Mercati green, la “sostenibile” leggerezza dell’essere
Mercati green, la “sostenibile” leggerezza dell’essere
Il cambiamento climatico si sta trasformando nell’opportunità finanziaria più ricca di sempre. Mentre l’onda green sta travolgendo incessantemente qualsiasi settore merceologico, la finanza anticipa gli eventi e crea strumenti nuovi per soddisfare la crescente richiesta di sostenibilità
È in atto una vera rivoluzione. Al pari di quella industriale e tecnologica ora assistiamo a una rivoluzione climatica che parte prima di tutto da una svolta culturale: “green” non è solo una moda, è diventata una necessità impellente e a tal punto prioritaria da scalare la vetta delle agende dei meeting politici e finanziari di tutto il mondo.
È di dicembre 2019 la notizia che l’Ue ha raggiunto un accordo politico su un sistema di classificazione comune per incoraggiare gli investimenti privati nella crescita sostenibile e contribuire a un’economia climaticamente neutra, la cosiddetta “tassonomia” verde. L’intervento era doveroso per fare chiarezza sui criteri che rendono eligibili i progetti ed evitare il cosiddetto “greenwashing”, ovvero la diffusa pratica di attribuire connotati vagamente ecologici a iniziative che non soddisfano realmente seri standard ambientali.
Che il tema sia di grandissimo interesse non solo per la politica ma anche e soprattutto per la finanza lo dimostra il recentissimo intervento di Larry Fink, fondatore e ceo di BlackRock, che ha dichiarato che il cambiamento climatico “trasformerà per sempre la finanza” e ci obbligherà a “riconsiderare le fondamenta stessa della finanza”. Cambiamento e opportunità, dunque, un binomio perfetto dal quale sta nascendo un mercato fecondo di strumenti innovativi figli di una finanza che strizza l’occhio all’ambiente e ne asseconda le richieste.
Il primo mercato è senza dubbio quello dei capitali sul quale si sono già affacciati i green bond e i sustainability bond la cui finalità è quella di sostenere iniziative che rispettino i green bond principals e/o i social bond principals.
Per essere definito “green” un investimento deve contribuire, secondo i criteri stabiliti dal parlamento e dalla Commissione europea a marzo 2019, a sviluppare almeno uno dei seguenti obiettivi: mitigare il rischio climatico, adattarsi al cambiamento climatico, utilizzare in modo sostenibile le risorse marine e idriche, contribuire all’economia circolare, prevenire le emissioni e sviluppare un eco sistema salutare.
In Italia i più utilizzati sono i green bond, per ora appannaggio dei grandi corporates (Enel, Hera, Iren, Generali, A2A, Erg) che oltre ai proventi dello strumento finanziario ne hanno ricavato anche un grande ritorno di immagine. E sempre sulla scia dell’investimento reputazionale si collocano i sustainable bond emessi di recente dalle grandi aziende del lusso come Prada.
Ma il mercato dei capitali non è l’unico a orientare lo sguardo verso il mondo ecologico: lo fa anche il mercato del private equity che nel 2006 ha adottato i sei Principles for responsible investment su impulso delle Nazioni Unite, che sono stati sottoscritti da più di 2600 firmatari tra investitori istituzionali, sgr e fornitori di servizi. Anche in Italia la recezione dei principi Esg (Environmental, social and governance) è ormai cosa nota, a dicembre l’Aifi (l’Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) ha pubblicato le proprie linee guida Esg per la promozione degli investimenti sostenibili e responsabili sottolineando come “per investimento sostenibile e responsabile (Sri), s’intende una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo, al fine di creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso”.
Le premesse ci sono tutte: un contesto di mercato sensibile, enormi capitali a disposizione, un’attenzione politica e legislativa mai come ora disposta a promuovere e sostenere le iniziative che rispecchino i requisiti. Funzionerà? Ci sarà davvero l’attesa rivoluzione finanziaria a servizio della riconversione di una intera economia? Forse è presto per dirlo, certamente nei prossimi mesi assisteremo a un incremento di offerte finanziarie dedicate a investimenti green, nel senso ampio del termine, e probabilmente di produzione di ulteriori e nuovi strumenti finanziari. E in tempi di declino e di finanza poco creativa, già sembra una bella prospettiva.

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