Energia: come la guerra innescherà la transizione anche negli Usa

La guerra russa-ucraina ha portato a un boom dei prezzi di gas e petrolio, oltre che problemi di fornitura, spingendo i paesi a cercare alternative e accelerare verso le fonti rinnovabili. Non solo in Europa, ma anche Oltreoceano. Lo scenario presente e futuro secondo T. Rowe Price

Per la prima volta lo scorso giugno è arrivato in Europa più gas naturale dagli Stati Uniti che dalla Russia, secondo quanto rilevato dall’Agenzia internazionale per l’energia. Una conseguenza diretta del conflitto russo-ucraino, che ha fatto schizzare al rialzo i prezzi di petrolio e gas e causato problemi di fornitura. Lo scorso 14 giugno, infatti, Gazprom (compagnia energetica di stato russa), ha deciso di tagliare del 40% le forniture verso l’Europa tramite il gasdotto Nord Stream 1. Ma proprio come l’effetto farfalla, ecco che le conseguenze delle tensioni geopolitiche non impattano solo l’Europa, ma arrivano anche Oltreoceano, dove si assiste sì a un aumento della produzione di gas per assecondare una domanda crescente, ma anche a un’accelerazione verso le fonti rinnovabili.

Energia, l’effetto farfalla su gas e petrolio…

Da quest’anno, gli Stati Uniti forniranno all’Unione europea ben 15 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) che dovrebbero aumentare gradualmente fino a raggiungere i 50 milioni di metri cubi entro il 2030. Questi accordi, siglati tra le due sponde dell’Atlantico in risposta alle tensioni geopolitiche con Mosca, creano nuovi equilibri e fanno immaginare le possibili conseguenze. Prima fra tutte, le infrastrutture necessarie per aumentare la capacità di estrazione e trasporto di GNL, che richiederanno a loro volta un aumento delle spese e degli investimenti. Proprio per questo gli Stati Uniti, che vantano abbondanti riserve di gas di scisto, hanno concordato di adottare politiche normative a sostegno di questo percorso. “La Casa Bianca – sottolinea Michael Pinkerton, Washington Associate Analyst, U.S. Equity Division, T. Rowe Price – ha a disposizione diverse leve per incoraggiare le agenzie di regolamentazione ad accelerare l’approvazione delle licenze di esportazione e dei permessi di costruzione dei terminali GNL”. Uno scenario che, secondo T.Rowe Price, andrebbe a tutto vantaggio dei produttori di energia statunitensi ma anche di alcune società proprietarie di gasdotti e infrastrutture di trattamento.

Ma non solo gas. La guerra russa-ucraina sta disegnando nuovi equilibri anche per quanto riguarda il petrolio. Ad oggi, gli Stati Uniti non sono in grado, da soli, di sostituire i volumi di petrolio russo banditi dal mercato. Per mitigare a questo problema l’amministrazione Biden sta cercando di attuare “una più rapida autorizzazione dei pozzi nel tentativo di aumentare la produzione di petrolio nel breve periodo”, concedendo nuovi permessi per sfruttare ancora di più il territorio, posizionando nuove trivelle offshore.

…ma anche sulle fonti rinnovabili

Di fronte a questo scenario, ci si potrebbe chiedere dove sia la transizione energetica negli Usa. E anzi se ci sia un ripensamento della politica verde. Perché, nonostante il gas naturale produca, secondo lo US Energy information administration, circa il 50% in meno di anidride carbonica del carbone quando viene bruciato, rimane comunque un potente gas serra che viene rilasciato nell’atmosfera. In realtà, secondo gli esperti di T.Rowe Price, l’impegno preso dalla Casa Bianca nei confronti della transizione verde sta proseguendo su binari paralleli.

“A nostro avviso, – precisa Pinkerton – questi aggiustamenti pragmatici alla politica energetica degli Stati Uniti non riflettono alcun tentennamento nell’impegno della Casa Bianca per la transizione dai combustibili fossili”. Anzi, secondo T.Rowe Price, le iniziative legislative e normative dell’amministrazione americana suggeriscono un approccio condiviso al perseguimento dei suoi obiettivi a lungo termine per la decarbonizzazione dell’economia statunitense.

Qualche esempio? La Securities and Exchange Commission sta portando avanti l’implementazione di rigorosi requisiti di disclosure sul clima per le società pubbliche, mentre l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente ha recentemente emanato standard di emissioni più severi per i modelli di automobili del 2024 e 2025.

“Anche la promozione dell’adozione di energie rinnovabili rimane un’area prioritaria”, sottolinea l’esperto. Lo dimostra la legge bipartisan sulle infrastrutture da 1.200 miliardi di dollari approvata lo scorso autunno, che comprende 73 miliardi (più della metà del budget) per il miglioramento della rete elettrica nazionale. Finanziamenti fondamentali per la transizione energetica del paese e per aiutare il sistema ad accogliere una percentuale maggiore di energia eolica e solare intermittente.

Non va dimenticato nemmeno il fatto che la Casa Bianca sta continuando a spingere per l’approvazione del Build Back Better Act, che estenderebbe e amplierebbe i crediti d’imposta per i progetti di energia pulita e i veicoli elettrici e ne creerebbe di nuovi per le tecnologie emergenti che potrebbero favorire la transizione dai combustibili fossili.

“Anche se questa legge non dovesse andare in porto, – aggiunge da ultimo Pinkerton – nel corso dell’anno potremmo assistere all’estensione dei crediti d’imposta per l’energia eolica e solare, poiché queste misure godono storicamente di un sostegno bipartisan”.

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