Millennials: l’economia delle esperienze post-covid

Sulle esperienze di vita dei Millennials si è formata una vera e propria economia: viaggi, concerti, cene fuori casa, attività, queste ultime, che hanno subito il blocco alla pandemia da Covid-19: come evolverà il settore in futuro?

Si scrive ‘fomo’ (fear of missing out), si pronuncia ‘paura di rimanere escluso’. È l’ansia sociale di chi desidera essere costantemente in contatto con le attività cui partecipano i propri amici e coetanei, con la paura di rimanere esclusi dalle esperienze nelle vite degli altri. A soffrirne maggiormente, i Millennials: la fetta di popolazione nata tra il 1980 e il 2000 è il ritratto di una generazione costantemente in bilico tra la volontà di vivere nuove esperienze (piuttosto che possedere un numero sempre maggiore di beni) e la paura di non viverne abbastanza (e di mostrarle al mondo intero, perché “ciò che non fotografi forse non è mai esistito”).
Un’economia, quella delle esperienze, che con la crisi da Covid-19, ha subito una brusca frenata. Come stanno reagendo i Millennials? Quali saranno le prospettive future dei settori coinvolti? Avrà ancora senso parlare di un’economia delle esperienze nel mondo post-pandemia?

L’economia dell’esperienza

Viaggi, concerti, corsi, visite, gite, cene, o, più banalmente, “esperienze”: sono queste le attività attorno a cui ruota il concetto di economia dell’esperienza. Coniato nel 1998 da B. Joseph Pine II e James H. Gilmore, professori della Harvard Business School, nell’articolo “Welcome to the Experience Economy”, il termine si riferisce alla nuova economia che si andava delineando in quegli anni: un’economia per cui le aziende creano valore per i propri clienti non più attraverso un bene o un servizio, ma attraverso la trasformazione che un’esperienza può offrire nella vita di chi la compie.
Un’economia a misura di Millennials, conferma Luke Barrs, Responsabile Client Portfolio Management per il team Fundamental Equity EMEA di Goldman Sachs Asset Management: “prima del Covid-19, c’era stata una tendenza globale sempre più accelerata che privilegiava i viaggi, le cene fuori casa e l’intrattenimento dal vivo in una vita sempre più digitale”. Si prenda l’esempio dei concerti: secondo una ricerca del 2017 di Eventbrite, l’82% dei Millennials statunitensi ha partecipato ad almeno un’esperienza live nel corso di un anno. La musica dal vivo ha beneficiato di 20 anni di crescita che è risultata immune alle recessioni registrate prima del Covid-19: i ricavi degli eventi live sono aumentati negli anni 2008, 2009 e 2012 (e in gran parte il merito va proprio alla Generazione Y).

Covid-19, Millennials e il blocco alle esperienze

Per quanto riguarda i viaggi, “un recente studio di Sojern ha mostrato come ad aprile le ricerche online di voli per l’estate 2020 siano crollate, mentre l’interesse verso i voli in programma nei successivi mesi abbia reagito meglio. Ciò indica che la pausa sarà probabilmente temporanea poiché, a livello globale, c’è voglia di tornare a viaggiare”, afferma Barrs.
Ma se prima del Covid-19 le esperienze nella vita reale erano per lo più viste come un modo per “disintossicarsi” dai social media, nel mondo post-pandemia la tecnologia è proprio ciò che permette ai Millennials di continuare a provare nuove esperienze. Una prova? “La richiesta di partecipare ad esibizioni dal vivo, da parte della generazione Millennials, è apparentemente insaziabile, poiché la maggior parte dei grandi eventi registra l’esaurimento dei posti a pochi secondi dall’uscita dei biglietti in tempi normali e presenta ancora ampie opportunità durante la pandemia. La rivista Rolling Stone ha scritto che bts, un gruppo “k-pop”, ha guadagnato circa 20 milioni di dollari con uno spettacolo virtuale per 750.000 fan. Lo streaming live post-pandemia probabilmente non sostituirà gli eventi dal vivo, ma offrirà ai fan la possibilità di vedere più facilmente i musicisti”, conclude Barrs.

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