Finanza comportamentale: 5 errori da evitare

Anche nelle decisioni di investimento l’uomo è spesso irrazionale: imparare a riconoscere emozioni ed errori cognitivi è il primo passo per l’investitore consapevole

Secondo lo psicologo Daniel Kahneman la mente umana funziona a due velocità. Se la prima è veloce, impulsiva, impaziente ed emozionale, la seconda è lenta, cauta e razionale. Per secoli l’economia tradizionale ha considerato solo la seconda velocità, idealizzando l’uomo come un decisore razionale capace di massimizzare i profitti e minimizzare i costi, in grado di processare un numero infinito di informazioni e immune alle influenze esterne. Negli anni Settanta, però, psicologi come Kahneman hanno dimostrato che in realtà la prima velocità (o Sistema 1) condiziona notevolmente le scelte economiche e che la seconda (o Sistema 2) è molto più fallace di quanto si pensi.
Nasce così la finanza comportamentale, un misto tra economia, finanza e psicologia. Abbracciando le mille sfaccettature della mente umana, la finanza comportamentale aiuta a riconoscere le situazioni in cui emozioni ed errori cognitivi possono rendere l’investitore più irrazionale, portandolo a compiere decisioni più consapevoli e ponderate. Lo sa bene Pictet Asset Management, che con il progetto Focus Pictet forma investitori più maturi dal punto di vista finanziario, perché “i mercati sono spesso razionali ed efficienti, ma non sempre, e lo stesso vale per le persone e i loro investimenti”. Ecco quindi i cinque errori più comuni spiegati da Christian Coletto, Sales director di Pictet AM.

I cinque errori più comuni

1. Troppa paura.

“Emozioni come la paura, l’insicurezza e l’avidità possono incidere sui nostri risultati. Attenzione, però: questo comportamento può sfociare nell’immobilismo finanziario. Pensiamo al caso dell’Italia, in cui abbiamo raggiunto 1700 miliardi di liquidità sui conti corrente a causa della paura e dell’incertezza degli investitori durante la pandemia”.

2. Overconfidence.

“L’overconfidence, ossia l’eccessiva sicurezza delle proprie capacità, spesso ci porta a considerarci migliori o più capaci degli altri, anche negli investimenti”.

3. Home bias.

“È un concetto legato alla familiarità, che consiste nell’investire in titoli domestici perché li si conosce meglio. Il problema, per noi italiani, è che il nostro mercato pesa l’1,5% di quello globale: il rischio principale è quello di una scarsa diversificazione”.

4. Avversione alle perdite.

“Una perdita pesa due volte e mezzo più di un guadagno della stessa entità. Questo ci porta ad essere avversi al rischio quando siamo in guadagno e, al contrario, più propensi al rischio quando siamo in perdita. Per tornare più velocemente in pari siamo disposti ad assumerci più rischio, un atteggiamento che in genere non fa che peggiorare le cose”.

5. Influenza.

“Ovvero come le nostre decisioni vengono influenzate. Capita di prendere decisioni influenzati dalle esperienze passate, o dalla maniera in cui le diverse alternative ci vengono presentate. Come l’effetto gregge: se le altre persone prendono una decisione, mi sento più giustificato anche io a percorrere la stessa strada”.

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