Le assicurazioni puntano sempre meno sui gestori “della casa”

21.2.2022
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Gli asset manager appartenenti ai gruppi assicurativi sono sempre meno utilizzati dalle case madre per la gestione dei loro asset
Secondo i dati pubblicati dalla società di consulenza Oliver Wyman, nel 2010 i gestori facenti capo alle assicurazioni gestivano il 20% degli asset under management del settore; dieci anni dopo, nel 2020, la quota si era ridotta di un terzo, al 14%
"Attualmente, queste imprese [di asset management] hanno qualche valore, ma potrebbero finire col perderlo del tutto", ha dichiarato Julia Hobart, partner di Oliver Wyman
Gli asset manager appartenenti ai gruppi assicurativi hanno un problema: le loro case madre li utilizzano sempre meno nella gestione degli investimenti, preferendo scegliere competitor in grado di cogliere opportunità d'investimento con un approccio più aggressivo. E' una caccia al rendimento che si è resa sempre più necessaria negli anni dei tassi d'interesse rasoterra.
Secondo i dati pubblicati dalla società di consulenza Oliver Wyman, nel 2010 i gestori facenti capo alle assicurazioni gestivano il 20% degli asset under management del settore; dieci anni dopo, nel 2020, la quota si era ridotta di un terzo, al 14%. Parallelamente, la ricchezza gestita dalle compagnie assicurative è lievitata da 25.900 miliardi a 67.500 miliardi di euro. Con 10mila miliardi di euro di asset investibili le scelte delle assicurazioni hanno un peso notevole sui gestori patrimoniali. E negli ultimi dieci anni la propensione delle compagnie a scegliere i gestori patrimoniali “di casa”, appartenenti al medesimo gruppo assicurativo, è andata progressivamente a ridursi.
Realtà come Axa e Aviva, ad esempio, hanno sempre indirizzato una parte significativa dei propri asset verso i gestori patrimoniali appartenenti ai rispettivi gruppi. Per questi ultimi le scelte di allocazione di portafoglio avevano tradizionalmente privilegiato il reddito fisso, i cui ritorni sono andati scemando; al contrario gli asset manager “esterni” ai gruppi assicurativi hanno colto opportunità più diversificate, come il private debt e l'immobiliare.
Se questo meccanismo di prossimità fra assicurazioni e gestori “di casa” si deteriora, gli asset manager delle compagnie rischiano di finire sotto pressione, perché la concorrenza nel comparto della gestione patrimoniale è diventata sempre più serrata. Anche a causa delle alternative a basso costo di gestione che hanno preso piede nel corso dell'ultimo decennio. In altre parole, per queste società è difficile colmare il gap che si apre quando il flusso di denaro proveniente dalla parent company si riduce.
Per alcune realtà questo legame è particolarmente stretto: il 70% degli asset gestiti da Aviva Investors, ad esempio, è proveniente dalla società madre, contro il 30% di Allianz e il 10% di Legal & General. Per il ceo di Aviva Investors, Mark Versey la via da seguire per il futuro consiste in una crescita più equilibrata fra gli asset provenienti da attività interne (in questo caso, interne ad Aviva) e flussi esterni: "I vantaggi di avere un assicuratore in qualità di parent company è l'economia di scala, che ha aiutato soprattutto nelle attività reali come la proprietà e le infrastrutture".
Secondo i dati pubblicati dalla società di consulenza Oliver Wyman, nel 2010 i gestori facenti capo alle assicurazioni gestivano il 20% degli asset under management del settore; dieci anni dopo, nel 2020, la quota si era ridotta di un terzo, al 14%. Parallelamente, la ricchezza gestita dalle compagnie assicurative è lievitata da 25.900 miliardi a 67.500 miliardi di euro. Con 10mila miliardi di euro di asset investibili le scelte delle assicurazioni hanno un peso notevole sui gestori patrimoniali. E negli ultimi dieci anni la propensione delle compagnie a scegliere i gestori patrimoniali “di casa”, appartenenti al medesimo gruppo assicurativo, è andata progressivamente a ridursi.
Realtà come Axa e Aviva, ad esempio, hanno sempre indirizzato una parte significativa dei propri asset verso i gestori patrimoniali appartenenti ai rispettivi gruppi. Per questi ultimi le scelte di allocazione di portafoglio avevano tradizionalmente privilegiato il reddito fisso, i cui ritorni sono andati scemando; al contrario gli asset manager “esterni” ai gruppi assicurativi hanno colto opportunità più diversificate, come il private debt e l'immobiliare.
Se questo meccanismo di prossimità fra assicurazioni e gestori “di casa” si deteriora, gli asset manager delle compagnie rischiano di finire sotto pressione, perché la concorrenza nel comparto della gestione patrimoniale è diventata sempre più serrata. Anche a causa delle alternative a basso costo di gestione che hanno preso piede nel corso dell'ultimo decennio. In altre parole, per queste società è difficile colmare il gap che si apre quando il flusso di denaro proveniente dalla parent company si riduce.
Per alcune realtà questo legame è particolarmente stretto: il 70% degli asset gestiti da Aviva Investors, ad esempio, è proveniente dalla società madre, contro il 30% di Allianz e il 10% di Legal & General. Per il ceo di Aviva Investors, Mark Versey la via da seguire per il futuro consiste in una crescita più equilibrata fra gli asset provenienti da attività interne (in questo caso, interne ad Aviva) e flussi esterni: "I vantaggi di avere un assicuratore in qualità di parent company è l'economia di scala, che ha aiutato soprattutto nelle attività reali come la proprietà e le infrastrutture".
"Le cose sono davvero cambiate e la tensione non può più essere sopportata. Attualmente, queste imprese hanno qualche valore, ma potrebbero finire col perderlo del tutto", ha dichiarato Julia Hobart, partner di Oliver Wyman, al Financial Times. Se importanti cambiamenti non verranno apportati da queste società, sia perché sapranno conquistare nuovi clienti oppure che se si concentreranno in modo più esclusivo sulla gestione del bilancio delle compagnie di riferimento, potrebbero i gestori patrimoniali delle assicurazioni potrebbero "diventare ancora più piccoli, ancora meno redditizi, forse per nulla redditizi e con risorse talmente ridotte che da non fornire un buon servizio neanche per la casa madre".