Più che patrimoniale occorre convogliare una parte dell’enorme risparmio dei cittadini trasformandolo da passivo in attivo
Investimenti nel settore turistico, che rappresenta la nostra maggiore vocazione, o in tutta la filiera dell’autoalimentare di qualità o del made in Italy enogastronomico certificato
quotidianamente questa domanda: arriverà la scure dell’imposta patrimoniale?
La risposta non può che essere che soggettiva e tendente a rassicurare l’interlocutore, ma poi ragionandoci a mente fredda si comprende il perché non sembra essere una ipotesi
percorribile, sicuramente non nel breve periodo e probabilmente neanche nel medio.
i dati nudi e crudi: ogni anno il nostro paese produce circa € 1800 miliardi ricchezza
(PIL ITALIA) e ha un debito pubblico pari al 136% del suo stesso PIL, poco meno di
€ 2450 miliardi (dati pubblicati dal Mef al 16/3/2020).
Evoluzione del debito pubblico italiano FONTE :
http://mazzieroresearch.com
Ante COVID (ma si stima possa arrivare al 155% con i provvedimenti intrapresi dal
Governo di supporto e stimolo all’economia).
Di questa enorme massa il 112% è in mani a investitori privati (BCE e Banca Italia per un 20%, le altre banche e le istituzioni finanziarie come assicurazioni e fondi, per il 45% e solo il 6% in mano a famiglie ed imprese italiane) la rimanente parte è in mano ad investitori esteri.
Risulta evidente quindi che la fiducia dell’italiano medio e delle imprese rispetto alla capacità dello Stato pagatore è piuttosto bassa a giudicare da quanto detenuto dai privati non professionali.
In compenso però giacciono praticamente inattivi sui C/C bancari e conto depositi la bellezza di € 1.578 miliardi (bollettino ABI di febbraio). Eppure appare un controsenso perché paghiamo la bellezza di € 79 miliardi ogni anno di interessi che rapportati al debito rappresenta un tasso medio di interesse pagato sul debito del 3,1%.
Per questo è importante mantenere basso lo Spread ed alto il Rating e che vi sia una partecipazione attiva delle istituzioni e banche centrali nell’acquisto del nostro debito, altrimenti chi se lo compra, visto che siamo noi i primi a non fidarci?.
Il Bilancio dello Stato è dato nel 2019 da Entrate per € 578 miliardi e Spese per € 638 miliardi delle quali : spese correnti (necessarie a mandare avanti la macchina) € 509 miliardi, spese in conto capitale (investimenti) € 50 miliardi e interessi sul debito € 79 miliardi (fonte Mef).
Secondo i dati della CGIA di Mestre nel 2019 la pressione fiscale ci colloca in Europa al 6° posto con il 42% di pressione fiscale e tra imprenditori e liberi professionisti oltre il 50% (da cui va ricercata la motivazione più profonda che spinge intellettualmente a giustificare un certo tipo di evasione fiscale), incassando così dalle sole tasse € 507 miliardi.
Ma la c.d. patrimoniale c’è già nei fatti; la casa con l’IMU frutta la bellezza di € 22 miliardi ogni anno ossia il 3,4% dell’intera spesa e non include la prima casa, (che potrebbe
sempre essere ripristinata nello scenario peggiore), l’intero risparmio inoperoso è
gravato del bollo dello 0,20% (Bollo Monti) e del 26% sui guadagni di capitale (cd
bollo Renzi).
Tutto questo pressoché con qualsiasi condizione esterna, contrariamente alle nostre attività lavorative o alle vicende legate alle nostre singole vite. In sintesi esiste già una gallina da sfruttare che produce uova d’oro, c’è però il rischio che appesantendola ulteriormente di strozzarla.
L’unico capitolo da ritoccare saranno le imposte di successione che fanno del Belpaese un’isola felice. Qui da noi le imposte di donazione e successione sono in linea diretta del 4% sino ad un massimo dell’8% con una franchigia tra parenti diretti di 1 milione per ognuno di essi.
Niente rispetto a qualsiasi altro paese europeo dove l’imposta massima arriva al 20-34-43-60% e spesso senza alcuna franchigia. Questa a detta di tutti gli addetti ai lavori sarà
sicuramente un campo da rivedere senza paure di incidere enormemente sul tessuto
sociale.
Quello che al contrario occorrerebbe è un maggior raccordo tra la capacità di risparmio dei privati rivolta all’economia reale, al supporto delle imprese per intenderci, specie le PMI che costituiscono l’80% dell’ossatura del nostro sistema produttivo, spesso ricco di eccellenze assolute in settori di nicchia e alla progettazione di grandi opere pubbliche ed il coordinamento dei progetti infrastrutturali europei e nazionali in coesione con fondi dedicati.
