Private Insurance e Private Equity/Debt: la soluzione per il mondo di domani?

Private insurance, private equity e private debt insieme per una soluzione d’investimento diversificata, di lungo termine, calibrata dal punto di vista del rapporto rischio/rendimento e interessante sul fronte delle opportunità. Come conciliare questi aspetti?

In un mondo a tasso zero, in cui cresce l’interesse per gli yield, è possibile aspettarsi una democratizzazione del mercato dei capitali privati? La risposta è no, anche se qualche passo in tale direzione lo si sta facendo. Ne abbiamo parlato assieme a Lombard International Assurance -leader nel mercato delle polizze assicurative vita Lussemburghesi Ramo III- con Theo Delia-Russell, Deputy Head Private Banking Division e Management Comittee di Mediobanca, e Paolo Garraffo, Managing Director Dea Capital Alternative Funds.

Covid-19: qual è stato l’elemento di novità di questa crisi?

Il vero elemento di novità di questa crisi, ha esordito Paolo Garraffo, è che per la prima volta si è verificata nel mercato globale una recessione sincronizzata, l’avvento di un cigno nero che nessuno -a parte qualche regista visionario- si aspettava. Proprio per questo, “la crisi che stiamo vivendo si porterà dietro un pesante strascico. Gli stessi Stati Uniti, nelle parole del governatore della Fed Jerome Powell, prevedono che non ci sarà una ripresa prima del 2021. Con quali conseguenze è impossibile dirlo, specie nel caso di una seconda ondata”.

Come hanno reagito il comparto del private equity e private debt?

Al momento, sia il private equity che il private debt stanno tenendo abbastanza bene, ha proseguito Garraffo. C’è da fare però una distinzione: fondi in partenza o partiti da qualche anno, che hanno ancora sufficienti capitali da investire, stanno reagendo meglio degli altri.
Non solo: percependo come concreto il rischio di una fase critica che potesse estendersi ben oltre i 3 mesi, “quasi tutti i fondi di private equity hanno avviato -lato finanziario- una fase di preparazione delle società possedute, dei loro business plan, flussi di cassa e disponibilità liquide. Essi hanno inoltre adottato procedure straordinarie per la salvaguardia della salute di tutti i dipendenti, un aspetto umano che dimostra la sempre maggiore attenzione per temi come Esg”. Lato debito, alcuni fondi stanno faticando, perché hanno investito a margini compressi e con protezioni molto basse.
Il mercato dei fondi di private debt si sta inoltre preparando ad affrontare una possibile ondata di default. Attualmente, ha aggiunto l’esperto di Dea Capital, “il tasso di default del mercato Usa si aggira attorno al 4%, ma potrebbe arrivare al 15%, quando invece durante la Crisi finanziaria del 2008 si era fermato attorno all’11-12%”.
Intanto, mentre il grosso dei fondi sta cercando di prepararsi ad una possibile seconda ondata, i mercati pubblici hanno ripreso quota molto velocemente grazie anche all’accomodamento delle principali banche centrali, ma non si può escludere una W-curve, ossia un secondo crollo dei mercati quotati, specie a valle della pubblicazione dei risultati semstrali.

Come sono cambiate le aspettative di sviluppo ed apertura del mercato del private equity /debt?

Shock e volatilità vissuti sui mercati nel primo quarter dell’anno hanno creato grande tensione sulla clientela ma anche sulle aziende. Secondo Theo Delia-Russell, la crisi è andata ad unire l’incolumità personale, all’incertezza finanziaria, ad uno stress di liquidità, cui si lega il tema aziendale di sostenibilità futura. Ed è proprio da temi quali la crisi di liquidità e la sostenibilità dei cash flows che derivano molte opportunità di mercato.
“Una situazione che gli americani definirebbero ‘once in a generation opportunity’, una finestra unica d’entrata. Un momento come questo crea nel private equity -soprattutto nel mercato secondario e nel filone distressed for control- opportunità di acquisto molto interessanti. Strategie di carattere molto semplice danno oggi la possibilità di comprare o investire da altri fondi liquidati perché giunti a fine mandato (con sconti anche del 30 40%) o che consentono di comprare posizioni debitorie pesantemente stressate che possono portare al controllo successivo dell’azienda”.

Quali sono le opportunità all’orizzonte?

Nello scenario post Covid-19, Preqin e FRG stimano che le attese di rendimento per gli investimenti nei private markets saliranno di circa il 5% annuo, dall’11% al 16%. A beneficiare di questa fase, ha aggiunto Delia-Russell, saranno quegli investitori e quei fondi che dispongono subito di un’ampia liquidità da destinare alle strategie prima citate.
E’ però necessario ricordare ai clienti di mantenere sempre una buona diversificazione per rischio e per durata dell’investimento, non concentrandosi solo sul private equity, che potrebbe creare eccessivo stress e innescare i problemi tipici della finanza comportamentale.

In questo particolare momento storico, cosa ricercate per i vostri clienti?

