Passaggio generazionale, un problema anche culturale

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Il passaggio generazionale può diventare un problema per le imprese non solo quando non è pianificato, ma anche quando risponde a degli istinti o a delle scelte non oggettive. Secondo Maurizia Iachino, presidente di Aidaf, bisognerebbe avere la capacità di lasciare le redini della società al momento giusto.

Come affrontare il problema del passaggio generazionale?

“Il passaggio generazionale è un fatto, non un problema, ma può diventarlo. Esiste nella storia dell’impresa, ed è una fase a cui ci si deve preparare. Il segreto è farlo con larghissimo anticipo. Chi si investe della responsabilità di un’impresa, deve domandarsi anche che cosa succederà dopo di lui. Il problema sorge quando non è pianificato, quando risponde a degli umori o a degli istinti, quando le scelte non sono oggettive, e quando è più forte il bisogno di restare in certe posizioni. Bisogna avere la capacità di lasciare l’impresa al momento giusto e di avere già pronte le scelte da fare. Nella famiglia ci sono gli azionisti, ma non è detto che la responsabilità dell’azienda in termini di gestione, di capacità di portarla avanti, di farla crescere, di gestire delle complessità, debba per forza essere lasciata a una persona della famiglia. Sono aspetti che vanno pianificati e organizzati con principi e criteri”.

C’è ancora reticenza a delegare ai governi e, in generale, ad altri?

“La questione dei giovani è molto sentita anche nelle imprese. Si pensa che non sono ancora pronti e che bisogna aiutarli ancora un po’. E’ un trascinare comprensibilissimo, ma che non fa bene. Tuttavia, nel momento in cui si ha un’azienda che cresce, siamo sicuri che i figli abbiano l’aspirazione, le capacità, l’ambizione, di assumersi queste responsabilità? Se sì, siamo fortunati. In caso contrario, non è un peccato, bisogna solo provare a vedere chi sul mercato può darci una mano. E’ difficilissimo scegliere un manager esterno al quale consegnare, in fondo, una parte di sé. Ciononostante, negli ultimi anni è stato fatto un bellissimo passo avanti da parte delle imprese familiari nello scegliere il processo di managerializzazione, ed è un fatto importante da tener presente. Non c’è giusto o sbagliato. I figli saranno arricchiti dal fatto di non avere la responsabilità pesante della gestione, ma potranno seguire comunque l’impresa come azionisti, dare degli indirizzi, pensare alla strategia, alla diversificazione e alla filantropia”.

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