Consulenti e competenze: il voto migliore è il peggiore

12.4.2022
Tempo di lettura: 3'
Le competenze sono l'elemento distintivo che azzera le distanze tra le persone e la dimensione dei portafogli. Com'era il vostro primo supervisore che ha guidato la vostra crescita? Molto spesso, il voto migliore è proprio il peggiore
Se qualcuno dovesse domandarvi “qual è il voto che più vi ha segnato durante gli anni di scuola”, pensereste subito a un bel 9, a un 10 oppure a un tragico 3? E se a quel voto associaste una persona, oltre a dire “Ce l'aveva con me” a cos'altro pensereste, o meglio quali emozioni provereste ancora oggi a riguardo?
Mi capita spesso di pormi queste domande e la risposta è sempre la stessa: il mio ricordo più immediato è un bel 3 in italiano preso alle superiori per un tema svolto e corredato dal commento della professoressa Sailer (di origini austriache): “Giacomelli cosa pensi di fare da grande? Ti rendi conto che non sai neanche esprime i concetti più basilari in maniera degnamente comprensibile? Vuoi far parte di questa società o essere un emarginato?”
Quella frase mi ha segnato, è stato come il gong che segna l'inizio di un incontro di pugilato, dove avevo lei come avversario e volevo dimostrarle che si sbagliava. Quando all'esame di maturità presi, per me, un fantastico 8 nella prova scritta di italiano ho capito il vero valore del giudizio della mia professoressa e il gran lavoro che aveva fatto in quei due anni per stimolarmi e farmi crescere anche contro la mia volontà e com'era riuscita a pigiare i tasti giusti.
Vi starete chiedendo perché vi ho raccontato questa storia. Molto spesso noi manager di rete siamo alla ricerca del consenso per cercare di ottenere più seguito (rafforzare la leadership), a volte ci relazioniamo con chi ha il portafoglio più consistente come fossimo dei loro assistenti, “viziandoli”, temendo le loro reazioni… “Mi raccomando quello lì trattalo con i guanti, ha 100 milioni di portafoglio e se va via è una tragedia”. Senza però pensare che “quello lì” nella sua vita forse si ricorda del suo primo supervisore che ha guidato la sua crescita all'occorrenza anche con qualche “strigliata”, pur di trasmettergli valore aggiunto: prima formativo e poi stimolante, così da essere, quindi, per lui prima maestro e poi coach.
Un vincente così determinato e dal carattere forte (altrimenti non avrebbe quel portafoglio) ha comunque bisogno di incontrare manager che possano tenergli testa, che riescano a muovere le giuste leve che lo stimolino a migliorarsi e ad arrivare a 500 milioni! Perché i limiti sono solo nella nostra testa: “Per compiere grandi cose non dobbiamo solo agire, ma anche sognare, non solo pianificare, ma credere”, come disse Anatole France, scrittore e premio Nobel per la letteratura.
Mi capita spesso di pormi queste domande e la risposta è sempre la stessa: il mio ricordo più immediato è un bel 3 in italiano preso alle superiori per un tema svolto e corredato dal commento della professoressa Sailer (di origini austriache): “Giacomelli cosa pensi di fare da grande? Ti rendi conto che non sai neanche esprime i concetti più basilari in maniera degnamente comprensibile? Vuoi far parte di questa società o essere un emarginato?”
Quella frase mi ha segnato, è stato come il gong che segna l'inizio di un incontro di pugilato, dove avevo lei come avversario e volevo dimostrarle che si sbagliava. Quando all'esame di maturità presi, per me, un fantastico 8 nella prova scritta di italiano ho capito il vero valore del giudizio della mia professoressa e il gran lavoro che aveva fatto in quei due anni per stimolarmi e farmi crescere anche contro la mia volontà e com'era riuscita a pigiare i tasti giusti.
Vi starete chiedendo perché vi ho raccontato questa storia. Molto spesso noi manager di rete siamo alla ricerca del consenso per cercare di ottenere più seguito (rafforzare la leadership), a volte ci relazioniamo con chi ha il portafoglio più consistente come fossimo dei loro assistenti, “viziandoli”, temendo le loro reazioni… “Mi raccomando quello lì trattalo con i guanti, ha 100 milioni di portafoglio e se va via è una tragedia”. Senza però pensare che “quello lì” nella sua vita forse si ricorda del suo primo supervisore che ha guidato la sua crescita all'occorrenza anche con qualche “strigliata”, pur di trasmettergli valore aggiunto: prima formativo e poi stimolante, così da essere, quindi, per lui prima maestro e poi coach.
Un vincente così determinato e dal carattere forte (altrimenti non avrebbe quel portafoglio) ha comunque bisogno di incontrare manager che possano tenergli testa, che riescano a muovere le giuste leve che lo stimolino a migliorarsi e ad arrivare a 500 milioni! Perché i limiti sono solo nella nostra testa: “Per compiere grandi cose non dobbiamo solo agire, ma anche sognare, non solo pianificare, ma credere”, come disse Anatole France, scrittore e premio Nobel per la letteratura.
Ed ecco che le competenze tornano a essere l'elemento distintivo che azzera le distanze tra le persone e la dimensione dei portafogli, dando la possibilità di lavorare su elementi più profondi e necessari a qualsiasi tipo di professionista. Anche saper evidenziare i punti di debolezza è una competenza, oggi identificata come soft skill, mentre supportare un consulente finanziario senior in affiancamento a un cliente molto complesso, possiamo definirlo hard skill. Un manager/ leader deve maturarle entrambe coniugando bene esperienza e studio, deve saper creare squadra coinvolgendo tutti a prescindere dalle dimensioni del portafoglio creando quella sintonia tra le persone che dà il via a una magia chiamata effetto alone.
Un canto popolare brasiliano insegna: “Quando uno sogna da solo, è soltanto un sogno, quando si sogna insieme è la realtà che comincia”. Cerchiamo di essere noi, per i nostri coordinati, il professore che inizialmente può sembrare cattivo, dando anche un brutto voto, ma che poi nel tempo dimostrerà di essere stato l'aiuto più prezioso della loro vita professionale.
Un canto popolare brasiliano insegna: “Quando uno sogna da solo, è soltanto un sogno, quando si sogna insieme è la realtà che comincia”. Cerchiamo di essere noi, per i nostri coordinati, il professore che inizialmente può sembrare cattivo, dando anche un brutto voto, ma che poi nel tempo dimostrerà di essere stato l'aiuto più prezioso della loro vita professionale.