip (+4,9%) e 4,2 dai fondi preesistenti. Il report sottolinea anche come i contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.700 euro nell’arco dell’anno. Il 25% degli iscritti contribuisce con meno di 1.000 euro. La percentuale sale al 30,6% nei fondi negoziali per effetto di un’ampia platea di lavoratori che versano il solo contributo contrattuale. Il 14,9% degli iscritti versa invece tra 1.000 e 2.000 euro e il 10,8 % tra 2.000 e 3.000 euro. Gli iscritti che nel corso dell’anno non hanno effettuato versamenti contributivi sono complessivamente 2,2 milioni (26,4 % del totale rispetto al 2018). La metà, 1,1 milioni di soggetti, non versa invece contributi da almeno quattro anni.
Ma dove vengono allocati gli investimenti fatti dai fondi pensione? Se si escludono le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi interni, si nota la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito (58%, con un calo di 0,8 punti percentuali rispetto al 2018). Di questi il 20,6% sono titoli di debito pubblico italiano (contro il 21,2 nel 2018). In aumento al 18,9% ci sono invece i titoli di capitale (erano il 16,5% del 2018) e le quote di Oicr, che balzano dal 13,8 al 14,8%. I depositi si attestano al 6,5%. E gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, sono circa il 2,2% del patrimonio (-0,5 % rispetto al 2018). Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 40,3 miliardi di euro. La parte da leone è fatta dai titoli di Stato che rappresentano la quota maggiore (30,9 miliardi di euro). Gli impieghi in titoli di imprese domestiche rimangono dunque marginali, riflettendo anche la struttura del tessuto industriale italiano e il livello complessivamente limitato della capitalizzazione del mercato azionario nazionale.