Alcune fra le maggiori banche attive in Italia hanno reso noti i requisiti patrimoniali fissati dalla vigilanza Bce, evidenziando un ampio scarto che dovrebbe ispirare serenità in vista di un atteso deterioramento dei crediti nei prossimi mesi. “Le banche dell’area dell’euro hanno livelli di capitale confortevoli, il che contribuisce a ridurre i rischi collaterali di una politica monetaria più restrittiva sulla stabilità finanziaria”: queste le parole, abbastanza rassicuranti, che la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha utilizzato in conferenza stampa il 15 dicembre. Un messaggio cui ha fatto da contraltare il vicepresidente Luis De Guindos, per il quale sarà importante tenere conto non solo dei margini più favorevoli di cui le banche potranno godere nell’immediato, ma anche del deterioramento dell’economia in arrivo e dell’impatto che lo stesso rialzo dei tassi avrà sul funding.
Il contesto difficile in vista del 2023
Pochi giorni prima la stessa Bce aveva messo in luce, in un documento che delineava le priorità della sua attività di supervisione nel 2023, come sarebbero aumentate le “ispezioni mirate” su alcune delle grandi banche dell’Eurozona. Il motivo: ci sono rischi crescenti sulle attività di credito legati ad alcuni settori particolarmente esposti all’attuale fase economica, ossia le imprese energivore, i mutui residenziali e l’immobiliare commerciale. Inoltre, alcuni istituti potrebbero rimpiazzare con più fatica la fine delle Tltro, i finanziamenti agevolati che la Bce ha concesso alle banche durante la fase pandemica per sostenere il credito e, dunque, l’inflazione. “Nel breve termine, siamo preoccupati per le ripercussioni del contesto macroeconomico e delle dinamiche dei mercati finanziari sulla qualità degli attivi e sul finanziamento delle banche”, avevano affermato gli autori dell’Ecb supervisory board Kerstin Jochnick e Mario Quagliariello.
Per il momento, in Borsa il comparto bancario italiano ha retto meglio della media del mercato, da inizio anno, con un sorpasso del Ftse Italia Banche sul Ftse Mib andato a consolidarsi a partire da fine settembre – con un evidente contribuito del rialzo dei tassi e il conseguente miglioramento del margine d’interesse.
Intesa e Unicredit, confronto fra requisiti patrimoniali e dati reali
Alcuni fra i maggiori istituti italiani hanno reso pubbliche i requisiti del Supervisory review and evaluation process (Srep) della Bce attivi dal 2023, riportando livelli di capitale ampiamente superiori ai minimi stabiliti.
Ultima in ordine di tempo in questa comunicazione è stata Intesa Sanpaolo, che dal 2023 dovrà mantenere il proprio Common equity tier 1 ratio (il rapporto fra capitale proprio della banca e attività ponderate per il rischio) all’8,88% – a fronte di un dato effettivo al 30 settembre al 12,6%. Il Total Capital ratio dovrà essere pari almeno 9,72%, contro un rapporto al 17,5% alla fine del quarto trimestre. Percentuali che hanno autorizzato Ca’ de Sass a parlare di un requisito patrimoniale “ampiamente rispettato”.
“Abbiamo fatto un fortissimo derisking negli ultimi trimestri, quindi siamo tranquilli”, aveva dichiarato alcuni giorni prima il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro (peraltro insignito giovedì 15 dicembre del Premio Roma per lo sviluppo del Paese).
Per quanto riguarda Unicredit i requisiti ricevuti dalla Bce si attestano al 9,20% per il Cet1 ratio, all’11,08% per il Tier 1 ratio e al 13,58% per il Total Capital ratio. Valori nettamente superati secondo i dati aggiornati al terzo trimestre dell’anno: 15,41% CET 1 ratio, fully loaded 17,94% Tier 1 ratio, transitional 20,76% Total Capital ratio, transitional. “Non vi è quindi alcun impatto sulle politiche distributive di Unicredit per il 2022 e per il futuro, sul funding plan né sul target di capitale, che rimangono come da guidance”, ha precisato Piazza Gae Aulenti.
Credem e Mps: la situazione
Sempre questo giovedì anche Credem ha reso noto che i target patrimoniali fissati dalla Bce per l’istituto saranno gli stessi di quest’anno: “il requisito patrimoniale complessivo, che indica il livello minimo di capitale da rispettare a fronte delle attività svolte dal Gruppo e a tutela dei risparmiatori, per il 2023, è pari al 7,56% per quanto riguarda il Cet 1 ratio. I requisiti per il Tier 1 ratio e per il Tier Total sono invece rispettivamente fissati a 9,25% e 11,5%. Al 30 settembre 2022, tutti i coefficienti patrimoniali del Gruppo sono ampiamente superiori ai requisiti”, ha proseguito la nota della banca emiliana, “in particolare il Cet 1 Ratio a livello di Credemholding (perimetro di vigilanza) era pari a 13,68% con un buffer rispetto al requisito Srep tra i più ampi del sistema e pari ad oltre 600 basis point”.
Requisito raggiunto anche per Mps, anche se con il contribuito precauzionale importante del recente aumento di capitale, che ha portato il Cet 1 fully loaded pro forma al 14,7%, a fronte di un obiettivo Bce confermato per il 2023 all’8,80%. Lo scorso 30 settembre, prima dell’aumento da 2,5 miliardi di euro, il Cet 1 fully loaded si trovava al 9,00%, poco al di sopra del minimo.
Più nel dettaglio, aveva fatto sapere Mps già lo scorso ottobre, il 2023 prevedrà un requisito patrimoniale Srep complessivo del 10,75%; un requisito minimo di fondi propri – Pillar 1 (P1R) dell’8% (di cui 4,50% in termini di Cet 1); un requisito aggiuntivo di Pillar 2 (P2R) del 2,75%, che si attesta sullo stesso livello che era stato richiesto per il 2022, da detenere almeno per il 56,25% nella forma di capitale primario di classe 1 – CET1 – e per il 75% nella forma di capitale di classe 1 – Tier 1.