Con il termine whistleblowing si intende uno strumento di compliance aziendale che consente di effettuare segnalazioni anonime che permettano all’ente di individuare e gestire eventuali comportamenti che possano configurarsi come reati
Le aziende che rientrano nel perimetro di applicazione della normativa sono tenute a predisporre appositi canali di segnalazione interni che garantiscano la riservatezza dell’identità del segnalante
Nuove regole sul whistleblowing in dirittura d’arrivo. Il 9 marzo 2023 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto che recepisce la direttiva (Ue) 2019/1937 del Parlamento e del Consiglio europeo sulla segnalazione di condotte illecite che ledano l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, tutelando l’anonimato del segnalante. A partire dal 15 luglio 2023 dovranno adeguarsi tutte le aziende che, nell’ultimo anno, abbiano impiegato in media 50 lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato) sia quelle che, pur non avendo raggiunto la media di 50 lavoratori, rientrano nell’ambito di applicazione degli atti del diritto dell’Unione occupandosi di servizi, prodotti e mercati finanziari oltre che di prevenzione del riciclaggio e finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente e quelle che adottano modelli di organizzazione e gestione in base al Dlgs 231/2001. Solo per i soggetti che hanno impiegato tra i 50 e i 249 lavoratori nell’ultimo anno, la decorrenza slitta al 17 dicembre. Ma cosa cambia?
Whistleblowing: cos’è
Partiamo da una definizione. Con il termine whistleblowing si intende uno strumento di compliance aziendale che consente ai soggetti (definiti “whistleblower”) di effettuare segnalazioni anonime che permettano all’ente di individuare e gestire eventuali comportamenti che possano configurarsi come reati o come “mere irregolarità che contrastino con un interesse pubblico”, come si legge sul sito dell’Anac. Le aziende che rientrano nel perimetro di applicazione della normativa sono tenute a predisporre appositi canali di segnalazione interni che garantiscano “anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione”, cita l’art. 4 dello schema di decreto.
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Le novità per le imprese
Tali canali possono essere gestiti autonomamente dalle imprese tramite un soggetto adeguatamente formato o un ufficio aziendale interno, oppure possono essere affidati a soggetti esterni purché si avvalgano anch’essi di soggetti specificamente formati in merito alla gestione dei canali di segnalazione. Inoltre, le aziende dovranno divulgare informazioni chiare in merito alle procedure di segnalazione, sul proprio sito internet o comunque accessibili sul luogo di lavoro. I whistleblower, dal proprio canto, potranno fornire le proprie segnalazioni in forma scritta (anche attraverso strumenti informatici), in forma orale (anche attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica dedicati) o durante incontri in presenza. Possono effettuare le segnalazioni sia coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, sia coloro che non hanno ancora avviato un rapporto di lavoro, che stiano attraversando un periodo di prova o che abbiano chiuso un rapporto di lavoro.
Sanzioni fino a 50mila euro
Il segnalante dovrà godere di totale anonimato e, entro sette giorni dalla segnalazione, ottenere un avviso di conferma della segnalazione ricevuta e, entro tre mesi, un feedback in merito agli sviluppi della procedura. Vengono considerate segnalazioni legittime quelle che riguardano illeciti di natura amministrativa, contabile, civile o penale che ledano l’interesse pubblico o l’integrità della pubblica amministrazione o dell’ente privato. Le aziende che non si adegueranno tempestivamente alle nuove regole, potranno incorrere in sanzioni amministrative pecuniarie (irrogate dall’Anac) che oscillano tra:
- 5mila e 30mila euro se si tratta di attività che ledono il segnalante, ovvero qualora venga dimostrato che il soggetto segnalato abbia ostacolato o cercato di ostacolare la procedura di segnalazione o qualora venga violato l’obbligo di riservatezza;
- e tra i 10mila e i 50mila euro qualora non vengano attivati i canali di segnalazione o le procedure necessarie alla gestione delle segnalazioni; a rischio anche i soggetti che non attuino le opportune verifiche delle segnalazioni pervenute.