La guerra di Troia

Clitemnestra venne data in sposa ad Agamennone, re di Micene. Elena, qualche anno dopo, diventò regina di Sparta e le fu dato in marito Menelao, fratello di Agamennone, perché il rapporto amicale tra Sparta e Micene fosse mantenuto saldo e prospero. Passarono gli anni finché Elena, durante la visita a Sparta da parte di una delegazione di Troiani, si innamorò del principe Paride che, innamoratosi a sua volta della donna più bella dell’intera Grecia, lasciò Sparta recandola con sé a Troia come sua sposa. Elena di Sparta divenne così Elena di Troia, portando ad un conflitto tra l’intera Grecia e la città troiana che durò ben dieci anni. Dieci anni in seguito ai quali, dopo un cambio di strategia da parte dei Greci (il celeberrimo espediente del Cavallo di Troia) la città fu finalmente espugnata e vinta. Obiettivo raggiunto.
Ebbene, la guerra di Troia ci mostra come già nell’VIII secolo a.C. l’uomo conoscesse gli ingredienti della ricetta per un risultato vincente. Menelao e Agamennone non partirono da soli, ma riunirono tutti i regni greci per affrontare la guerra - così da essere un gruppo più numeroso e dalle caratteristiche variegate. E poi, naturalmente, nulla può essere ottenuto senza rischiare qualcosa; i Greci misero in gioco le loro stesse vite per inseguire quel che all’epoca rappresentava l’apice della vita di un uomo: la gloria eterna. Dedicarono alla missione ben dieci anni. Dieci anni di conflitto, di alti e bassi, di attacco e difesa, di resistenza e perseveranza. Dieci anni in seno ai quali venne maturata la strategia vincente, quella del Cavallo di Troia, il gigantesco cavallo di legno offerto ai Troiani in segno di resa, all’interno del quale erano però nascosti i migliori guerrieri della Grecia. Non solo: il cavallo venne posto davanti alle porte di Troia di notte, per sfruttare la debolezza del nemico offerta dal buio.
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È incredibile come tutto cambi, ma resti costantemente uguale a se stesso.
Che si tratti di vincere una guerra, di avere la meglio in un confronto, di costruire un’attività di successo o di muoverci nel mondo dei mercati finanziari, la ricetta è sempre la stessa. Se Achille combatteva sotto le mura di Troia seguendo questi principi, perché noi oggi dovremmo scostarcene?
Credo che i nostri portafogli debbano riflettere questi semplici, ma non del tutto intuitivi principi per essere considerati efficienti. Una volta individuato il rischio massimo che siamo disposti a correre impostiamo il nostro portafoglio, diversificandone composizione ed orizzonti temporali, definendo una strategia e prevedendo nel corso del tempo, se e quando necessario, qualche piccolo intervento tattico. Questo è il comportamento vincente. Ecco perché abbiamo il compito di gestire l’emotività del Cliente che vuole un portafoglio composto esclusivamente da BtP, ecco perché dobbiamo consigliare in modo adeguato quel nuovo Cliente che detiene 300.000€ su conto corrente, ecco perché dobbiamo frenare l’euforia del Cliente che affascinato dal guadagno rischia di porre in essere operazioni che non potrebbe tollerare, né psicologicamente né patrimonialmente.
Dobbiamo mettere al centro l’essere umano e affidarci all’antica autentica saggezza strategica, potente al punto da essere stata vincente per i Greci nell’VIII secolo a.C., sotto le mura di Troia, e da esserlo anche per noi nel 2023, qualunque sia il contesto cui la si applichi, compreso quello della pianificazione finanziaria.
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È così che si vince. Gestendo gli ostacoli e i momenti di crisi in modo profondo, ma non distruttivo. Trasformando le crisi in opportunità.