In effetti tre anni indietro per puntare sull’azienda Italia furono avviati i PIR (Piani individuali di risparmio), ossia fondi azionari ed obbligazionari investiti per almeno il 30% in PMI, che concedono l’esenzione fiscale a chi resta investito un quinquennio.
Un’innovazione nel ramo degli investimenti che ha permesso di raccogliere in due anni più di 15 miliardi, finita però in pausa all’inizio del 2019 perché la Finanziaria ha ulteriormente ampliato la loro possibilità di acquistare piccole imprese non quotate, aprendo così un dilemma per l’aumento di rischio che ha stoppato per 2 anni i nuovi flussi di raccolta in questi investimenti.
In conclusione il nostro gigantesco risparmio è il nostro carburante, se non lo sfruttiamo noi, si erode e alla fine ne approfitteranno altri attraverso l’acquisizione delle nostre banche e delle SGR.
Perché allora non ipotizzare che Stato e imprese possano collaborare per realizzare infrastrutture ad elevato moltiplicatore, e modernizzare il Paese, coinvolgendo anche la liquidità delle famiglie? Un Paese prospera solo quando il denaro circola, non quando resta inutilizzato su un conto.
Più che patrimoniale occorre convogliare una parte dell’enorme risparmio dei cittadini trasformandolo da passivo in attivo, aiutando le imprese attraverso l’entrata nelle stesse, di fondi di Private Equity, di Venture Capital, di Private Debt, distribuiti ai risparmiatori ed incentivati fiscalmente con orizzonte temporale di medio lungo termine (7-10 anni), con ritorni soddisfacenti, destinati a far crescere le imprese ad aprirle al mercato, ad accompagnarle alla quotazione, a trasformarle da imprese famigliari a public company, a
cercare nuovi partners e sbocchi su mercati internazionali, a sviluppare quella ricerca con prospettive economiche interessanti ed allo sviluppo dei brevetti.
In ultimo occorrono anche sul piano delle istituzioni comunitarie investimenti pubblici e contributi agli investimenti privati, soprattutto in infrastrutture fisiche e digitali, ricerca e innovazione, istruzione e formazione, finanziati con Eurobond (dei quali si sta discutendo in questi giorni), Pepp (Pandemic Bond), BEI, FEIS (Fondo europeo investimimenti strategici) ecc. tutti Special Purpose Vehicles, finanziati con questi fondi e che sposino progetti infrastrutturali ad alto valore di crescita.
Indirizzare così queste risorse in fondi di procjet financing ad infrastrutture volte a modernizzare il paese con nuove strade, porti, ponti, contrasto al dissesto idrogeologico,
che tanto ci costa ogni anno.
Investimenti nel settore turistico, che rappresenta la nostra maggiore vocazione, o in tutta la filiera dell’agroalimentare di qualità o del made in Italy enogastronomico certificato
e destinato quasi totalmente all’export.
A questo punto, ma solo a questo punto, dopo aver puntato seriamente sulla rinascita del paese e non sull’assistenzialismo fine a se stesso (anche se necessario nei momenti più
drammatici ed emergenziali), puntiamo ad una seria lotta all’evasione, quella più incancrenita, sfuggente ed odiosa (si calcolano fino a 110 miliardi di gettito annuali evasi) oramai gli strumenti informatici per stanarla e perseguirla ci sono tutti ed è solo questione di volontà politica ed allora altro che gettito da patrimoniale una tantum!
Una ultimissima nota alle nostre garanzie finanziarie dove poter attingere per tutto questo
enorme piano di crescita a moltiplicatore attivo, ci sarebbero oltre a € 1487 miliardi giacenti sui C/C, altri € 3000 miliardi in azioni obbligazioni e risparmio gestito (fondi ed assicurazioni) e ricordiamoci infine che pur non essendoci alcuna intenzione di toccarle, la Banca d’Italia ha un indice di ulteriore solvibilità fornito da riserve ufficiali per € 163 miliardi, delle quali l’oro da solo ne rappresenta il 69%, ossia 2462 tonnellate a gennaio 2020. (https://www.mazzieroresearch.com/wp-content/uploads/2020/02/Italia-
economia-a-fine-2019.pdf).
In sintesi, non siamo ancora caduti così in basso come nel caso della Grecia, per la quale si ipotizzò la condizione di dover vendere il Partenone!