Sebbene private equity e private debt siano asset class tradizionalmente riservate ad investitori istituzionali, ha proseguito Delia-Russell, “stiamo cercando di far capire che un 15/20% di questa asset class puo’ diventare strutturale nel portafoglio dei nostri clienti. Nonostante ciò, crediamo che il mercato private non sia facilmente democratizzabile, perché le dimensioni e le caratteristiche stesse dell’investimento non sono sempre compatibili con il cliente retail”. Certamente, la sinergia col comparto assicurativo può agevolare questo tipo di investimento. “Uno dei tentativi che stiamo cercando di portare a termine è inserire nelle polizze assicurative – che di per loro hanno obiettivi di lungo periodo – investimenti indiretti in private equity e private debt”.
La condizione fondamentale, ha rimarcato l’esperto di Mediobanca Private Banking, è fare education ad esempio su ciò che sono i fondi multi gestore multi strategia, meglio se diversificati in un programma mediato. E’ bene ricordare che non si investe mai tutto in una volta: le diverse fonti di ingresso danno infatti duration più vaste, rendendo il portafoglio meno illiquido.

Come si coniugano private insurance e private equity a livello di portafoglio in Italia

Il connubio tra private insurance e private equity è particolarmente strategico, ha commentato Elena Reina, Senior Relationship Manager di Lombard International Assurance, soprattutto all’interno di una pianificazione patrimoniale di clientela di fascia più alta. Entrambi i comparti hanno infatti un orizzonte di lungo periodo e sono quindi estremamente sinergici tra loro. “Sempre più spesso il mercato, sia dal lato dei gestori che da quello dei clienti, ci chiede di investire in fondi private equty o private debt. In tal senso, Lombard IA è riuscita a dare risposta concreta a questa richiesta” con oltre 5 miliardi di euro investiti in asset non tradizionali.
Un aspetto fondamentale di ogni polizza assicurativa che si combina ai mercati privati, comunque, è che la decisione di investimento resta sempre in capo al gestore, che risponde a più esigenze nel rispetto del regolamento.
Le strategie che investono in fondi di private equity hanno necessità che vengano regolati flussi di cassa e capital call, disciplinando la gestione della liquidità distribuita. In questi termini, “all’interno delle nostre polizze abbiamo creato due fondi interni dedicati, che gestiscono la componente di asset tradizionali e la componente di prodotti alternativi – che richiedono un monitoraggio molto attento”.

Su quali strategie commerciali state puntando per i vostri clienti?

Come anticipato, le polizze assicurative sono assolutamente appropriate per gli investimenti alternativi. Il senso della polizza, ha proseguito Garraffo, è quello di avere sia un’assicurazione, che una visione di lungo termine nel caso dovesse succedere qualcosa a colui che sottoscrive il contratto.
Dal punto di vista commerciale, “in Dea Capital abbiamo da sempre due visioni: da un lato, quella dell’investitore istituzionale; dall’altro, quella delle grandi famiglie e dei grandi imprenditori”. In un mercato che si apre anche a clienti di taglio minore, bisogna cercare di permettere agli investitori più piccoli di prender parte a questi prodotti ad alto rendimento proteggendoli da un incremento del livello di rischio tipico degli alternativi. “Non vedo quindi una democratizzazione del settore, ma la creazione degli estremi necessari per offrire investimenti che non abbiano un elevato rischio di concentrazione e che siano diversificati”.
“Già dal2013 avevamo iniziato a creare dei prodotti dedicati ad una clientela “affluent” ed accessibili, ma senza abbassare troppo il target: per fare un esempio, un prodotto con una soglia di investimento minima di 100 mila euro che, se inserito in un portafoglio diversificato per una quota pari al 10%, implica un investimento complessivo da un milione, quindi comunque non alla portata di tutti. Il minimo che possiamo immaginare deve rimanere comunque al di sopra di certe soglie dato il livello di rischio e l’illiquidità del sottostante. Ciò detto, con un’adeguata diversificazione, si possono ottenere risultati che offrono non solo un rischio più contenuto ma anche un buon livello di liquidità – e qui anche il private debt gioca un ruolo crescente”.

Cosa riserva il futuro per il mercato del private equity/debt?

Secondo Paolo Garraffo, il private debt sta diventando un’asset class particolarmente importante, se non altro perché il cambio di regolamentazione globale ha posto le basi per la creazione di grandi fondi che andranno a sostituirsi al finanziamento bancario. “Il debito privato è un prodotto che entrerà sempre più a far parte del portafoglio, a cui gli investitori sia istituzionali che al dettaglio daranno sempre più interesse”. D’altronde, in un mondo di tassi bassi e bassi rendimenti, gli alternativi – tra cui anche il private equity – necessariamente dovranno essere considerati.

Quali sono le dinamiche che vedremo sul comparto?

Sul mercato dei capitali privati, ha concluso Theo Delia-Russell, c’è anzitutto un problema di cultura, sia di alcuni investitori istituzionali, che dei privati, specie se si paragona il mercato italiano ed europeo a quello ben più consolidato statunitense. “Alla base del problema, la tendenza a voler avere tutto liquido e subito, che espone al rischio di sacrificare la maggior parte della performance”.
Nel futuro, per evolvere nei private markets, “stiamo studiando anche progetti di co-investimento, che partiranno dopo l’estate. Come Mediobanca, abbiamo visto il successo estremo che hanno avuto i club deal, investimenti in aziende fatti da investitori privati (spesso con un meccanismo di compartecipazione al rischio, il cosiddetto “skin in the game”).

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