Il petrolio spiegato in modo semplice: cos’è successo a Cushing?

Cosa è successo a Cushing? E’ questa una delle principali domande che gli investitori di petrolio si sono posti a partire dalla seconda metà di aprile, quando il prezzo del greggio Wti ha iniziato a calare, finendo per la prima volta nella storia in territorio negativo. C’è il rischio che si ripresenti una situazione analoga per le prossime scadenze di giugno e luglio?

Cos’è successo a Cushing in breve

In un mercato particolarmente lungo di contratti sul petrolio con consegna maggio (e scadenza 22 aprile), gli investitori si sono trovati a fare i conti con una peculiarità propria del Crude Wti: diversamente dal Brent, il contratto Wti prevede la consegna fisica del bene a scadenza. In pratica, ha spiegato Michele Della Vigna, Head of Emea Natural Resources Research, Goldman Sachs “chi si fosse trovato con questi contratti in mano all’expiration date, avrebbe dovuto ricevere la physical delivery del bene”. Un problema non marginale.
Ma non è tutto: “Siccome gli investitori si sono resi conto che a Cushing (il più grande hub petrolifero statunitense, in Oklahoma) non c’era più capacità di stoccaggio e che quella rimanente era già stata tutta contrattata, si è registrata una corsa dell’ultimo minuto per chiudere queste posizioni, che ha portato il prezzo a territori negativi mai visti”.

Petrolio negativo: potrebbe ripetersi?

L’ipotesi che il mercato del petrolio possa andare di nuovo incontro a tali eccessi sembra ora da escludere per le scadenze di giugno e luglio. “Il mercato ha imparato la lezione: il rolling degli Etf è stato modificato e sicuramente si troveranno altri mezzi per permettere la chiusura dei contratti prima della consegna fisica del bene”.
Premesso ciò, effettivamente il mercato onshore americano non ha più posto per stoccare nuovi barili. Se anche il prezzo non tornerà in territorio negativo, c’è comunque da aspettarsi ch’esso resti “a livello dello zero o comunque attorno ai 10 dollari al barile” per le scadenze sia di giugno che luglio.

Calo della domanda: quali conseguenze?

Di certo, il calo della domanda di petrolio è in parte da imputarsi al coronavirus, che ha bloccato le attività industriali e produttive, interrompendo viaggi e trasporti. Tuttavia, ha commentato l’esperto, sul mercato petrolifero c’è oggi “un problema strutturale” per via dell’eccessivo investimento in shale oil americano e all’attività delle realtà produttive locali, che spingono i volumi anche a basso livello di profittabilità”.
Ecco perché, per risollevare la situazione del mercato petrolifero, sarà necessario “un taglio alla produzione giornaliera americana nell’intorno dei 3-4 milioni di barili nel giro dei prossimi due mesi”; dal canto suo, anche il Canada dovrà rendersi disponibile al taglio di 1-2 milioni di barili al giorno per ribilanciare l’offerta complessiva.

Opec e produzione: stime di accordo

C’è poi da considerare l’intervento dell’Opec+, l’organizzazione dei principali produttori di petrolio più la Russia, che lo scorso mese ha disposto un taglio record alla produzione (9,7 milioni di barili al giorno) nel tentativo di ribilanciare il mercato globale a partire dal mese di maggio. Anche per questo, “lo shock della domanda registrato ad aprile (si parla di quasi 25 milioni di barili al giorno) difficilmente sarà replicabile”, in quanto mese “con la maggior sovraproduzione nella storia del mercato petrolifero”.
A detta dell’esperto, le cose si possono però riaggiustare abbastanza velocemente: se si guarda ad esempio al mese di luglio “ci aspettiamo che lo shock della domanda sarà molto più limitato (si stima attorno ai 16 milioni di barili al giorno)” grazie anche alla ripresa parziale di alcune attività post lockdown (specie nel comparto industriale e dei trasporti).

Stime future sul prezzo del petrolio

Considerato che il taglio alla produzione tra Opec, Nord America e resto del mondo dovrebbe attestarsi attorno ai 17/18 milioni di barili, “il mercato del greggio potrebbe iniziare a migliorare, passando da una fase di super contango (con un prezzo spot corrente inferiore ai prezzi futuri), ad una fase di contango più moderato, con un prezzo del petrolio attorno ai 40 dollari al barile nella seconda metà dell’anno”.
Per la backwardation (situazione inversa, in cui il prezzo spot corrente è superiore ai prezzi futuri a scadenza) sarà invece necessario attendere il 2021, quando il greggio “potrebbe tornare a quotare tra i 50 e i 60 dollari”.

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