Passaggio generazionale, i miti del modello ‘tira e molla’

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Quando si parla di passaggio generazionale, bisogna capire fin da subito se le attitudini del giovane erede sono coerenti con i desideri dei genitori. Claudio Devecchi, professore dell’Università Cattolica di Milano, spiega quali sono le prime difficoltà che incontrano e in cosa consiste il modello ‘tira e molla’.

Giovani imprenditori, quali sono le prime difficoltà che incontrano?

“La cosa importante è andare a lavorare in altre imprese e poi tornare. A questo punto, hai già capito tante cose, che non capiresti se rimani in azienda. La seconda difficoltà è quella di non essere stato presentato agli stakeholder nel momento di ingresso all’interno dell’azienda. Dopodiché, bisogna presentarlo anche a banche, clienti e fornitori. La terza è in capo alla famiglia: oggi per fare bene l’imprenditore devi avere abilità, capacità e passione. Il mestiere dell’imprenditore non è solamente una buona soluzione perché trovi un’azienda che ti accetta, uno stipendio, e un padre che ti difende”.

C’è una reticenza culturale nei confronti delle giovani leve?

“Dalle nostre ricerche risulta che c’è un modello di passaggio generazionale definito ‘tira e molla’ che ostacola la vita. Questo perché lavorare sotto tutela è abbastanza impegnativo e non eccitante, perché ogni volta bisogna dimostrare di star facendo bene il proprio lavoro. E’ uno stillicidio. Il ‘tira e molla’ è un modello nel quale il titolare continua a dare un po’ di deleghe, poi le ritira, dà un po’ di responsabilità, poi la ritira, dà un po’ di autonomia, poi la ritira, perché non è convinto che la persona che riceve queste tre cose sia all’altezza della situazione e vuole verificarlo di volta in volta”.

Quale percorso suggerisce?

“La prima è quella di definire un percorso formativo del potenziale erede molto prima di quando si decide di metterlo in azienda. Già ai tempi del liceo o dell’università bisogna capire se le sue attitudini e capacità siano coerenti con quello che dovrà fare se segue il desiderio dei genitori. In caso contrario, è inutile forzarlo perché non verrà fuori una cosa positiva. In secondo luogo, bisogna costantemente parlarne in famiglia. In terzo luogo, quando si entra in un’azienda come erede, bisogna avere la capacità di essere credibile nei confronti dei clienti e avere una legittimazione a fare queste cose. La credibilità dipende molto dal fatto che, dati certi obiettivi definiti con il padre imprenditore o negoziati con i dipendenti, si raggiungono subito certi risultati. La legittimità dipende dal fatto di pensare di meritarsi il posto attribuito”.

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