L’importanza della rivoluzione

Dato che ho molto tempo a disposizione durante i miei trasferimenti in auto, ho preso l’abitudine di ascoltare podcast e libri su audible. L’ascolto e le chiamate che faccio o ricevo mi accompagnano durante i viaggi e mi sento impegnata in modo proficuo. Spesso mi piace scegliere titoli che mi permettano anche di riflettere, in generale, sui momenti di vita in modo da avere anche un più ampio spettro di argomenti per seguire al meglio anche i clienti. Tempo fa mi era capitato di ascoltare un podcast sull’importanza del fallimento. O, meglio, sul suo valore formativo e temprante. La protagonista, addirittura, ha fondato una vera e propria scuola sul tema. Spiegava di aver parlato con un medico e di essersi fatta spiegare il grafico vitale per capirne i punti alti. Da qui, una scoperta copernicana. Non solo erano la parte meno importante ma anche la meno interessante per i medici. Incuriosita, ho chiesto numi ad un mio cliente, chirurgo di indubbia fama e ampia capacità. Si è messo a ridere. Io sono rimasta li e mi sono sentita un po’ ridicola, a dire il vero. Invece poi mi ha detto: ‘queste domande da una professionista della finanza che guarda grafici tutti i giorni non me le aspettavo. Molto bene!’. Da lì mi ha poi spiegato nei dettagli la questione che qui riporto per avviarmi ad una riflessione. ‘il ciclo cardiaco che porta il cuore dallo stato di riposo a quello di contrazione e viceversa si chiama rivoluzione. Se guardiamo il grafico che ci restituiscono i macchinari io da medico devo prestare più attenzione alle fasi in cui il grafico è in basso perché è proprio in quel momento che si vede se il cuore ha abbastanza forza per far salire l’andamento. Se il basso è fiacco salirà di poco e via via affievolendosi, poi, diventerà una linea retta. Se c’è vitalità che porta su e giù significa che le cose stanno andando benone. Voi economisti che avete sempre in mente i rendimenti guardate quando i grafici vanno su e lì siete felici perché credete che sia il punto in cui le cose funzionano al meglio. Per noi medici assolutamente no.’ Da quella volta ho sempre evitato di parlare con questi dottori di parti alte e, anzi, ho seguito con molta attenzione anche le fasi di discesa per vedere se poi la risalita era conseguente. Per quanto il tempo sia variabile, e i mercati anche, succede esattamente così. Sempre. La mia riflessione, però, vuole fare un passo in più. In questi momenti la nostra carriera di professionisti e il nostro portafoglio come stanno? Sono malati terminali o nel momento stesso in cui tutto va giù siamo noi a dare la spinta decisiva per risalire? Per la mia esperienza siamo noi i primi a far appiattire lo slancio della salita. Senza energia, senza motivazione, senza positività. Come mi ha detto tempo fa una collega ‘il giorno che non mi appassionerà più questo lavoro vorrà dire che sarò morta’. Ed io la penso esattamente così.