Da due a tre mila miliardi in 4 anni: l’exploit del mercato indiano

Continua la crescita del mercato indiano, sia sul fronte della produzione interna, che sul comparto azionario. E mentre il Fmi si attende una crescita per quest’anno del 12,5%, la borsa valori di Bombay raggiunge i 3 mila miliardi di dollari

Nuova Delhi batte Pechino, Washington e Londra per aspettative di crescita 2021-2022 e celebra il superamento dei 3 mila miliardi di dollari di capitalizzazione della sua borsa valori. Una crescita, che riguarda quindi sia la produttività del Paese, che l’interesse degli investitori esteri nel cavalcare l’attestarsi del Paese a potenza globale.

Cosa mostrano i dati sul Pil Fmi

I dati pubblicati dal Fondo monetario internazionale (Fmi), aggiornati allo scorso aprile, mostrano previsioni di crescita del Prodotto interno lordo indiano (Pil) del 12,5% per l’anno in corso e del 6,9% per il prossimo. Sullo stesso frangente di tempo le stime parlano di un +8,4% e +5,6% per la Cina; +5,3% e + 5,1% per il Regno Unito; infine, +6,4% e + 3,5% per gli Stati Uniti.

I numeri della borsa valori indiana

A tali numeri si affianca la performance della borsa valori. Lo scorso 25 maggio, la capitalizzazione del mercato indiano ha raggiunto e superato per la prima volta i 3 mila miliardi di dollari. Un livello ancora contenuto se paragonato ai principali mercati mondiali, ma interessante per tasso di crescita: come riportato da Bloomberg, ci troviamo infatti in presenza di una market cap indiana da $3 trillion, contro una statunitense da $47,5 trillion, una cinese da $11,4 trillion, una inglese da $3,7 trillion.
E’ tuttavia importante notarne l’evoluzione: il mercato indiano ha toccato per la prima volta i mille miliardi di dollari di capitalizzazione nel maggio 2007. A luglio 2017, poco più di dieci anni dopo, ha superato i $2 trillion. Il traguardo dei 3 trillion è giunto dopo appena quattro anni (dato che non prende in considerazione l’effetto base, ovverosia la distorsione dei dati legata all’inflazione), indicatore dell’interesse nel comparto.

India, l’anno degli afflussi record

“Negli ultimi dodici mesi” commenta Praveen Jagwani, CFA, Ceo di Uti International, “gli investitori stranieri hanno introdotto nel mercato equity indiano 34 miliardi di dollari, un afflusso senza precedente. Evidentemente, nessuno vuole restare fuori dal dirompente rally di ripresa, come quello a cui abbiamo assistito nel 2020”.
Rispetto alle stime proposte dal Fmi, “prevediamo che la crescita del Pil per il 2021 sarà di circa il 9,5%, cosa che renderebbe l’India l’economia in più rapida crescita al mondo” spinta dalle riaperture che faranno seguito alla crisi sanitaria e alla domanda repressa.

La view sull’inflazione

Resta invece all’orizzonte una duplice incognita: anzitutto, il sempre più concreto aumento dei tassi di interesse sui crescenti rischi di inflazione (confermato anche nel corso del meeting del comitato esecutivo americano, Fomc, a giugno); in secondo luogo, il picco delle quotazioni registrato dalle materie prime (agricoltura, metalli, petrolio), che rende più onerosa la produzione. “Date le prospettive ottimistiche sulla stagioni dei monsoni quest’anno”, considerati come dei ‘ doni del cielo per l’agricoltura e la vita in India, “non ci aspettiamo che l’inflazione sia persistente” spiega Jagwani. “Prevediamo infatti ch’essa rimanga all’interno della fascia di comfort della Reserve Bank of India (Rbi) tra il 2% e il 6%”. La banca centrale indiana “continuerà pertanto a iniettare liquidità nel sistema per mantenere bassi i costi del credito, in particolare per i mutuatari delle Pmi e i prestatori di micro finanza”.
A maggio, l’inflazione indiana è salita al 6,3% annuale, dal 4,3% di aprile e 5,5% di marzo, dati Ministry of Statistics and Programme Implementation (Mospi).
Una crescita dell’inflazione sembra comunque non preoccupare il gestore del fondo flagship della fund house indiana, lo UTI India Dynamic Equity Fund, in quanto la strategia seguita investe in compagnie tendenzialmente con una posizione dominante nel mercato, in grado di trasferire l’aumento dei prezzi ai consumatori finali.

Il quadro sulla rupia indiana

Sul mercato del forex, “la rupia indiana (INR) è stata la valuta asiatica con le migliori prestazioni durante il primo trimestre del 2021”, pur essendo poi scivolata nel secondo periodo dell’anno con l’acuirsi della seconda ondata.
“La nostra opinione è che quest’anno la rupia resterà in un trading range compreso tra 72 e 74 USD/INR. È improbabile che i deflussi a breve termine causati dagli investitori esteri abbiano un impatto significativo, mentre gli afflussi continueranno ad essere forti”. Una volta che la normalità sarà ripresa, “anche gli afflussi da parte di investitori esteri riprenderanno, assieme con le aspettative di crescita e di sostegno fiscale” concludono da Uti.
Con le esportazioni che diventano sempre più importanti come motore di crescita, è improbabile che la Rbi permetta all’INR di rafforzarsi.

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