Transizione green: le due facce del Dragone

Nonostante i dubbi di molti investitori, la Cina potrebbe essere leader della transizione green. Gli esperti di T. Rowe Price ne hanno analizzato i punti di forza

Nel processo di transizione verso un’economia a zero emissioni nette, la Cina può fare la differenza. A sostenerlo è Irmak Surenkok, portfolio specialist di T. Rowe Price. Nonostante l’assenza del presidente Xi Jinping alla Cop26 (conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow lo scorso novembre), il governo cinese ha fatto della politica ambientale una priorità assoluta. “Con la Cina responsabile di circa il 30% della produzione industriale mondiale, i suoi sforzi di transizione verso un’economia più sostenibile dovrebbero contribuire significativamente alla riduzione globale del carbonio”.

Una storia complicata

L’industrializzazione e la crescita economica che hanno caratterizzato il Dragone negli ultimi decenni sono stati ben documentati dal suo impatto sull’ambiente. Secondo quanto riportato da Our World in Data, dal 2000 al 2020 la Cina ha più che triplicato le emissioni di CO2 annuali, passando da un valore di 3,44 a circa 10,67 miliardi di tonnellate, e rendendosi così responsabile di circa il 30% delle emissioni globali. “C’è ancora molto scetticismo sul reale impegno della Cina a cambiare e a mettere l’ambiente davanti all’economia”, afferma l’esperto. Uno scetticismo che sembra essere stato alimentato dall’assenza del presidente Xi Jinping alla Cop26 e dal calendario green che il paese ha deciso di seguire. Come annunciato all’Assemblea generale delle Nazioni unite del 2020, infatti, la Cina è impegnata a raggiungere il picco delle emissioni di CO2 entro il 2030 e la neutralità carbonica entro il 2060 (a differenza dell’Unione Europea, il cui obiettivo di carbon neutrality è fissato per il 2050).
“Tali obiettivi richiederanno livelli pluriennali senza precedenti di impegno e investimento da parte del governo cinese, delle sue aziende e del suo popolo, e tale percorso sarà probabilmente accidentato”, commenta l’esperto. “Eppure, stiamo già assistendo a progressi significativi, e riteniamo che le iniziative di regolamentazione e di spesa associate apriranno opportunità significative per gli investitori”.

Lavori in corso

Tra i vari cicli di misure normative che si sono susseguiti in Cina nel 2021 e che spesso hanno innervosito i mercati e gli investitori di tutto il mondo, alcune novità sono state introdotte con l’obiettivo di rendere partecipi anche le imprese alla transizione green. “Stiamo già vedendo alcuni cambiamenti”, sottolinea Surenkok. “Ad esempio, la percentuale di aziende nell’indice MSCI China All share che riportano pubblicamente le proprie emissioni di carbonio è aumentata notevolmente al 43,7% (al 30 giugno 2021), quasi il doppio rispetto a 12 mesi prima”.
In aggiunta, le emissioni pro capite di combustibili fossili (pari, nel 2020, a circa 7,41 tonnellate) stanno probabilmente per raggiungere il picco di poco più di 8 tonnellate, un livello notevolmente più basso di alcuni altri paesi del mondo (livelli comparabili per gli Stati Uniti sono di circa 13 tonnellate, per esempio, avendo raggiunto un picco di oltre 20 tonnellate).

Le opportunità per gli investitori

La Cina sta puntando ad essere il leader dell’energia verde, “producendo il 70% dei pannelli solari del mondo, il 50% dei veicoli elettrici e un terzo di tutte le turbine eoliche”, come ricorda l’esperto. Il Dragone vanta anche una posizione di primo piano nella catena di approvvigionamento globale per le materie prime essenziali per l’elettrificazione, come gli elementi delle terre rare, il cobalto, il litio e il rame. “Si stima che la quota di investimenti green della Cina sarà equivalente a quella dell’Europa e degli Stati Uniti messi insieme entro il 2050”, aggiungono da T. Rowe Price, “e che il governo cinese avrà bisogno di impegnare circa 16mila miliardi di dollari in tutta una serie di settori”.
Per gli investitori, la transizione della Cina verso il net-zero potrebbe offrire un set di opportunità potenzialmente molto vasto. Comprendere le infrastrutture rinnovabili e le fonti di combustibili alternativi insieme alla loro catena di approvvigionamento sarà fondamentale. “Data la scala e la velocità del cambiamento, e le inefficienze che si presentano nel mercato, pensiamo che la Cina rimanga un terreno fertile per una buona selezione di azioni”, conclude Surenkok.

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