Recessione Usa? Probabilità al 70%. Come posizionarsi

Fine 2019: si moltiplicano i segnali di una ripresa economica globale. Inizio 2020: COVID-19. La situazione si ribalta: gli economisti di Capital Group stimano al 70% la possibilità di una recessione negli Usa, che si estenderà a livello globale, con effetti più o meno decisi a seconda del settore. Osservato speciale, il petrolio

Quali sono le implicazioni sul lato degli investimenti? Secondo gli esperti di Capital Group gli investitori azionari si pongono oggi due domande chiave: quale sarà l’entità e la durata di tale recessione e dove si osserveranno i maggiori rischi ed opportunità tra le diverse società di mercato.
“In quanto investitori bottom-up” ha replicato David Polak, direttore investimenti azionari di Capital Group, al centro delle analisi stanno alcuni fattori chiave: a fronte del brusco calo della domanda, alcune aziende saranno in grado di riprendersi rapidamente e rimbalzare verso una fase di ripresa; altre impiegheranno più tempo per ritrovare una nuova normalità; altre infine subiranno danni irreversibili che andranno a colpire modelli di business e catene di approvvigionamento.

Da un’analisi settoriale  emerge invece un’altra evidenza: sebbene il settore dei viaggi, del turismo e della mobilità sia quello che più di tutti ha subito gli effetti delle recenti restrizioni da pandemia, è altrettanto vero che difficilmente i modelli di comportamento dei consumatori cambieranno. “Con l’aumento del reddito disponibile, si guida di più, si vola di più, si fanno vacanze più lunghe, si spende di più. Se eventi come l’11 settembre non hanno sconvolto questa megatendenza” ha aggiunto Polak “è improbabile che lo faccia Covid-19.

Posizionamento in portafoglio

In termini di posizionamento in portafoglio, “il settore aerospaziale, le compagnie aeree e le compagnie di crociera restano un’area di interesse, sebbene adesso possa essere ancora troppo presto. Ritengo” ha aggiunto l’esperto “che sia ragionevole chiedersi se mai qualcuno investirà ancora nelle navi da crociera. Tuttavia, come indicano alcuni analisti, abbiamo già assistito a grandi shock nel passato”: i clienti tendono a dimenticare i periodi di crisi e a tornare dopo un anno.
Semiconduttori e software sono un altro esempio di comparti caratterizzati da un durevole potere di determinazione dei prezzi, considerando il consolidamento nel settore dell’ultimo decennio e la domanda a lungo termine. Secondo l’esperto, anche società di e-commerce e social media potrebbero trarre vantaggio da un’accelerazione delle attuali tendenze online.
“Molti portafogli detengono investimenti significativi nel settore sanitario, delle nuove scienze e delle biotecnologie che consentono lo sviluppo di una serie di trattamenti innovativi. Con ogni probabilità, a seguito della recente epidemia di coronavirus il settore sanitario sarà ulteriormente accreditato”.

Petrolio e energy

Intanto, nella view di Capital Group, il calo dei prezzi del petrolio si confermerà tale, con il barile che potrebbe restare “per diverso tempo attorno ai 30 USD”, uno scenario tutt’altro che favorevole per il settore dell’energia, che potrebbe però agevolare quei paesi che sono importatori netti di combustibile fossile, India in prima fila.
L’energia è un’area caratterizzata da pareri contrastanti tra i gestori di portafoglio e gli analisti di Capital Group. “Mentre alcuni temono un cambiamento verso un’equazione domanda-offerta meno interessante nel settore petrolifero, altri sono attirati dalle valutazioni estremamente basse di queste società rispetto alla media storica”.

Banche e settore finance

In un contesto di cambiamento di paradigma con tassi di interesse prossimi a zero o negativi nelle principali economie, la cautela sembra regnare anche con riguardo ai titoli finanziari. “I tassi d’interesse bassi e le sfide della liquidità nei mercati obbligazionari pongono difficoltà significative per le banche, che ci portano a mantenere la cautela. Al contempo” ha proseguito Polak, “le principali banche statunitensi sono molto meglio capitalizzate rispetto all’epoca della grande crisi finanziaria. Le banche Usa hanno altresì destinato meno capitale al market making nei mercati obbligazionari, come stiamo notando nei differenziali di valutazione tra banche statunitensi ed europee”.

 

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