Dietro alla fuga dal debito emergente

Il calo nei commerci e l’aumento nei tassi sono un cocktail negativo per i bond societari dei Paesi emergenti. Il punto degli esperti di Vontobel AM

L’economia e i commerci globali rallentano, le politiche monetarie delle principali banche centrali si restringono: queste sono notizie che si rivelano spesso ostili per i mercati obbligazionari dei mercati emergenti. Infatti, i deflussi dal debito emerging markets (EM) sono stati pari a 18,5 miliardi di dollari nei primi quattro mesi del 2022, con quasi 4 miliardi di rosso solo ad aprile. “Questi flussi spiegano una parte significativa della performance negativa registrata dall’inizio dell’anno, nonostante le emissioni siano state relativamente basse”, hanno dichiarato gli esperti di Vontobel Asset Management guidati dall’head of macro strategy, Yann Lepape. Per il momento, a giustificare l’uscita degli investitori dal debito EM sono stati soprattutto “i rendimenti dei titoli di stato più elevati”, più che un incremento nel rischio di credito. In altre parole, non tanto il fatto che adesso sia meno sicura la capacità di rimborso delle società dei mercati emergenti, ma, piuttosto, un nuovo panorama nel quale gli emittenti pubblici “pagano meglio” di prima, grazie all’aumento dei tassi e dei rendimenti sui titoli di Stato.

Debito emergente: quali prospettive per il futuro

“Attualmente, le inadempienze societarie rimangono molto basse, anche nel segmento high yield” quello che fa riferimento alle società meno solide, “tuttavia, i fondamentali aziendali saranno sempre più a rischio; di conseguenza, lo saranno anche il rischio di credito e gli spread”, hanno evidenziato da Vontobel.
A proposito delle prospettive future si può dire che “l’attuale contesto di accelerazione dei prezzi, l’inasprimento delle condizioni monetarie per la maggior parte dei paesi emergenti, compreso il rafforzamento del dollaro, e i rischi per la crescita, non suggeriscono un’alta probabilità che i flussi si invertano rapidamente”, con un nuovo ritorno degli investitori verso le obbligazioni dei mercati emergenti.
Forniamo qualche dettaglio in più su quanto avvenuto sul mercato del debito EM negli ultimi mesi. “I deflussi del 2022 rappresentano solo circa il 7% degli investimenti netti positivi registrati nei cinque anni precedenti”, il che offre un’ordine di grandezza generale sulla portata del fenomeno finora osservato. “In secondo luogo, i debiti in valuta locale e in valuta forte stanno soffrendo all’incirca nelle stesse proporzioni dei deflussi”, anche se, di solito, si vedono maggiori turbolenze sui primi. Infine, “quasi tutti i deflussi provengono da fondi al dettaglio, non da fondi istituzionali”. La perdita di fiducia nel debito EM riguarda molto di più gli umori dei piccoli risparmiatori, che non le analisi dei colossi istituzionali come banche o assicurazioni.
Per quanto riguarda lo stato di salute dell’economia americana, sui cui si concentra il grosso dell’attenzione degli investitori “il contributo negativo del commercio estero del 3,2% nel primo trimestre spiega” la “brutta sorpresa” del -1,4% registrato sul Pil (ci si aspettava un +1%). Infatti, “l’esplosione del deficit commerciale statunitense è la conseguenza di un forte consumo delle famiglie”, che si rivolge anche a beni importati dall’estero. L’analisi storica dell’andamento dei consumi nei periodi precedenti alle recessioni, secondo Vontobel, non farebbe presagire a una contrazione dell’economia americana nel breve periodo. “La probabilità di una recessione negli Stati Uniti nei prossimi 12 mesi rimane molto bassa”, hanno affermato gli autori, “la probabilità diventa più alta ma non ancora determinante per i prossimi 18-24 mesi”.

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