La Cina, un problema di “alto profilo”

Dalla guerra commerciale alla pandemia da coronavirus, fino alla repressione di Hong Kong: la Cina sta diventando “un problema di alto profilo” per la Federazione (e il suo Presidente), in vista delle presidenziali di Novembre 2020.

Stati Uniti e Cina, una questione di lunga data che nel corso degli ultimi due anni ha dato luogo ad un climax di scontri diretti. Tra le questioni che da sempre muovono gli Usa contro il Dragone, hanno ricordati gli esperti di T. Rowe Price, il fatto che le società cinesi “stanno creando rischi per gli investitori e i mercati, evitando controlli contabili e regolamentari”.

L’evoluzione di queste problematiche, assieme all’annosa questione del furto di proprietà intellettuale (ufficialmente la causa della trade war esplosa nel 2018) potrebbe avere importanti implicazioni per i mercati finanziari. Prima tra tutte, la potenziale limitazione alla negoziazione di titoli cinesi.

Cina, un problema di alto profilo

Da tempo “il Congresso degli Stati Uniti e i regolatori americani stanno lavorando per evitare che le società dei mercati emergenti, in particolare quelle cinesi, possano trarre vantaggio dai mercati dei capitali Usa senza essere sottoposte allo stesso controllo a cui sono soggette le società degli Stati Uniti e di altri mercati sviluppati. Circa 224 società quotate negli Usa, con una capitalizzazione di mercato di 1,8 mila miliardi di dollari, potrebbero essere influenzate dalle nuove misure legislative e regolamentari”.

Tra le opzioni al vaglio del Congresso, spicca (a partire dal 2025) il delisting delle società cinesi quotate da Wall Street, “a meno ch’esse non accettino una regolare revisione pubblica e una supervisione delle loro pratiche contabili”.

Inoltre, l’indice tecnologico Nasdaq ha proposto l’introduzione di criteri di quotazione più rigorosi per le società che operano in “mercati più piccoli”, per via dei problemi legati alla revisione dei conti, alla disclosure inadeguata o insufficiente di informazioni e alla mancanza di trasparenza.

Cina, l’altro lato della medaglia

Più che all’eventuale ammanco che una simile misura provocherebbe a Wall Street (molte aziende cinesi, specie nell’ambito tecnologico, sono quotate sui listini americani), il “controllo” delle società cinesi potrebbe avere un impatto sui risparmi pensionistici dei lavoratori federali e statali. “Il Federal Retirement Thrift Investment Board statunitense, che gestisce i fondi pensione del governo federale, ha deciso di sospendere il piano che prevedeva di spostare 593,7 miliardi di dollari dallo Msci Aefe Index, benchmark dei mercati sviluppato del Thrift Savings Plan I Fund, allo Msci Acwi ex Usa Investable Market Index, che comprende la Cina e altri mercati emergenti”.

Tra le motivazioni, le preoccupazioni sull’impatto potenziale del coronavirus sui mercati emergenti e le forti pressioni da parte dell’amministrazione Trump.

“L’inversione da parte del governo federale è una mossa simbolica; non si prevede un impatto finanziario significativo e immediato sulla Cina”, ha affermato Chris Kushlis, Fixed Income Sovereign Analyst, Asian Markets. “Quello che è importante monitorare è se anche altri piani pensionistici pubblici negli Stati Uniti, a livello statale e locale, subiranno pressioni per escludere titoli cinesi”.

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