Germania, il nuovo sponsor dell’Unione

La Germania allenta le maglie dell’austerity e brinda al Recovery Fund come mezzo a salvataggio dell’Unione. Com’è cambiata la posizione della più forte tra le economie del Vecchio Continente?

L’accordo raggiunto sul Recovery Fund lo scorso 21 luglio segna la svolta della Germania da severa promulgatrice dell’austerity a chiave di volta nell’accordo per la salvezza dell’Eurozona e dell’Europa.

Come sottolineato dagli esperti di Pictet Asset Management, il raggiungimento di un agreement tra i 27 stati membri rappresenta “una duplice rivoluzione epocale per la struttura politica ed economica dell’Ue”.

Germania, primo sì al debito dell’Unione

Anzitutto, esso “sdogana l’utilizzo della politica fiscale comunitaria per fini congiunturali, volta quindi a rispondere al calo della domanda aggregata”. Una ipotesi che in passato era sempre stata vanificata dall’opposizione della Germania che attribuiva alle politiche centrali un carattere esclusivamente “strutturale”.

In seconda analisi, il pacchetto Next Generation Eu da 750 miliardi di euro complessivi vede per la prima volta la creazione di un “debito europeo”. Una politica fiscale congiunturale finanziata a debito “porterà velocemente l’Ue ad essere uno dei principali emittenti obbligazionari al mondo, con un fabbisogno stimato per i prossimi anni di circa 1’000 miliardi di euro (tale importo comprende anche le somme potenzialmente destinate al Sure, il programma contro la disoccupazione, a cui finora i singoli Stati non hanno ancora fatto ricorso).

“Con questo pacchetto, pari al 5% del Pil della regione, l’Europa si pone in vetta al mondo in termini di stimoli fiscali adottati per sostenere l’economia: considerando anche quanto fatto dai singoli Paesi” hanno proseguito da Pictet AM, “si arriva ad un poderoso 14% del Pil, superiore a quanto fatto sinora dagli Stati Uniti (tra il 12% e il 13% del Pil)”.

Angela Merkel, dall’austerity a Keynes

Fatte salve le lungaggini del raggiungimento dell’accordo e la presa di posizione da parte dei Paesi frugali (poco inclini a misure di stimolo fiscale eccessivamente generose), la Germania è diventata uno dei principali sponsor del nuovo corso dell’Unione. La straordinarietà di una crisi capace di far saltare non solo alcuni stati membri, ma anche l’euro e l’intera Unione europea, ha portato la cancelliera tedesca, Angela Merkel (presidente per il semestre in corso del Consiglio dell’Ue), dall’austerity a un’idea più keynesiana, con un obiettivo implicito: aiutare quei paesi più direttamente collegati alla filiera produttiva tedesca (tra cui Italia e Spagna).

Ora che l’accordo è stato raggiunto, occorre attuarlo. I tempi che si prospettano non sono però brevi: l’approvazione da parte dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, che nel frattempo dovranno predisporre e presentare i loro piani di riforma, assieme col parere definitivo da parte della Commissione, potrebbero far slittare l’erogazione dei fondi al 2021 (il 70% delle risorse complessive verrà erogato tra il 2021 e il 2022).

 

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