Dichiarazioni non finanziarie: parla Consob

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Disciplina sulle dichiarazioni non finanziarie: cosa prevede? Risponde Anna Genovese, commissario della ConsobLa disciplina introdotta a dicembre 2016 prevede che le società azionarie di grandi dimensioni – quotate e operanti nel settore finanziario, assicurativo e bancario – redigano una Dichiarazione Non Finanziaria (DNF), che contiene informazioni sui profili di carattere non finanziario che caratterizzano il processo di produzione dell’impresa interessata. Le informazioni devono riguardare come minimo profili attinenti all’impatto ambientale e sociale, alla gestione del personale, alla lotta alla corruzione attiva e passiva, e ai diritti umani. L’informativa deve essere redatta con periodicità annuale, al pari con l’informativa finanziaria. Inoltre, può tradursi in una dichiarazione di non effettuare alcun intervento di contenimento dei rischi nel settore non finanziario, perché la struttura della normativa è quella che consente di essere aderenti o di motivare la non adesione. La normativa stabilisce altresì che le informazioni da rendere siano tarate sull’attività industriale delle imprese coinvolte, per cui – secondo l’ambito di operatività – ciascuna impresa potrà valutare quali sono le informazioni che è necessario rendere per rappresentare il profilo dell’attività, dei risultati e della situazione dell’impresa.

Qual è il ruolo della Consob?

La normativa stabilisce che sia la Consob a verificare l’attendibilità delle informazioni contenute nella DNF. La Consob, in particolare, vigila sulla pubblicità del documento, sulla completezza delle informazioni rese e sulla loro attendibilità. Inoltre, la Consob ha la possibilità di chiedere interventi correttivi e di sanzionare gli amministratori, i sindaci e i revisori. La normativa presenta due profili oggi controversi. Il primo riguarda la soglia stabilita per l’obbligo di predisposizione della dichiarazione. In questo caso, il legislatore italiano si è uniformato alle indicazioni della direttiva, introducendo una soglia che fa scattare l’obbligo di redigere la dichiarazione nei termini esattamente previsti dalla direttiva, senza ampliare il bacino delle imprese potenzialmente obbligate. Altri Paesi europei si stanno muovendo nella direzione del progressivo ampliamento di questo bacino. Sarebbe il caso che anche in Italia, dopo questa fase di prima applicazione, si facesse un ragionamento sull’opportunità di ampliamento. Un altro profilo dibattuto riguarda la confrontabilità delle dichiarazioni non finanziarie rese dalle imprese. Per quest’ultima è necessario che si adottino standard e metriche uniformi. La direttiva e la legislazione nazionale non danno indicazioni vincolanti, ma è lasciato alle imprese di scegliere quale metrica e quale standard utilizzare per la rendicontazione. Si confrontano in questo ambito posizioni più sensibili alla flessibilità lasciata alle imprese e altre più sensibili alla necessità di essere dotati di uno standard unitario, ma le difficoltà sono anche quelle di convergere sul medesimo standard.

Che effetti ha avuto fino ad ora?

Nel 2018 sono state pubblicate le prime dichiarazioni non finanziarie di imprese relative all’esercizio 2017. In particolare, sono state pubblicate 210 dichiarazioni, di cui 152 sono di società quotate. Le dichiarazioni non finanziarie, in questa fase, sono assoggettate alla vigilanza della Consob che a ottobre 2018 ha adottato con delibera i criteri in base ai quali formerà la selezione di dichiarazioni fra tutte quelle pubblicate, da sottoporre a verifiche e controllo nei contenuti. Da questa verifica si capirà come si sono orientate le diverse imprese operanti nei vari settori industriali. Se è necessario qualche intervento di rettifica o di sanzione, lo vedremo nei prossimi mesi.

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